Voce appartenente all’estroso patrimonio della cucina popolare di Napoli e di un po’ tutta la Campania, la pasta detta “alla poverella” (con una predilezione chiara per gli spaghetti) presenta origini ed etimologia non perfettamente definibili, ma senz’altro ricostruibili nella loro essenzialità. Il battesimo si riferisce all’idea di fondo attorno alla quale ruota la costruzione della ricetta; ovvero quella di economizzare al massimo sulle riserve alimentari di casa: recuperando quanto possibile dal frigo o dalla dispensa; bruciando il minimo indispensabile di gas sul fornello; e portando in tavola, nonostante tutto, una portata nutriente, tanto da poter fungere da primo e secondo insieme (quel che si dice, insomma, un piatto unico). Tutte necessità che, di certo, hanno accompagnato piuttosto a lungo la vita di molti nuclei familiari italiani, fin dall’unità del Paese; ma che, altrettanto certamente, devono essere state più stringenti nel corso degli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale: ed è appunto a quel periodo che si tende a far risalire la “codifica” di questa preparazione, tanto semplice e veloce quanto (appunto) ricca di energia e di gusto.
POCHI INGREDIENTI, GRANDE RISULTATO
Il piatto si prepara in poche semplici mosse. Primo passo: mettere a cuocere la pasta in pentola (spaghetti, in questo caso: come da letteratura dominante), salando l’acqua senza esagerare. Seconda manovra: preparare delle uova al tegame (quest’ultimo già lubrificato con due riccioli di burro sciolti sulla fiamma), interrompendone la cottura quando l’albume è ormai ben rassodato mentre il tuorlo si mantiene ancora in parte fluido. Terzo: scolare gli spaghetti, sistemarli in una zuppiera, deporvi le uova, stendere una generosa spolverata di Parmigiano Reggiano (o, volendo, altro formaggio da grattugia). Quarto: aggiungere facoltativamente del pepe; e, sempre, a discrezione, mescolare il tutto o al contrario lasciare le intatte le uova, a titolo di guarnitura più decorativa. Risultato? Un boccone di consistenza leggera; di densità sensoriale, al contrario, quantomeno medio-elevata; di discreto equipaggiamento sia in grassi sia in carboidrati; di tendenza gustativa dolce-sapida (con l’eventuale puntura piccante di cui si è detto); di orientamento olfattivo dettato in prevalenza dal formaggio, ma senza trascurare l’apporto (talvolta divisivo) dell’uovo. Insomma: la ricetta sarà pure povera, ma i parametri da considerare in abbinamento non sono pochi. Ecco di seguito tre soluzioni per il possibile “matrimonio in tavola” con la birra…
CON LA DUNKELWEIZEN
Il primo binomio è in salsa italo-tedesca. La convocazione scatta infatti per la “Urweisse” di casa “Ayinger” (Aying, Baviera): una Dunkelweizen secondo alcuni, una sottotipologia a sé stante per altri. Di fatto, rispetto al canovaccio delle “scure al frumento”, qui la livrea è decisamente sul limite basso della fascia cromatica assegnata per convenzione alla categoria. Una livrea le cui tinte ambrate anticipano tostature (biscotto, nocciola) ben riprese dagli esiti, analoghi, dei processi di cottura (su uova e burro) e di riscaldamento (sul formaggio) implicati dal piatto; dunque, sul piano olfattivo, abbiamo già un primo momento di collimazione: positivo, a prescindere da una certa tendenza prevaricante manifestata dalla birra con le sue esuberanze fruttate (banana) e speziate (chiodo di garofano). Quanto al carico lipidico della pasta, fluidificarlo e renderlo assimilabile non costituisce un problema per l’arzilla acidulità e per la briosa carbonazione della sorsata, peraltro sostenute da un valore alcolico registrato su quota 5,8%. Mentre, sotto il profilo gustativo, una bevuta sostanzialmente priva di contenuti amaricanti combacia in modo più agevole (secondo il meccanismo del contrasto armonico) con le incursioni sapido-piccanti del boccone
CON LA BELGIAN BLOND ALE
Si cambia registro: sul “quadrato” sale una Belgian Blond. È la “Teresa” del “Birrificio di Legnano”, dorata da 6 gradi alcolici, che con il suo impianto gustativo, di nuovo morbido e esente da amaricature significative, replica il risultato messo agli atti già col primo abbinamento. In linea con quello della precedente è anche il comportamento di questa seconda bevuta in ordine ai compiti di scioglimento della materia grassa e di rinfrescamento del cavo palatale: ché, sebbene stavolta venga meno l’acidulità, questo piccolo passo indietro è compensato, nelle funzioni di gestione lipidica, dal leggero incremento della gittata alcolica. Infine le interrelazioni olfattive: escono di scena le tostature positivamente apprezzate con la “Urweisse”, ma ad avvicendarle sono alcuni toni speziati (coriandolo, pepe bianco, noce moscata) capaci di stabilire a loro volta un buon dialogo con la stessa componente pepata ammissibile nella ricetta degli spaghetti.
CON LA OLD ALE
Dopo Germania e Belgio, chiudiamo la mini-panoramica sulle grandi scuole brassicole europee, con una puntata in Gran Bretagna. Ad accompagnarci, la Old Ale (in una versione senza ossidazioni né acidificazioni) della scuderia “Theakstone” (a Masham, nel North Yorkshire): ovvero la “Old Peculier”. Una bevuta che, a sua volta, rinuncia ad amaricature di reale rilievo: anzi, la sua sagoma tornita e il finale rotondo ancora una volta assecondano, evitando frizioni, la spinta sapido-piccante degli spaghetti. Mentre nel bicchiere tornano a farsi sentire – anzi lo fanno in misura maggiore: come lasciato intendere dal colore bruno di questa “pinta” – quelle tematiche tostate (nella fattispecie, ora, della noce e della calotta di dolce da forno) che abbiamo già visto in azione, e con risultati fortunati, nel mettere alla prova la “Urweisse”. Quanto al “corpo a corpo” con la frazione grassa del boccone, questa terza birra è forse quella che, in tal senso, fa un po’ più di fatica: ma neanche tanta, alla fine, ché i suoi 5.6 gradi alcolici e la leggera acidulità apportata dai suoi malti scuri (gli stessi che ne determinano la qualità cromatica), al tirar delle somme, riescono comunque a portare a casa la missione di riordino e di alleggerimento del palato…
BRAUEREI AYINGER
Münchener Strasse, 21 – Aying (Baviera, Germania)
T. 0049 (0) 8095-880
www.ayinger.de
info@ayinger-bier.de
BIRRIFICIO DI LEGNANO
corso Garibaldi, 134 – Legnano (Milano)
T. 344 2072860
info@birrificiodilegnano.it
www.birrificiodilegnano.it
THEAKSTONE BREWERY
The Brewery, Masham (North Yorkshire, Inghilterra, Gran Bretagna)
T. 0044 (0) 1765 680000
info@theakstons.co.uk
www.theakstons.co.uk