di Marcella Ruggeri
Dall’Honduras alla tavola dello Chef Giuseppe Geraci nel suo “Ristorante Modì” di Torregrotta che ha già vinto il premio “Best in Sicily 2019” firmato “Cronache di Gusto”, il momento della convivialità per eccellenza “il caffè”, diventa un partner con cui conoscersi meglio nell’intimità di una cena esperienziale e viversi nuove scelte sensoriali attraverso pietanze ricercate ed eleganti per arrivare al cuore della torrefazione di qualità.
L’avventura di abbinare un cocktail o una bevanda esclusiva diversa a base di “Caffè filtro” per ogni piatto è stata totalmente captata e interpretata dallo chef Geraci e dalla responsabile di sala e sommelier Alessandra Quattrocchi, nonché moglie dello chef, con un piglio di flessibilità e empatia verso i sapori internazionali. A lanciarla la Startup “B. Farm” (fondata da Sandro Bonacchi e Andrej Godina), che si occupa di diffondere la cultura del caffè in regime agricolo biodinamico anche nel mondo della cucina, oltre che nei bar e nei punti vendita di specialisti torrefattori e distributori e che è anche proiettata a fare amare questa nuova possibilità attraverso il suo “Coffee Team” e gli “Aromatellers”.
(Leonardo Maggiori)
La serata “Chef & Coffee – I piatti dello Chef Geraci incontrano il caffè” ha sicuramente destato curiosità ed è l’unica finora realizzata in Sicilia al “Ristorante Modì” anche perché richiede grande apertura negli abbinamenti, nel saper proporre alternative stuzzicanti al vino o alla birra artigianale per i degustatori più tradizionalisti. Di fondo, si parla di una “Coffee Idea” da affiancare all’arte culinaria che va fatta circolare, magari all’inizio senza azzardi. Le competenze dell’Aromateller Leonardo Maggiori, presente alla serata – evento, hanno trovato sponda nella dote di sperimentare della coppia enogastronomica Geraci–Quattrocchi, con cui esiste una intesa da circa sei anni. D’atmosfera anche la scenografia di filtrare il caffè a vista e servirlo ai clienti durante la cena nel menù selezionato “a sei mani” mentre gli aromi della polvere di caffe si sprigionavano nel locale. Da sottolineare che il Caffè filtro, inventato in Germania ai primi del ‘900 e anche definito caffè “lungo” o “all’americana”, copre l’80% dei consumi mondiali e rientra tra le bevande a base di caffè più gettonate al mondo, soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa. La tecnica di estrazione è quella di far sgocciolare l’acqua calda sul caffè macinato, adagiato su un filtro di carta, spostando per gravità le sostanze idrosolubili della polvere di caffè alla bevanda. La “B. Farm” si avvale di una sua piantagione in Honduras di 47 ettari che permette di portare il migliore caffè anche ai marchi più imponenti in Italia, disegnando tutta la filiera (dal raccolto, grazie ad una propria Cooperativa di contadini – “Umami”, alla tostatura e alla commercializzazione) e, in questo caso, anche ai ristoratori che mostrano una certa verve nell’ampliare i propri orizzonti. Con questa azienda e con il lavoro di sinergia dei titolari di attività che sposano la causa, si tende ad impiegare “Caffè Speciali Socialmente Responsabili”, organici e sostenibili ma anche “giusti e puliti”, per salvaguardare il lavoro dei coltivatori che, in genere, sono l’anello debole della catena produttiva.
In una giostra emozionale dal seme/chicco al calice (più che alla tazzina), l’appuntamento a tavola con il Caffè Filtro associato alle vivande rivela degli sketch inaspettati in virtù delle sue peculiarità organolettiche. La magia del caffè viene amplificata dalla capacità di essere versatile sulla scorta delle temperature di infusione. Per cui è stato interessante testare una parte della vasta gamma di aromi, di acidità e persistenza scegliendo in diverse battute un diverso metodo di infusione.
