(Silvano Brescianini e Leonardo Valenti)
di Michele Pizzillo, Provaglio d’Iseo (Bs)
Trattandosi di Barone Pizzini, è difficile utilizzare il termine azzardo nella decisione di profondere molte risorse per riportare in auge un antico vitigno franciacortino, Erbamat.
Perché non è il caso di parlare di azzardo per questa scelta? Semplice la risposta: Barone Pizzini è stato il primo a produrre Franciacorta bio, quando non ci credeva nessuno, nel 1998. E Silvano Brescianini, direttore generale dell’azienda nonché uno dei tre soci (gli altri sono il presidente Ugo Colombo e l’amministratore delegato Piermatteo Ghitti) – coinvolti nella gestione dell’azienda dall’ultimo erede della casata d’origine Asburgica, Giulio Pizzini Piomarta von Thumber che fu fra i fondatori della doc Franciacorta – mastica ancora amaro quando ricorda il convegno che organizzò sul tema del bio con grandi esperti francesi e l’agronomo Pierluigi Donna, boicottato da tutti tanto da rivelarsi un fiasco. Brescianini, però, credeva in Donna – tutt’ora consulente dell’azienda -, che con un deciso “certo!”, più di trent’anni fa, rispose al quesito “in Franciacorta si può coltivare la vite in modo non invasivo e di maggior tutela della natura rispetto al sistema convenzionale”? Poi, a Barone Pizzini si sono accodate altre aziende e, così, in Franciacorta c’è grande fermento nella corsa alla certificazione biologica dei vigneti.
Può un’azienda “avventurosa” – termine che utilizziamo in senso positivo, per sottolineare una scelta importante per tutta la Franciacorta – quando riscopre un antico vitigno come Erbamat – che si rivela con una spiccata acidità, in grado di dare ai vini grande freschezza, oltre ad essere un importante elemento caratterizzante, dice Leonardo Valenti, enologo della Barone Pizzini e docente nell’Università di Milano – fare finta di niente? No. Così inizia la sperimentazione, fino ad arrivare alla produzione di un vino denominato “Tesi 1” con il 60% di Erbamat (e il resto Chardonnay e Pinot nero) – solo 6.000 bottiglie, di cui 2.000 accantonate in cantina per la sperimentazione -, a cui seguiranno “Tesi 2” e “Tesi 3”. Nel frattempo è stato modificato il disciplinare di produzione del Franciacorta docg per utilizzare anche l’uva dell’antico vitigno franciacortino, in misura massima del 10%. E Valenti inserisce l’Erbamat nella degustazione di 10 base spumante di Chardonnay e Pinot nero (4 ciascuno) e Pinot bianco, per raccontare il lavoro e la ricerca che c’è dietro la produzione di bollicine uniche. Tant’è che nel 2012, a Londra, l’International Challenge proclama il Franciacorta Rosé 2008 di Barone Pizzini miglior vino biologico del mondo a cui seguirà, nel 2015, il premio speciale per la viticoltura sostenibile del Gambero Rosso. Questi traguardi è possibile raggiungerli selezionando le masse che arrivano da 3-4 vigne diverse (Barone Pizzini è proprietario di 54 ettari divisi in 29 particelle) lavorate in vasche inox o in barrique (che noi usiamo come contenitori, non per modificare il vino, sottolinea Valenti mentre guida la degustazione dei 16 campioni di base spumante) per arrivare all’assemblaggio finale che nella degustazione organizzata nella moderna cantina di Provaglio d’Iseo – ovviamente costruita secondo i criteri di bioedilizia – in questo caso alla base spumante delle sei bollicine dove sono state utilizzati i vini della degustazione.
(Basi spumante)
Sicuramente un’esperienza interessante questa particolare degustazione che ha l’obiettivo di fare vedere come avviene la selezione e poi la destinazione all’assemblaggio finale e, quindi, alla bollicina capace di soddisfare le aspettative del consumatore; ma, anche, le aspettative di tutti gli organismi che confermano l’uso delle pratiche produttive bio che per Barone Pizzini conciliano l’agricoltura di qualità al buon senso ambientale. Poi sarà un luogo “indipendente”, il ristorante Natura di Adro, per degustare gli ultimi vini proposti da Barone Pizzini, dove ci sarà la sorpresa della riserva Bagnadore del 2011 che sarà pronta a fine anno, mentre in commercio c’è quella della vendemmia 2012 che “avendola trovata già pronta, abbiamo deciso di rispondere subito alla richiesta di questa bollicina che ci sta dando molte soddisfazioni”, confida Brescianini. Agli inizi del 2000, l’azienda di Provaglio d’Iseo, esce dai confini della Franciacorta per approdare in terre diverse, ma vocate per sostenere l’equilibrio uomo-natura come il cuore dei Castelli di Jesi, con la tenuta Pievalta che si estende su 39 ettari, con l’impegno di valorizzare il Verdicchio attraverso l’agricoltura biodinamica. E, a Scansano, in Maremma, con i 46 ettari dei Poderi di Ghiaccioforte dove il Sangiovese è il vitigno principe.
Queste le bollicine degustate a tavola.
Animante Franciacorta docg
In azienda lo presentano come l’anima di tutto perché è nato per coronare il lungo percorso pioneristico nell’esperienza biologica in Franciacorta. Ottenuto da uve Chardonnay (78%), Pinot nero (18%) e Pinot bianco (4%), è affinato sui lieviti 30 mesi. Al naso sono nitidi gli aromi di miele d’acacia e note di frutta matura anche tropicale. Al palato è secco, sapido, fresco e, nel complesso, veramente appagante.
Bagnadore Franciacorta riserva docg 2012
Le uve Chardonnay e Pinot nero in parti uguali, provengono da un’unica vigna che gode dei benefici di un bosco vicino che agevola l’escursione termica. E’ una bollicina prodotta solo nelle annate migliori ed è affinata 70 mesi sui lieviti. Il perlage è fine, compatto e persistente. Il bouquet è un concentrato di sentori di erbe aromatiche e di frutta matura. Riempie la bocca con la sua intensa sapidità, con il ritorno della frutta già avvertita nel bouquet ma ancora più delicata e ben definita.
Naturae Franciacorta docg 2014
Di questo vino ottenuto da uve Chardonnay (60%) e Pinot nero (40%) e affinato 30 mesi sui lieviti, colpisce la sapidità, la struttura e una buona acidità. Tant’è vero che al naso si avvertono profumi erbacei accompagnati da sentori agrumati. Al palato spiccano la freschezza e la sapidità in perfetto equilibrio, sostenute da un buon corpo e da una piacevole nota salmastra conferita dal terreno calcareo della vigna da dove provengono le uve.
Rosé Franciacorta docg 2012
Pinot nero (80%) e Chardonnay (20%) per questa bollicina che a Barone Pizzini definiscono sensuale, non sbagliando. Infatti, al naso l’apertura è fruttata in particolare di piccoli frutti rossi, con accenni speziati. In bocca è fresco, con prevalenza di note di frutti rossi, fragoline e ribes in particolare e una scia minerale che ne accompagna la lunga persistenza. Affina per 30 mesi sui lieviti.
Satèn Franciacorta docg 2015
In questo caso siamo alla migliore esaltazione delle uve Chardonnay utilizzate per la produzione di uno spumante dal bouquet complesso perché si avvertono note erbacee, fruttate e sentori di pasticceria secca. All’assaggio è cremoso, avvolgente, fresco e con nota acida in perfetto equilibrio nonché il ritorno di sentori di frutta matura ma anche tropicale e candita con cui il vino si è presentato al primo incontro degustativo.