di Marco Sciarrini
Abbiamo avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con Oscar Lorandi fresco dell’elezione a Presidente della Cantina Girlan. Ovviamente si è parlato tanto del Pinot Nero.
Girlan è una realtà storica dell’Alto Adige che oggi conta 200 famiglie di viticoltori, distribuite su un’area coltivata a vigneto di circa 220 ettari nelle migliori zone produttive dell’Oltradige e della Bassa Atesina. A partire dagli anni ’80, la presenza di questo vitigno è passata dagli iniziali 20 ettari ai 40 attuali e sono nate etichette come il Patricia Pinot Noir Riserva e il Trattmann Pinot Noir Riserva. Così il Pinot Noir è diventato il protagonista indiscusso della produzione della cantina. Con l’arrivo dell’enologo Gerhard Kofler e del direttore Oscar Lorandi, il percorso sul Pinot Noir si è sempre più indirizzato verso la valorizzazione di 3 specifiche sottozone, con l’obiettivo di esaltarne le caratteristiche e diventare, al tempo stesso, un esempio di qualità per i tanti appassionati, presenti in tutto il mondo, di questo nobile vitigno. Un percorso, quello del Pinot Nero, che, come detto, nasce negli anni ’80, con la consapevolezza di possedere alcune delle microzone dell’Alto Adige più vocate per la coltivazione del Pinot Noir, ed è fatto di studio e analisi dei singoli vigneti, che ha portato negli ultimi anni all’individuazione di 3 specifiche aree in grado di esprimere al meglio le caratteristiche di questo nobile vitigno: Girlan, Pinzon e Mazon. È da queste microzone che prendono vita le 5 etichette di Pinot Noir di Cantina Girlan, Patricia, Flora, Trattmann, Curlan e Vigna Ganger. Girlan ha vigneti non lontano da Bolzano, in un contesto di morbidi pendii coltivati a vite, baciati dal sole e ancora immersi nella quiete sul Monte di Mezzo fra San Michele e la piana dell’Adige che si elevano tra i 450 e i 500 metri sul livello del mare e si estendono verso Cornaiano. I terreni sono caratterizzati dalla presenza di depositi morenici ghiaiosi e argillosi, che poggiano su una roccia porfirica vulcanica. Nel piccolo villaggio di Pinzon, invece, i terreni hanno una matrice calcarea e argillosa e i vigneti sono orientati verso sud-ovest ad un’altezza tra i 400 e 450 metri sul livello del mare. La microzona di Mazon, infine, è considerata uno dei migliori areali presenti in Italia per la coltivazione del Pinot Noir, 10 gli ettari allevati, con terreni alluvionali ricchi di argilla e componenti calcaree, i vigneti sono orientati verso ovest che riescono a beneficiare del sole del pomeriggio conferiscono a questi Pinot Neri tutta la morbidezza ed eleganza strutturale che li contraddistinguono.
Lonardi Lei è diventato Presidente da poco tempo dopo la Direzione della stessa cantina per 15 anni, carica che comunque tiene ad interim, quale è il suo ruolo?
“In effetti svolgo i due ruoli contemporaneamente in quanto dopo 15 anni di Direzione era necessario comunque dare continuità al lavoro svolto ed ai progetti fin qui realizzati, la mia elezione è stata determinata dal 90% dei voti dei soci”.
La figura che rappresenta nell’ambito societario vitivinicolo e per di più per una Cantina sociale è più vicino ad un’Azienda privata, come se fosse un Ceo?
“Effettivamente è così. Dopo questa investitura molte cantine stanno valutandola possibilità di conformarsi a questa figura, perché riesce a sintetizzare senza troppi passaggi burocratici e formali il da farsi, accorciando, per rimanere in tema, “la filiera” delle decisioni mantenendo comunque la filosofia della Cooperativa. Certo è un riconoscimento anche del buon lavoro svolto e della fiducia dei soci”.
(I vigneti)
Girlan è una realtà storica dell’Alto Adige che crede molto nel Pinot Nero, avete un modello di riferimento al riguardo?