A far girare la roulette della serata per primo è stato l’aperitivo dello Chef Geraci (assaggio in sequenza di oliva, falafel di ceci, cestino di frolla salata con paté di fegato e anacardi con caramello, cracker al nero di seppia e caprino, pitoncino classico messinese) con il “Negroni sbagliato al caffè”, confezionato dalla sommelier Quattrocchi.
Altri due piatti hanno sintetizzato delicatezza e aromaticità ovvero le “Lumache nell’Orto”, su crema di spinaci e guarnite con crumble
e il Risotto Carnaroli Acquerello con burrata, alici, bergamotto e tartufo nero, entrambi accostati al tipo di caffè Etiopia, Bildimo Chelelektu, tostato filtro e preparato in infusione fredda per almeno 7 ore. Se si dovesse superare questa tempistica, il caffè acquisirebbe sempre più dolcezza ed è sconsigliato andare oltre le 48 ore.
Il secondo piatto a base di carne bianca è quello che ha sorpreso di più conferendo uno stacco al palato dal percorso del Caffè Filtro: qui sempre ammirevole l’inventiva di Chef Geraci che ha elaborato il “Coniglio aggrassato”, rivisitazione della “ricetta in agrodolce” scomposto, grande corposità al sapore, con fondo di cottura al cioccolato, verdure in agrodolce e chutney di pomodoro che ha fatto “volteggiare” un cracker a forma di coniglio tra dolce e piccante. Con questa pietanza “si trasgredisce” dal menù con un vino rosso di uve Nerello Mascalese in purezza del randazzese “Nzemmula” del 2016 di Bruno Ferrara Sardo, di un rosso rubino acceso, limpido e con un bouquet intenso: i vini restano un caposaldo per la filosofia della sommelier Quattrocchi che valorizza sia le etichette siciliane con la perla lucente di quelle etnee sia i vini naturali e biodinamici sia referenze del mondo tra cui Sud Africa.
La degustazione ha riservato un’altra chicca “pre-dessert” ovvero il “Gelèe all’arancia” da consumare direttamente con le mani, seguito dal Dona Elda, specialità del microlotto, Honduras Finca Rio Colorado presidio Slow Food (tostato espresso), appena addolcito con zucchero bianco.
A chiudere in bellezza una doppia ghiottoneria: una mousse di cioccolato con frutti rossi in tre consistenze, accompagnata da Caja de Aguas, microlotto processato in anaerobico (seme collocato in dei contenitori d’acqua per almeno 48 ore), Finca Rio Colorado Honduras tostato filtro e estratto sul momento a caldo. Ma ii traino di dolcezza è continuato con un mini bignè e qualche tocchetto di cioccolato amaro per sorseggiare ancora Caja de Aguas.
La trovata “Chef & Coffee” ha innescato una grossa vivacità nel comprensorio messinese, anche rispetto alle telefonate di prenotazione dei tavoli ricevute dai proprietari del locale o di domande informative sull’evento e potrebbe tramutarsi in un fenomeno di tendenza, se ci fosse anche una maggiore propensione ad abbandonare i soliti cliché. “B. Farm” sta operando per incrementare il Movimento del “Made in Italy” legandosi a qualcosa a cui il cittadino medio della Penisola non rinuncia cioè il caffè. Anche il ristorante “Balice” di Milazzo sta avviando una collaborazione con la Startup (ci ha riferito l’Aromateller Maggiori) e qualche altra attività nel ragusano ha annusato in passato la novità come interlocuzione. Intanto, gli imprenditori della ristorazione possono cimentarsi o intraprendere una carriera da “Sommelier del caffè” spargendo il verbo tra gli utenti e rendendo appetibile l’ingresso del caffè a tutto pasto o, chissà magari, in una fase di meditazione del pasto, alla stessa stregua di un vino.