di Gianluca Rossetti
Arte e cucina, un connubio di cui si sente parlare spesso, ma che mai come questa volta si esalta in uno dei grandi ristoranti di Milano, quello di Andrea Berton in Via Mike Bongiorno, 13.
In occasione della Milano Wine Week, il ristorante ha trasformato la sua vetrina con il pattern del celebre artista newyorkese degli anni ‘80. Protagonista, come una vera e propria opera d’arte, il nuovissimo Coravin Limited Edition. Noi siamo stati al ristorante per ammirare questa installazione, e per provare dopo qualche tempo la cucina di Andrea Berton, esaltata dall’abbinamento vini dedicato a cura di Luca Enzo Bertè che con Coravin, ha deliziato il nostro palato con cinque grandi vini. Coravin è un dispositivo di ultima generazione che, attraverso un complesso sistema di aghi, consente di versare un calice di vino senza stappare la bottiglia, eliminando così il rischio di ossidazione. Il nome deriva dalla fusione delle parole francesi “cœur” e “vin”, a indicare una tecnologia che arriva al cuore del vino senza alterarlo, e dimostra la grande passione per il “nettare degli dei” del suo inventore, Greg Lambrecht, che ha messo le sue competenze tecniche e ingegneristiche al servizio del settore enologico. Dal lancio del primo dispositivo, avvenuto nel 2013 negli Stati Uniti, Coravin ha rivoluzionato il modo di degustare il vino, diventando uno strumento innovativo e indispensabile per professionisti e appassionati di tutto il mondo.
Per il suo ristorante Andrea Berton ha scelto l’avveniristico quartiere di Porta Nuova Varesine: un contesto moderno e lineare che riflette una cucina essenziale ed elegante, dove i sapori sono sempre riconoscibili al palato. Protagonista assoluto del suo menu è il brodo che, nobilitato a piatto vero e proprio, rappresenta la massima sintesi dell’ingrediente principale di ogni piatto. Il menu cambia a seconda della stagionalità e propone, accanto alla tradizionale carta, una formula “a pranzo” che concilia la qualità e le esigenze di tempo del pubblico. La sala del ristorante – elegante e rigorosa come la filosofia dello Chef – è disegnata su misura, dotata di grandi vetrate ed è la vera protagonista del ristorante. La cucina a vista permette di seguire i movimenti della brigata di Berton e ospita un esclusivo tavolo per due persone ricavato da una nicchia che permette di degustare un menu libero proposto dallo Chef.
(Il risotto – ph Marco Scarpa)
Per l’occasione, abbiamo assaggiato il menu dedicato a Coravin e all’installazione, che – dopo un benvenuto dalla cucina – è partito con un’insalata di gamberi, mandorla e lampone, in abbinamento a Champetre 2020, di Distillerie Laurent Cazottes. Un mix di sapori, con i gamberi proposti in diverse cotture e consistenze, che con l’inconfondibile dolcezza sposavano perfettamente l’acidità del lampone. Il vino, fruttato, vivo, ricco, portava con sé tutte queste note gustative con grande eleganza e freschezza.
La portata successiva invece, la trippa di baccalà con brodo di prosciutto crudo, taccole e scalogno, rappresenta in pieno la filosofia di Andrea Berton. Eleganza incredibile, un piatto complesso, strutturato e saporito, che viene raffinato dalla grande tecnica in cucina. Sapidità e consistenze che si succedono l’un l’altra in bocca per un risultato pieno e rotondo. L’abbinamento, con il Te Koko 2020 di Cloudy Bay – vino Neo Zelandese tra i più apprezzati della degustazione – risulta ben pensato e vincente. I profumi di mela verde, lime, cera d’api, miele, frutta secca e maracuja smorzavano le durezze della trippa di baccalà. Veramente una grande proposta.
Si prosegue con risotto alla pizzaiola con acqua di mozzarella, in abbinamento Casa Brecceto – Nadar 2020, complesso al naso con sentori di frutta, fiori e pietra focaia. Rotondo e di corpo. Una proposta inno alla mediterraneità, la pizzaiola, la mozzarella, le olive… e un vino campano. Un pensiero che trasmette a pieno le grandi conoscenze di chef e sommelier, perché passare con questa intensità da un piatto innovativo come la trippa di baccalà, ad un piatto con queste influenze locali, non è sicuramente da tutti.
(La trippa di baccalà)
Ultimo piatto salato, il secondo, è una lingua di vitello con bietola e nocciola. Un piatto che sa di tradizioni piemontesi riportate a Milano, con estetica e know-how milanese. Grande presenza della nocciola, che smorza l’amaricante della bietola e sposa perfettamente il gusto della lingua di vitello. Il vino in abbinamento è dell’azienda agricola Santa Barbara – Pathos 2019; un vino rosso realizzato nel territorio marchigiano con uve Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah, con affinamento in barrique. Profumato e avvolgente.
Concludiamo la degustazione con la proposta dolce, cioccolato, menta e liquirizia. Freschissimo e gustoso. Un dolce dai richiami fanciulleschi che delizia e sgrassa il palato con profumi conosciuti, ma reinterpretati. L’abbinamento? Con il celeberrimo vecchio samperi di De Bartoli, profumi terziari di legno, frutta secca e tabacco che anticipano un sorso ricco, lungo, secco e seducente.