di Federico Latteri
E’ stato il territorio l’indiscusso protagonista della degustazione digitale sulla piattaforma Zoom organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Etna Doc alla quale ha partecipato una gruppo di giornalisti della stampa specializzata.
Sei vini, due bianchi, due rosati e due rossi, che hanno messo in luce la varietà esistente in una denominazione che si mostra sempre più interessante, originale e variegata. Il presidente del Consorzio Antonio Benanti ha curato l’introduzione fornendo alcuni dati numerici sulla Doc e illustrando le caratteristiche del territorio. Con lui il consigliere Seby Costanzo e il direttore del Consorzio Maurizio Lunetta. Con circa 1.000 ettari di superficie vitata l’Etna rappresenta una nicchia nel mondo del vino. Le bottiglie prodotte nel 2019 sono state poco più di 4 milioni e 300 mila, un numero non grande, ma sicuramente in crescita, tenendo conto che nel 2016 non si raggiungevano i 3 milioni e nel 2014 ci si attestava intorno al milione e 900 mila.
Riferendoci al vino imbottigliato durante l’anno solare 2019, più del 60 per cento della produzione è costituita da vini rossi, i bianchi sono circa il 28 per cento, i rosati il 7-8 per cento e gli spumanti la rimanente piccolissima quota. Antonio Benanti spiega: “L’Etna è un territorio unico, diverso dal resto della Sicilia. Sono tre i principali elementi di distinzione: il clima, più freddo e piovoso, poiché, pur trovandoci ad una latitudine mediterranea, si tratta di una montagna, il suolo di natura vulcanica e la presenza di vitigni autoctoni che solo qui crescono” e aggiunge: “L’abbondanza di luce, la ventilazione costante e il buon drenaggio del terreno sono fattori che ci permettono di ottenere costantemente uve sane e mature”.
(Un vecchio palmento)
L’Etna presenta una grandissima varietà di terroir, basti pensare alla composizione dei terreni derivanti da colate laviche di epoche diverse e alle differenze spesso notevoli di altitudine e esposizione che possiamo riscontrare tra i vari vigneti. Per avere una corretta comprensione del territorio, bisogna, prima di tutto, conoscere la suddivisione in quattro versanti: nord, est, sud est e sud ovest. Si tratta di aree della Doc con peculiarità differenti che danno vini molto diversi. Poi bisogna considerare il fatto che c’è un’ulteriore divisione in porzioni molto più piccole che sono le Contrade, i cru etnei che si possono indicare in etichetta e rappresentano le menzioni geografiche presenti nel disciplinare. Sono 133.
Enrico Donati, docente WsetT, ha moderato l’incontro e guidato la degustazione nel corso della quale sono state messe in evidenza le caratteristiche dei vini e il loro legame con il territorio. Il tasting è stato fatto con bottiglie non riconoscibili sulle quali erano presenti le etichette del consorzio con la numerazione da 1 a 6. Il vino numero 1 era un bianco dell’annata 2018 frutto di un vigneto situato a 700 metri sul livello del mare nel versante sud ovest, mentre il 2 era un bianco 2017 del versante est da uve coltivate a 900 metri. Pur mostrando entrambi evidente freschezza e mineralità, sono apparsi subito chiari due profili distinti: più verticale, citrico e salino il 2, mentre l’1 era un po’ più pieno nel frutto e maggiormente strutturato. Questo nonostante la diversità delle annate (calda e secca la 2017 e fredda e umida la 2018) tendeva a ridurre le differenze. I territori qui parlano chiaramente: più freddo e piovoso il versante orientale, più caldo e soleggiato il versante sud occidentale. Inoltre, la differenza di altitudine gioca un ruolo importante.
L’assaggio dei rosati, il 3, un 2019 dal versante sud est e il 4, un 2018 dal versante nord, ha messo in evidenza una maggiore florealità, freschezza del frutto, salinità e tensione nel 4 rispetto al 3, leggermente più rotondo e materico. Qui la differenza è forse meno marcata rispetto a quella riscontrata nei bianchi, ma si evidenzia facilmente. Anche in questo caso l’altitudine ha un ruolo importante insieme alla diversa esposizione. Infine i rossi, entrambi 2017. Uno, il 5, da un vigneto situato a 900 metri sul versante sud est e l’altro, il 6, dal versante nord e da un’altitudine di 650 metri sul livello del mare. Diversi i legni usati per la maturazione: tonneaux per il 5 e grandi tini di rovere per il 6. Dovremmo aspettarci un vino più maturo a sud est, a maggior ragione in un’annata calda come la 2017, ma in questo caso i 900 metri di altitudine danno al rosso numero 5 più freschezza e integrità di frutto. E’ un vino con complessità e potenzialità importanti. Con il numero 6 possiamo andare anche più in profondità nel territorio, poiché riscontriamo delle note ematico-terrose tipiche di alcune contrade di Passopisciaro sul versante nord. E’ un rosso tracciante che esprime in modo preciso le caratteristiche di un’area molto piccola.