Intransigente nell’aderenza alla propria tradizione, raro nella reperibilità, unico per metodo di produzione, caratteristiche alimentari e profilo organolettico. È il “Tiroler Graukäse Dop”, formaggio da latte vaccino il cui disciplinare ne consente la preparazione in tutto l’Alto Adige e la cui origine, in particolare, affonda le proprie radici nella Valle Aurina: territorio montano incastonato nella cornice delle Alpi dei Tauri Occidentali (al confine con l’Austria) e formante, con la Valle di Tures, un circondario che fa capo all’ampio comprensorio della Val Pusteria.
IL BATTESIMO E LE GENERALITÀ
Attestato da documenti i primi dei quali risalgono al 1325, il graukäse deve il proprio nome alle muffe grigiastre che si sviluppano sulla sua superficie (avvolta da una crosta sottile) nel corso della maturazione e della stagionatura: una decina di giorni attorno ai 25 gradi e poi fino a 12 settimane in ambienti più freschi, sui 15 gradi. È molto, molto magro: forse il formaggio più dietetico al mondo, con il suo 2% circa di lipidi sull’estratto secco; lo si prepara infatti, secondo il metodo più tradizionale, a partire dal residuo di latte (crudo o pastorizzato) utilizzato per la produzione del burro: e in ogni caso scremato, attraverso il naturale e paziente affioramento in superficie dei propri globuli grassi. Ulteriore peculiarità, per la coagulazione (si tratta di un “sauerkäse”) non si aggiunge caglio, bensì – sempre in ottemperanza alla prassi di lavorazione “storica” – si procede riscaldando la massa liquida più o meno ai 25 gradi e lasciando che i lattobacilli del suo corredo microbico nativo (più quelli eventualmente aggiunti) eseguano il loro mestiere: scindendola, al termine di un processo che può arrivare a 36 ore, nelle due frazioni del siero e della pasta caseosa. Quest’ultima, poi, una volta portata lentamente a cottura, viene (tutto quanto a mano) sbriciolata, messa a scolare in pezze di tessuto, deposta in stampi e fatta riposare per 48 ore, raccolta e addizionata di sale (più pepe, talvolta). A questo punto, alcune forme vengono destinate tal quali al consumo dopo la sola maturazione (una decina di giorni, come detto); mentre altre vengono pressate, sempre manualmente, e avviate alla stagionatura: spesso un mese, ma non è escluso si arrivi fino a tre.
IL PROFILO GUSTATIVO
Tenuto conto di come l’esiguità della materia grassa sia un tratto fondamentale del graukäse, in qualsiasi edizione lo si consideri, è d’altra parte ovvio che le numerose variabili di cui si è appena fatto cenno, in ordine all’iter di lavorazione, preludono a esiti sensoriali essi stessi alquanto diversi. La versione fresca, priva di crosta, ha la consistenza morbida e non coesa di una friabile ricotta; e presenta un gusto delicato ma di carattere del tutto particolare: che per l’acidulità (assai temperata da un fondo di dolcezza lattea) ricorda uno yogurt magro (con tratti aromatici vagamente agrumati ed erbacei), rivelando tuttavia al contempo venature leggermente sapide e delicatamente amare. La versione stagionata sviluppa esternamente un colore paglierino; una pasta più consistente (sebbene comunque poco compatta); un impalcato olfattivo da latte cotto, fieno ed erbe (di nuovo) agrumate, come melissa o cedrina; una tendenza palatale in cui crescono i livelli di acidità e sapidità, saldandosi non di rado con un finale di timbro piccante. Ulteriore variante, poi, è quella di una maturazione effettuata in prossimità dei soffitti degli ambienti di affinamento con, nelle vicinanze, un camino i cui vapori conferiscano al formaggio una lieve affumicatura. Si è alle prese, insomma, con un materiale organolettico decisamente variegato: che ci siamo divertiti ad abbinare con tre birre a loro volta di differente matrice stilistica.
GRAUKÄSE FRESCO CON LA HELLES
L’assenza di un tessuto lipidico massiccio da diluire amplia notevolmente l’orizzonte delle possibili tipologie da servire in accompagnamento al graukäse. Il quale tuttavia, nella versione fresca, presenta un profilo intrinsecamente attraversato da connotati sensoriali potenzialmente conflittuali, nella loro coabitazione. L’operazione più sensata da mettere in campo è allora probabilmente quella di orientarsi verso una birra dal carattere lenitivo: privo o quasi di parti dure e incline alla morbidezza; meglio ancora se dotato di una componente zuccherina non eccessiva (rischiosa con l’amaricatura del boccone, se entrambe spiccate) e invece registrato su un livello di semplice rotondità. Sembra l’identikit della “Helles” di casa “Darf”, a Darfo Boario Terme (Brescia). Dorata nella luce e moderata in gradazione (siamo a quota 5), i suoi aromi di prato falciato riprendono l’erbaceo del formaggio; mentre il gusto soffice, intonato alla carezza avvolgente di un panificato chiaro senza sale, smussa tutte le spigolature della materia caseosa, generando serene armonie palatali.
GRAUKÄSE STAGIONATO CON LA BELGIAN GOLDEN STRONG ALE
L’affinamento, come accennato, incrementa non solo la consistenza del formaggio, ma anche le sue espressioni sapido-acide, a cui somma per giunta una spinta piccante. Ecco, qui la rotondità non basta; tenendo ferma l’opzione di una bevuta sostanzialmente priva di parti dure, occorre che il suo contenuto zuccherino corrisponda come minimo al livello dell’abboccato. In sostanza, si deve passare a una birra più muscolare nella tendenza morbida e dolce; come la “New Order” della scuderia “RentOn” (a Fano, in provincia di Pesaro e Urbino): dorata nella tinteggiatura e tarata sui 7 gradi in alcolicità. Il combinato tra la sua stazza etilica e la sua sorsata d’inclinazione (appunto) dolce riesce a ben domare le contundenze del formaggio; il cui olfatto erbaceo e agrumato viene assecondato, da parte del bicchiere, per un verso con note di miele per un altro con sensazioni da scorze candite.
GRAUKÄSE AFFUMICATO CON LA RAUCHBIER
Avendo di nuovo a che fare con uno stagionato e restando perciò saggiamente ancorati al registro del combinato tra morbidezza e dolcezza, è d’altra parte quasi inevitabile, con sotto il naso il graukäse anche affumicato, non cercare un bicchiere esso stesso orientato ad analoghe tonalità. Quale bicchiere? Quello, tedesco, di un’aitante “Urbock” targata “Schlenkerla” (a Bamberga, in Franconia, nella parte nord della Baviera): con il suo colore bruno e i suoi 6,5 gradi alcolici. I fondamentali gustativi della sorsata (alcol medio-robusto e tenore abboccato) eseguono, sul boccone, manovre simili a quelle messe in atto dalla “New Order”: con esiti, a loro volta, comparabili. Mentre l’olfatto della birra, con le sue basi da caramello e miele, richiama tutta una serie di combinazioni di consumo tipicamente applicate ai formaggi in generale; e con la sua nitida tematica “da camino” asseconda e riprende la peculiarità di questa edizione del graukäse.
BIRRIFICIO DARF
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BIRRIFICIO RENTON
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BRAUEREI SCHLENKERLA
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