La storica etichetta Vigneto Calvarino dell’azienda Pieropan è stato il primo “cru” bianco italiano, proveniente dall’antico fondo di famiglia (di loro proprietà dal 1901), comprata dal bisnonno nella fine dell’800, che già da subito era un vigneto con i due vitigni rappresentativi della zona, la Garganega e il Trebbiano di Soave. Si tratta di un vino che nasce dall’intuito di Leonildo Pieropan, che nelle sue due vigne decide di dare spazio al luogo geografico, al genius loci e che si concretizza nel vino stesso come concreta interpretazione del terroir. Il Vigneto Calvarino si dimostra infatti una perfetta sintesi del complesso rapporto tra vitigno, ambiente pedoclimatico e lavoro umano. Ripercorrere i vini attraverso il tempo è sempre un momento coinvolgente ed emozionante che racconta non solo il percorso iniziato dal papà, ma aiuta a comprendere meglio le potenzialità espressive di questo vigneto e del vino che ne deriva. Una verticale celebrativa che ha visto in degustazione annate significative del percorso affrontato fino ad oggi, a partire dalla 2021, fino ad arrivare alla 1987.
Così il vigneto, da cui deriva questo vino così espressivo del suo luogo di appartenenza, arriva a compiere mezzo secolo; un’occasione non solo per festeggiare i suoi 50 anni, ma anche per sottolineare ancora una volta la sorprendente longevità di tanti bianchi italiani e la loro capacità di affrontare il tempo regalando prodotti di grande emozione. Per l’occasione, Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano, con la complicità del giornalista Filippo Bartolotta, ha affiancato Andrea e Dario Pieropan; un momento non solo celebrativo, ma anche di scambio e di confronto che ha messo in evidenza anche la scommessa e la lungimiranza del loro papà Leonildo. Negli anni ’70 erano infatti pochissime le zone d’Italia che etichettavano i vini con i nomi degli appezzamenti, dando all’epoca maggior spazio a denominazioni o brand aziendali, ma grazie anche alla sensibilità di Luigi Veronelli, che aveva definito Vigneto Calvarino “un abito blu per un uomo”, Leonildo Pieropan nel 1971 decise di etichettare il vino proveniente da questo singolo appezzamento. Vigneto Calvarino prende il suo nome dalla parola “piccolo Calvario”, in quanto difficile da lavorare a causa delle pendenze importanti e della roccia basaltica, scura, che ne compone il suolo. Si tratta della perfetta sintesi della Garganega e del Trebbiano di Soave, che si integrano e si completano vicendevolmente.
L’importanza del Trebbiano di Soave è stata per loro sempre imprescindibile; infatti, in questo vino viene usato nella massima percentuale (30%); questa varietà ha infatti l’abilità di rivelarsi multidimensionale perché riesce a mantenere costante nel tempo l’acidità malica e dona eleganza e finezza, sostenendo la Garganega che non ha acido malico, ma dona aromaticità al vino. Ad oggi vigneto Calvarino è composto da 8 ettari e se ne producono circa 70.000 bottiglie, come racconta Andrea Pieropan che con il fratello Dario rappresenta la quarta generazione: “Questo per noi è un anniversario molto importante, Vigneto Calvarino ha segnato una svolta nel panorama del vino bianco italiano, ed è per noi il vino di famiglia. Noi continuiamo a seguire quanto mio papà ci ha insegnato”.
Negli anni Calvarino non ha mai seguito le mode, rimanendo rigoroso a un suo stile che con il tempo diverrà distintivo; ed è stato proprio l’uso sapiente del cemento e il lungo affinamento che lo hanno reso ancora straordinariamente moderno e vitale. Un messaggio forte che si vuole dare con questa etichetta è senza dubbio quello del “singolo vigneto”, che non solo aiuta ad aumentare il valore dei Soave, ma dona anche forza al rapporto qualità-prezzo che rende il vino un settore che attira anche tanti investimenti. La degustazione si è tenuta nella nuovissima cantina ipogea, che sorge alle pendici della Rocca medievale di Soave, si tratta di un edificio affascinante, perfettamente integrato nel paesaggio, progettata in sinergia da Leonildo con l’architetto Moreno Zurlo, in tutti i passaggi realizzativi. Un unico fronte è fuori terra, una cantina funzionale che si estende su circa 8.000 mq di terreno e rappresenta oggi il cuore operativo dell’azienda; un’opera architettonica realizzata con materiali del luogo, rivestita in pietra di Vicenza, materia che vive le stagioni e che si modifica con il tempo.