(Teo Musso, Davide Visiello e Renato de Bartoli)
di Gianni Paternò
“Dove osano le birre il vino non può osare” è uno dei vari aforismi che Kuaska ama ripetere. Tutti gli appassionati di birra, anzi “delle birre” come sempre Kuaska corregge, sanno chi egli sia.
Per quelli del vino diciamo che è uno che vive solo per le birre, uno dei massimi conoscitori al mondo della bevanda luppolata che tra il serio e il faceto si definisce “l’unico conoscitore”.
Tornando alla prima frase tanto torto non ha, ci sono alcuni piatti, molti cibi che non è facile abbinare ai vini, si pensi al carciofo, alle preparazioni ricche di aceto. Invece la quasi infinita moltitudine degli stili birrai sicuramente permette di trovare la birra adatta ad ogni piatto. A questo punto gli appassionati del vino obietterebbero: come si raffrontano le birre con i vini molto invecchiati, con quelli liquorosi?
Per risolvere questo esistenziale problema Davide Visiello, un appassionato ex Ais ed ex Fis che non ritrovandosi più in queste associazioni ne ha creato una sua: Enofriendly, ha avuto la brillante idea di mettere insieme Teo Musso, il creatore di Baladin, e Renato De Bartoli, proprietario dell’omonima cantina, nell’evento intitolato: “Birra e Marsala, ossidazioni a confronto”.
Teo Musso, da famiglia piemontese dedita al vino, tra il 1995 e il 1996 si inventa uno dei primi birrifici artigianali italiani; vero personaggio di estro e capace imprenditore si vanta di non fare birre normali, di sfidare l’impossibile e contemporaneamente di fare di Baladin il maggiore e più famoso produttore artigianale nazionale.
La prima birra che si degusta, non etichettata e non in commercio, risale addirittura al 1997, messa in contenitori metallici con coperchio depositati in cortile, all’aria e al vento per quasi 2 anni e imbottigliata nel 1999. È diventata di soli 2,5 gradi alcolici, colore ambra, ha subito un’evoluzione ossidativa particolare: ferma senza alcuna effervescenza, note di sandalo, miele, frutta candita, tanto malto ma ancora meravigliosamente fresca al palato. Alla cieca potrebbe assimilarsi proprio ad un Marsala.
Teo si appassiona all’evoluzione ossidativa, cerca di capirne la strada per realizzare quelle birre che chiama “da salotto”; così nel 2003 nasce la seconda birra degustata, anch’essa senza etichetta, dal colore ambra scurissima, dall’aroma e gusto vagamente da stout. Questa volta Teo parte da una birra più strutturata di 10° che dopo 2 anni, stavolta in sottotetto, diventa da 8° con residuo zuccherino importante.
La terza birra si chiama Xyauyù Caroni Barrel, nasce nel 2010 con una cottura e concentrazione di 6 ore del mosto e 3 anni di evoluzione, doppia fermentazione ed un percorso quasi da vino, proprio da Barrel wine, con una lunga maturazione in botti da 3000 litri di cui 500 sono di aria per poi finire in botti del rum Caroni. Ha un naso in cui emergono gli amaretti ed un gusto compendio di dolce e di mandorla amara, grandissima birra.
(Xyaulù Kentuky)
La quarta, Xyauyù Kentuky in quanto si aggiungono in infusione le foglie sbriciolate dell’omonimo tabacco, si arrotonda in barrique esauste, esprime note di caffè, cuoio, naturalmente tabacco, in bocca è equilibratamente dolce e amara, fragrante, quasi piccante.
Tutte le birre non hanno schiuma né gas, sono ormai ferme, non contengono conservanti e si può lasciare la bottiglia aperta. Hanno meravigliato gli astanti per la loro complessità, per il fascino, per la bevibilità, per la loro familiarità proprio col mondo dei Marsala; per loro Teo ha stabilito una scadenza: “Alla fine del mondo”.
Si passa a Renato De Bartoli che porta avanti la filosofia e il particolare modo di fare vino del compianto padre Renato, vero monumento del Marsala, anzi del fare un vino come si faceva il Marsala una volta, prima che arrivassero gli inglesi, senza alcol o mistella aggiunti, quindi un vino stupendo che però non può chiamarsi Marsala.
Per primo godiamo appunto il Vecchio Samperi Ventennale, un vino che purtroppo è costretto a denominarsi liquoroso in quanto la gradazione alcolica è di 17,5°. Fermentazione in fusti di rovere e castagno ed affinamento di oltre 20 anni secondo il metodo Soleras. Il risultato è un vino molto secco, complesso, sublime che odora di frutta secca e candita, miele, mandorla, caffè, un vino ancestrale che l’ossidazione ha arricchito.
(Vecchio Samperi)
Marco fortunatamente fa anche Marsala da disciplinare infatti come secondo vino assaggiamo il Vigna La Miccia, un Marsala Superiore Oro, post inglese con aggiunta di mistella, semi secco. Tutto Grillo con quasi 10 anni di legni più nuovi è il più giovane della casa, colore ambra dorato, sentori di frutta candita e secca, agrumi, un palato rotondo, equilibrato, fresco.
Infine il 1987, Marsala Superiore Riserva, espressione più importante ed aulica di un Marsala De Bartoli. Sempre e solo Grillo invecchiato per 28 anni in botti di vari legni e dimensioni, arricchito di mistella, cioè mosto e acquavite dello stesso vino. Ambra carico, un olfatto di indicibile complessità, passionale. Praticamente c’è tutto. Bocca che segue il naso, complessa, strutturata, elegante, sapida, alcolica. Semplicemente divino.
La sfida quindi si è conclusa praticamente alla pari, tuttalpiù con un lieve vantaggio ai punti per il Marsala. Sette bevande fantastiche che dimostrano che l’ossidazione può fare bene, anzi benissimo.