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Birra della settimana

Le Birre “all’americana”, le “spine” più rognose in termini di abbinamenti

11 Agosto 2024
Tramezzini con peperon e anacardi Tramezzini con peperon e anacardi

Birre “all’americana”: ovvero una delle spine più rognose, parlando di abbinamenti. Eh già, perché si tratta di tipologie imperniate sulle vigorie del luppolo, in aroma e amaro: Apa, Neipa, Double Ipa, Session Ipa e via dicendo; prodotti verso i quali, proprio per questa loro natura, una buona fetta del pubblico, sia italiano sia internazionale, nutre, e da anni, una specie di infatuazione (di dipendenza, verrebbe da dire: e forse non si andrebbe lontano, considerando come il luppolo sia una cannabacea). Scherzi a parte, il perimetro stilistico di cui parliamo abbraccia prodotti premiati, stabilmente, da un consenso massiccio, che non accenna a vacillare: magari la tendenza è ad abbandonare, gradualmente certi eccessi (olfattivi e gustativi), ma il paradigma della pinta “a stelle e strisce” resiste, solido, ai vertici delle classifiche di gradimento. Il punto è che quello stesso slancio amaricante tanto amato dal consumatore diventa, nel “gioco delle coppie” in tavola, un elemento di possibile criticità; perché, statisticamente parlando, interagisce in modo non armonico con alcune tra le connotazioni sensoriali più ricorrenti in cucina, specie in quella italiana: sapidità, acidità, piccantezza, venature di astringenza. Come regolarsi dunque? Una possibile soluzione è partire proprio dalla birra e “disegnare” un profilo organolettico “ad hoc”.

GRASSO, NEUTRO E DOLCE
Ebbene, quali le “chiavi” d’approccio per progettare un abbinamento “sartoriale”? Ne abbiamo diverse, per la verità. Quella più diretta consiste nel favorire la sovrapposizione, reciprocamente attenuativa, tra la vena amara della birra e quella, analoga, di un alimento o di una preparazione che presenti tale inclinazione gustativa: ciò che succede ad esempio ricorrendo a ricette contenenti la combinazione “ricotta-erbe di campo”. Un’altra strada è quella di, semplicemente, non urtare l’amaricatura della birra, scongiurando il suo “incrocio” con le sensazioni poc’anzi elencate e con gli ingredienti che le producono: sale, pepe, peperoncino, carciofi crudi, limone, aceto, yogurt, formaggi a caglio lattico… Una soluzione che, di conseguenza, spinge verso “bocconi” il cui profilo organolettico verta attorno alle cosiddette parti morbide: grassi, amidi, zuccheri semplici, alcune proteine come il collagene o quelle dell’albume d’uovo. Componenti che non solo non “eccitano” l’amaro: cioè non ne accentuano la percezione (fino alla possibile sgradevolezza); ma addirittura la riducono, l’attenuano e talvolta quasi l’azzerano: tanto da rendere possibile la non totale esclusione dal gioco degli abbinamenti anche di modeste quote di sapidità o piccantezza o acidità e così via.

PANE, UOVO, CREMA DI PEPERONE E ANACARDI
Date le premesse è ovvio che, con le tipologie birrarie di cui stiamo parlando, un’opzione immediata (forse la più immediata) è quella di servirle con un dessert: una cheesecake o una panna cotta ad esempio, la cui guarnitura (di agrumi e frutta esotica ad esempio) riprenda gli orientamenti olfattivi della birra stessa. Meno agevole, ma per questo più stimolante, la ricerca di un abbinamento al “salato” (in senso lato: di “non zuccherino”, ovviamente). In tal senso, accanto a risotti e scaloppe appunto agli agrumi, altre opportunità sono offerte da grassi e amidi contenuti in alimenti ai quali, per le nostra tradizioni alimentari, guardiamo meno “in automatico”. Oggi proponiamo di avvalerci della dolcezza e del contenuto proteico e lipidico di questi quattro ingredienti: peperoni rossi (i più maturi), carote, anacardi tostati, uova e pane da sandwich. Quest’ultimo serve per preparare il telaio (la fetta superiore e quella inferiore) di un tramezzino; i primi quattro vanno a costituirne il ripieno. Le uova sono semplicemente da lessare e da porzionare a rondelle, non troppo spesse. I peperoni, le carote e gli anacardi vengono combinati in una crema (che nell’archetipo del tramezzino sostituisce la maionese). Come? Primo passo: tagliare i due ortaggi a listarelle sottili e poi (volendo) ulteriormente a pezzetti. Secondo, passarli nel frullatore insieme al nostro frutto secco, aggiungendo olio d’oliva e succo d’arancia (eventualmente zuccherato, per compensare l’acidità), fino a ottenere un composto denso e fluido. A quel punto non resta che assemblare il sandwich: il quale ha un orientamento dolce tale da poter accogliere anche la lieve sapidità di un salume non eccessivamente carico di cloruro di sodio: del prosciutto cotto (“scelto” o “di qualità”), ad esempio. Ed ecco di seguito tre possibili abbinamenti…

