Con la Masterclass “Versante Est” e “Versanti Meridionali” (sud-est e sud-ovest) prende il via l’edizione 2023 de “Le Contrade dell’Etna”, la kermesse – ideata e voluta da Andrea Franchetti – per valorizzare i vini etnei prima, e i vini etnei da Contrada poi. Perché se è vero che già Mario Soldati parlava con ammirazione dei vini del Barone di Villagrande, è pur vero che lo sguardo sui vini dell’Etna è rimasto – fino a meno di un decennio fa – abbastanza lacunoso, al punto tale che lo stesso scrittore si limitava solo ad affermare che la “caratteristica di qualunque vino siciliano è uno speciale sapore violento, acre, catramoso”. L’Etna, però, non è la Sicilia tutta. Ed una linea di definizione era, allora, più che mai necessaria individuarla. Ma come? C’è da dire che prima ancora del “tuziorismo” offerto oggi dalle Contrade – quei cru dell’Etna dove è possibile trovare il tratto distintivo finanche del singolo vino da vigneto– esiste, la possibilità di delineare i contorni enoici etnei (e neanche così grossolanamente) anche solo partendo da un sezionamento del vulcano: attraverso i suoi versanti.
E’ questo, infatti, il primo “censimento” del territorio. Ed è da qui che prendono il via quei macro aggettivi attribuiti ai vini di un versante piuttosto che ad un altro. Non un mero esercizio linguistico, ma parole che trovano un loro preciso significato proprio attraverso il territorio di origine. L’eleganza, allora, è del versante nord, la longevità è dell’est, la complessità è del sud- est, la vivacità è del sud-ovest. Quattro macro aggettivi per quattro macro quadranti che assumono nell’areale della Doc Etna la forma di una grande lettera C capovolta. E partendo dall’est – dove i palati più raffinati sembrano ora aver trovato la loro totale soddisfazione – il comune denominatore è in una linea continua dettata dalla freschezza, dalla struttura e dalla matrice marina.
Quei 1.500 millimetri di piovosità annua valgono a conferire a Milo – unico comune dove è consentita la produzione dell’Etna Bianco Superiore – il primato di una delle zone più piovose d’Europa. E che equivale poi, ad ammettere anche, quanto quelle viti di Carricante sappiano resistere ed alimentarsi nonostante il poco irraggiamento solare. Eppure a così tanta sottrazione corrisponde poi il contraltare della natura: con quelle stesse viti che godono di un affaccio privilegiato alle correnti del Mar Ionio e che vivono in una sorta di frigorifero naturale grazie alla vicina presenza della Valle del Bove – gigantesca depressione vulcanica che funge da vaso di Eolo e salvifica per le viti. “Se fossimo in Francia Caselle sarebbe sicuramente un grand Cru” – precisa il relatore della Masterclass Federico Latteri, ad intendere una contrada particolarmente vocata situata a Milo.