Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Birra della settimana

Storie di birra e formaggio: il “Dolcesardo” sorprende per la sua versatilità negli abbinamenti

07 Aprile 2024
Dolcesardo Dolcesardo

Nel ricco patrimonio della tradizione alimentare sviluppatasi sull’isola dei nuraghi, il “Dolcesardo” non rappresenta di certo una specialità da poter definire “storica”. Vede infatti la luce nel Novecento, verso la fine degli anni Trenta, ad Arborea (comune in provincia di Oristano, fondato ufficialmente nel 1928), entro la cornice delle bonifiche agrarie condotte in quel territorio: ed è stato uno dei primi prodotti sfornati dal caseificio sociale costituito in tale contesto. Ebbene, nonostante i suoi natali oggettivamente recenti, nel giro del non lungo tempo trascorso dal momento della sua comparsa in scena, questo formaggio ha saputo rapidamente ritagliarsi uno spazio stabile e consolidato nel cuore dei consumatori, italiani e stranieri. Merito, probabilmente, del suo gusto delicato e leggero, improntato a prerogative di fresca dolcezza lattea: tale da renderlo gradevole a un pubblico di ogni età e adatto ad accompagnare, come spuntino o come protagonista di un pasto strutturato, qualsiasi momento della giornata.

CLASSIFICAZIONE, PRODUZIONE, CARATTERISTICHE
Incluso dal 2000 nell’elenco dei Pat (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) riconosciuti dalla Regione, il Dolcesardo si prepara con latte vaccino intero e pastorizzato: la cui massa liquida, inoculata con starter lattici e addizionata con caglio di vitello liquido, regala velocemente una pasta caseosa che, frazionata in granuli grossolani (le proporzioni sono quelle di una nocciola), viene deposta in stampi cilindrici di piccola pezzatura (il diametro è sui 14 centimetri). Le forme così ottenute sostengono quindi un duplice trattamento: di stufatura (per 3 o 4 ore in camere con temperature sui 30-40 °C e livello di umidità sull’85-90%), onde cremificare la propria trama proteica; e, contemporaneamente, di rivoltamento (per almeno quattro volte), al fine di perfezionare lo spurgo. Si arriva così ai passaggi finali: un’assai dosata salatura in soluzione acquosa (per 3 ore e mezza circa); una maturazione non inferiore alla due settimane, ma di solito neanche superiore. Il che porta alla messa in commercio di un prodotto dalla consistenza morbida, le cui caratteristiche sensoriali possiamo così sintetizzare: profumo latteo e burroso; sapidità praticamente impercettibile (dopo la stagionatura il cloruro di sodio si attesta su valori dell’1.5% circa) e condotta palatale di stampo pertanto neutro-dolce; componente grassa non debordante (per un formaggio) ma comunque considerevole, corrispondente al 28% circa nell’economia del boccone. Il quale boccone si rivela dunque assai versatile nell’abbinamento con la birra: accettandone tipologie anche contrassegnate da una tendenza amaricante più o meno spiccata. Quali? Ci siamo divertiti a provarne tre…

CON LA KELLER
Partiamo appunto con una Keller, la dorata “Sweva” del birrificio “Ventitré” (a Grottaminarda, in provincia di Avellino), il cui orientamento gustativo guarda anche a un certo grado di amaricatura. Scelta alla quale, in questo caso, non corrisponde alcun problema in abbinamento: data appunto la personalità del boccone, provvisto di una dolcezza assolutamente… conciliante. Quanto alla materia grassa del formaggio, la sorsata ne viene a capo, sebbene con un po’ di sforzo, grazie al combinato tra bollicina (ben viva) e alcolicità (tarata sul 5%). Interessante, poi, l’intreccio olfattivo tra la direttrice burrosa del formaggio e quella erbacea della bevuta, a evocare impressioni tipiche di alcune produzioni casearie a latte crudo, nelle quali è palpitante l’aroma prativo degli ambienti di pascolo dei capi da mungitura.

CON LA ENGLISH PALE ALE
Si procede con una tra le poche English Pale Ale battenti bandiera italiana. È la “Pale Ale” (niente nome d’arte: solo l’indicazione tipologica) firmata, a Capua (Caserta) dal marchio “White Tree”, ex beerfirm e ora ramo d’azienda del birrificio “082Tre”: un’ambrata sui 4.7 gradi alcolici, la cui amaricatura (dalle tonalità fogliacee e rizomatose), trova, nell’assenza di sapidità e acidità propria del Dolcesardo, la stessa accoglienza soffice ricevuta dalla “Sweva”. Assai simile, nello spalla a spalla, è poi il risultato raggiunto dalla sorsata nel gestire la non irrisoria materia grassa del boccone. Mentre sul piano delle interazioni olfattive, stavolta la burrosità del formaggio si salda alle tostature da “pane ben cotto” presenti nel bicchiere, creando un effetto mentale che fa ricordare il piacere semplice di certe merende frugali di una volta…

CON L’AMERICAN IPA
Ultimo confronto, quello con una West Coast IPA, la “5 minute window” della scuderia “Wild Raccoon”, a Udine. Si tratta di una birra veemente: dorata, 6.8 gradi alcolici, un naso sauvignoneggiante, una chiusura palatale perentoriamente amara. Di nuovo, però, il boccone la lascia scorrere senza generare attriti, con un’accondiscendenza capace, anzi, di ammansire, di tranquillizzare. Migliora, poi, rispetto ai primi due round, il lavoro di diluizione sul filamento grasso del formaggio: un compito efficacemente svolto, da parte della sorsata, grazie al combinato tra la sua bollicina e la già menzionata gittata etilica. Infine, le relazioni olfattive: con la burrosità del Dolcesardo che abbraccia le correnti estivo-tropicali risalenti dal bicchiere (mango, ananas, pompelmo), generando impressioni da cheesecake alla frutta esotica.

BIRRIFICIO VENTITRÉ
Via Perugia, 23 – Grottaminarda (Avellino)
T. 0825 881074
servizioclienti@birrificioventitre.it
www. birrificioventitre.it

WHITE TREE BREWING
Sede legale: via Niccolini, 9 – Caserta
Produzione: Via S. Maria Capua Vetere, 121 – Capua (Caserta)
T. 334 9546240
info@whitetreebrewing.it
www.whitetreebrewing.it

BIRRIFICIO WILD RACCOON
Via Decani di Cussignacco – Udine
T. 334 2817423
filip@wildraccoon.it
www.wildraccoon.it