CON LA SESSION IPA
Andiamo in ordine di taglia alcolica, partendo dai 4 gradi e 2 di una Session Ipa: la “Wanderlust” confezionata, a Stagno (Livorno), dal marchio “Mudita Brewery”, secondo un protocollo di luppolatura basato sul binomio Simcoe-Mosaic. Di colore dorato e aspetto pulito, la birra sfodera una bollicina e una secchezza che giocano disinvoltamente sulla massa grassa e amidacea del tramezzino; la sua amaricatura, netta ma equilibrata, va a braccetto con la dolcezza complessiva del boccone; mentre le sue direttrici olfattive, orientate verso i fiori di bosso e l’uva spina, generano, nel combinativo col peperone, un’interessante sensazione da “Sauvignon Blanc”.

CON LA AMERICAN PALE ALE
Saliamo, in alcol, a quota 6%; quella fatta registrare da un’American Pale Ale: la “Maria Mata” della scuderia “Rethia” (Vezzano, Trento), birra dal colore dorato e dall’aroma articolato, frutto di una luppolatura cui concorre una decina di varietà di “coni”. La sua maggiore spinta etilica migliora l’azione di scioglimento, al palato, dei lipidi e dei carboidrati in dote al sandwich; mentre, in olfazione, le componenti agrumate agganciano i contributi apportati, nel tramezzino, da parte del succo d’arancia; sul piano gustativo, infine, si conferma l’assenza di frizioni tra la dorsale amaricante della sorsata e qualunque tipo di possibile elemento conflittuale nel boccone: giacché, semplicemente, di elementi conflittuali non ce ne sono.

CON LA AMERICAN IPA
Stazione d’arrivo, i 6 gradi e 2 di una India Pale Ale in stile USA: la “Monkey IPA” targata “Resina” (nomen omen), realtà artigianale di Potenza Picena (Macerata). Una versione ambrata, la cui luppolatura prevede gettate di quattro varietà “a stelle e strisce”: Columbus, Azacca, Citra ed Equanot. La crescita della stazza etilica perfeziona ulteriormente la gestione di grassi e amidi del tramezzino; mentre l’amaricatura della sorsata, sebbene essa stessa in aumento, continua a non trovare ostacoli né attriti di sorta, da parte del boccone. Infine, le direzioni olfattive del piatto e del bicchiere presentano più di un punto di consonanza: in primis, quello tra le agrumature presenti su entrambe le sponde (arancia da un lato, luppoli dall’altro); in seconda battuta, la convergenza tra il peperone del sandwich e il fruttato esotico della “pinta” (apportato esso stesso dagli “odorosi coni”), che tornano a generare quell’impressione-Sauvignon già registrato con il primo abbinamento.

MUDITA BREWERY
Impianto: via Aiaccia, 37/A – Stagno (Livorno)
Tap-room: “Scaccomalto”, via Santa Cecilia, 15 – Pisa
T. 329 7187575
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www.muditabrewery.com

BIRRIRICIO RETHIA
Via Ai Fossadi, 21 – Vezzano (Trento)
t. 0461 340182; 348 994 6938
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Contrada Marignano – Potenza Picena (Macerata)
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