“In qualsiasi ambito della vita se si vuole migliorare ci si deve a rapportare a qualcosa o a qualcuno che è di esempio, in questo caso anche in collaborazione con l’enologo, i territori che amiamo di più sono il Piemonte in patria e la Borgogna all’estero. Sappiamo però che la Borgogna è un modello distante vuoi per territorio e per clima con caratteristiche diverse. Abbiamo molto viaggiato per capire come avvicinarsi ai loro livelli qualitativi cercando di rubare qualche segreto, ma abbiamo dovuto abbandonare questa idea per i motivi appena citati. Non tutto però è stato vano perché l’insegnamento che abbiamo tratto è stato quello della zonazione convincendoci che ogni particella debba dare espressione di una singola etichetta come stilistica di vino, sempre nel rispetto dell’espressione territoriale”.
L’idea è quella di aprire ad un nuovo stile Alto Adige per il Pinot Nero?
“C’è già uno stile Alto Adige. Su 5.400 ettari cerchiamo di percorrere una sola via per rappresentare il territorio, mantenendo una stilistica comune data da mineralità, freschezza, pulizia ed eleganza, alla quale però vorremmo dare un tocco personale, per trovare una nostra stilistica e penso che negli ultimi dieci anni ci siamo riusciti bene”.
Da un punto di vista commerciale l’Azienda ha un’anima prettamente italiana?
“Attualmente il 75% delle vendite Horeca è in Italia mentre il restante 25% all’estero, in particolare in Germania, Europa del nord, Stati Uniti ed alcuni mercati asiatici. È vero che non abbiamo ancora raggiunto le nostre massime potenzialità, ma stiamo crescendo, gli ultimi due anni con il freno a mano tirato nelle vendite abbiamo avuto la possibilità di entrare nella grande distribuzione, ma consci della scelta fatta, della ricerca della qualità, ci ha fatto desistere, scelta che ci ha pienamente ripagato con il nuovo anno nel quale c’è stata una crescita esponenziale”.
(La bottaia)
Per poter avere conformità nella produzione avete un disciplinare al quale i soci si devono attenere?
“I 40 ettari che sono allevati a Pinot Nero producono cinque etichette, e come rese siamo sotto a quello che il disciplinare della denominazione richiede. Con i soci abbiamo un rapporto di lavoro con un disciplinare interno improntato tutto sulla qualità, le uve vengono remunerate in base al territorio di provenienza a quale delle 5 etichette è destinata, del vigneto. Il nostro enologo è molto presente in campagna, seguito da due agronomi, tutto è basato sulla fiducia reciproca. Lo scorso anno, ad esempio, in epoca di vendemmia, erano previsti 5 giorni di pioggia e qualche socio forse un po’ troppo frettolosamente proponeva di vendemmiare, l’enologo però visto che l’uva non aveva raggiunto ancora la maturazione aspettata, il coltivatore non con poche perplessità si è convinto ed i fatti gli diedero ragione. Una cosa impensabile 20 anni fa, dimostrazione che l’investimento nella fiducia ha dato i risultati”.
Questo modus operandi di remunerare il socio, si avvicina molto al modello francese dove i parametri sono i terreni la zona di produzione, nei vostri viaggi avete fatto tesoro anche di questo.
“Certo un percorso che vede il binomio vendere bene il vino per pagare bene l’uva. La parte più difficile è stato far “digerire” le scelte di un percorso che prevedeva innovazioni agronomiche, dai loro visi esterrefatti dell’inizio, si è passati alla soddisfazione dei loro pagamenti. Questo trend ha permesso di passare dagli iniziali 20 ai 40 ettari attuali allevati, convincendo i soci ad impiantare il Pinot Nero al posto di altri vitigni”.
Da un punto di vista commerciale il Pinot Nero è trainante per l’economia altoatesina?
“Sì. Si sta assistendo ad un buon successo internazionale. In Italia ci sono poche zone di produzione di qualità, e gli aumenti dei prezzi dei Pinot Nero francesi ci hanno favorito. Parlando con dei sommelier degli Stati Uniti ed anche inglesi che questi aumenti hanno portato il consumatore a virare sul prodotto italiano”.
Quali sono, se ci sono, dei progetti futuri?
“In particolare, incoming, parte ricettiva molto valido per un territorio che ha turismo per 11 mesi l’anno, con l’aumento delle richieste nazionali ed internazionali. Abbiamo una struttura funzionante che amplieremo nel prossimo futuro con sale di degustazione e percorsi in cantina, il consumatore ha necessità di avere un contatto fisico con il pianeta vino. Altro tassello molto importante è la sostenibilità. Stiamo lavorando molto a livello etico e sociale cercando di far fare dei passi avanti ai soci verso questi principi, cercando di arrivarci tutti insieme, fare in modo che la convinzione parta da dentro e non solo perché è il mercato che lo chiede”.
Infine, non potrà sottrarsi di rispondere alla domanda che ormai si fa a tutti i produttori altoatesini di livello, se state pensando a cimentarvi anche con qualche “bolla”.
“No, non è nelle nostre corde, nonostante personalmente sia un amante delle bolle, tanto che a casa ne bevo più che i vini fermi. Ci siamo informati abbiamo fatto qualche prova, ma avremmo dovuto cambiare radicalmente il nostro quadro agronomico, da qui la convinzione che ciascuno deve fare ciò che sa fare meglio”.
Ed ecco le note di degustazione dei tre Pinot nero
Patricia Pinot Noir Alto Adige Doc 2019
Le uve provengono dal 3 sottozone di Pinot Nero: “Girlan”, “Mazon” e “Pinzon”. Dopo la diraspatura il mosto viene portato con la propria gravità nei tini d’acciaio inox per la fermentazione (12-15 giorni), malolattica effettuata, affinamento per 12 mesi in grandi botti di rovere (50 ettolitri) e 6 mesi in bottiglia. Colore rosso rubino, al naso fruttato intenso con note di ciliegia, marasca e lampone, al palato grande freschezza e bella struttura, con un tannino nobile, finale chiude sulle note succose fruttate.
Flora Pinot Noir Riserva Alto Adige Doc 2019
Le uve provengono dalle stesse 3 sottozone del precedente, da vigneti accuratamente selezionati per le loro caratteristiche microclimatiche. Dopo la diraspatura il mosto viene riempito per gravità in tini di acciaio per la fermentazione alcolica (20-22 giorni), malolattica svolta, affinamento di 12 mesi in barrique (70%) e piccole botti di legno da 12 ettolitri (30%) segue un ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi. Colore rosso rubino, al naso fresche ed eleganti sensazioni fruttate di frutti di bosco e amarena, al palato tannino vellutato e delicato con una bella struttura in equilibrio con una vivace acidità, finale lungo e persistente sulle note olfattive.
Trattmann Pinot Noir Riserva Alto Adige Doc 2018
Le uve provengono dai più vecchi vigneti delle sottozone Mazon e Girlan. La parte più consistente delle uve proviene da Mazon, dove insistono terreni profondi di argilla e calcare, mentre la rimanente parte proviene dai vigneti più vecchi di Girlan, dove c’è un deposito morenico su roccia porfirica vulcanica. Il 10% delle uve viene vinificato a grappolo intero, viene passata per gravità nei tini d’acciaio inox per la fermentazione (20-24 giorni), malolattica svolta, affina per 12 mesi in barrique e piccole botti di legno (12 ettolitri), segue 8 mesi di affinamento in grandi botti di legno (70 ettolitri), infine, il vino fa un ulteriore affinamento in bottiglia per 8 mesi. Colore rosso rubino con leggere sfumature granate, al naso complesso ed intenso dove, anche qui, prevalgono le sensazioni fruttate mature di ciliegia e marasca, al palato il sorso è fine, nonostante abbia un’importante struttura, grande equilibrio tra acidità ed un tannino vellutato, lunga persistenza aromatica sulle note fruttate mature olfattive, grande potenzialità di invecchiamento.