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Birra della settimana

Racconti di birre e pizze – Bufala, salsiccia e broccoli e… tre pinte per non sbagliare

28 Aprile 2024
Pizza bufala, salsiccia, broccoli Pizza bufala, salsiccia, broccoli

Pizza, anzi, pizze. Molto più corretto; o almeno più sensato. Perché, se pronunciata al singolare, è uno di quelle definizioni i cui confini, a veder bene, si rivelano così dilatati e permeabili da diventare poco demarcabili: per farla spiccia, la parola può significare non una cosa, ma molte e diverse; troppe, per starci dentro. Al plurale già cambia; ne basta la pronuncia per comunicare l’idea implicita del poter andare in molteplici direzioni: quelle dettate da tutte le variabili in gioco. Ovvero, giusto per fare alcuni esempi, la natura dell’impasto, le scelte di chi lo prepara, la peculiarità della farcitura con le sue componenti, le modalità di cottura. La pizza, insomma – pur essendo, di base, una focaccia di farina e acqua con su una guarnitura – assume tante personalità sensoriali differenti quante sono le possibili declinazioni del suo paradigma di base. Oggi ne mettiamo sotto la “lente” una dal temperamento decisamente grintoso: con pomodoro, salsiccia, broccoli e Mozzarella di bufala (specialità a marchio Dop, denominazione d’origine protetta).

UN GUSTO VERACE
Un’interpretazione, quella di cui stiamo parlando, dal carattere deciso e “agropastorale”. Perché ci sono ingredienti provenienti sia dall’orto (pomodoro e broccoli) sia dalla stalla: la materia suina (proteine e grassi) lavorata in insaccato; e il latte da cui si ottiene il pregiato formaggio a pasta filata utilizzato nella fattispecie: tra i fiori all’occhiello della tradizione casearia campana. Quale il temperamento sensoriale di questa pizza? Vediamo come sintetizzarlo. La consistenza al dente è variegata e comunque nel complesso agevole alla masticazione; la densità sensoriale (compendio di intensità, persistenza e complessità) è chiaramente elevata; il contenuto in grassi risulta non trascurabile (teniamo conto che la Bufala, di per sé, sta sul 24,5% circa); il profumo, articolato, allinea note carnee, erbaceo-vegetali, speziate (conferite dalla salsiccia e dall’uso di pepe in preparazione), lattee di tipo evoluto (burro ad esempio) e ovvie sensazioni tostate conferite dai processi di cottura; la condotta gustativa, infine, su un sottofondo di dolcezza da carboidrati e (di nuovo) da latte, intona importanti acuti di timbro sapido, acidulo e piccante.

ABBINAMENTO: LE REGOLE D’INGAGGIO
Nello scegliere le birre candidate all’accompagnamento in tavola, è prudente partire dall’ultimo punto tra quelli appena esposti. Laddove ci siano livelli sensibili di acidulo, sapido e piccante, è bene tenersi lontani da prodotti contrassegnati da amaricature pronunciate: optando, al contrario, per una sorsata morbida, se non addirittura abboccata o amabile. Poi occorrono adeguate funzioni di gestione, e fluidificazione, della frazione grassa: acidulità o acidità vera e propria, bollicina, alcol, eventuale tannicità (requisiti accettabili singolarmente o, meglio, in combinazione). Infine le relazioni olfattive: e qui sarà sensato cercare una bevuta dotata di aromi quanto più consanguinei con quelli della pizza; senza trascurare che, laddove qualcuno trovi poco gradevoli la natura solforata delle odorosità tipicamente espresse dal broccolo, al “bicchiere” si dovrebbe chiedere, di nuovo, un taglio lievemente acidulo, atto a smorzare l’insistenza delle profumazioni manifestate dal nostro ortaggio. In base a tale premessa, ecco tre concrete prove di abbinamento.

CON LA BLANCHE
Avvio al piccolo trotto: in pista scende una Blanche, per l’esattezza quella firmata (a Cornuda, nel Trevigiano) dal marchio “La Rü” e battezzata “Thymus”. Nomen omen, si tratta di un’interpretazione di Witbier caratterizzata dall’impiego, in speziatura, non solo del canonico binomio buccia d’arancia e coriandolo, ma anche di bergamotto in scorze e timo selvatico. Di colore paglierino carico e omogeneamente velato, la birra, con la sua vibrante dorsale acidula (supportata dai 5.8 gradi alcolici) e la sua chiusura asciutta ma priva d’amaro, rispetta già tre dei requisiti elencati nel paragrafo precedente; in più mette in campo profumi fortemente campestri e mediterranei (acacia, artemisia, pepe e chiodo di garofano oltre a quelli degli ingredienti in aggiunta diretta), che, pur non ricalcando in copia carbone quelli orticoli della pizza (broccolo, pomodoro), si affiancano loro nell’evocare “compagini” di aromi da condimento ben consolidate nelle consuetudini del consumatore italiano: si pensi ad esempio alla vicinanza tra lo stesso timo e l’origano, quest’ultimo assai spesso presente nelle guarniture da pizza.

CON LA SAISON
Dal profondo nord al (quasi) estremo sud, si atterra a Reggio Calabria. Dove gli impianti di “Funky Drop” producono, tra le altre, la “Prsdè”, una dorata Saison da 6.5%, a sua volta di taglio acidulo e sostanzialmente privi di amaricature: il che replica, nell’approccio al piatto, i risultati ottenuto dalla “Thymus”. Anzi, c’è da annotare una piccola nota migliorativa: ché la superiore spinta etilica e una carbonazione più frizzante, lavorano ai fianchi con ancora maggiore efficacia la materia grassa della pizza. Quanto alle relazioni olfattive, il contesto generale in cui ci si muove (non coincidenza, ma familiarità anche “psicologica”), non varia, rispetto al primo giro di giostra, sebbene cambino i tasselli specifici del mosaico: la birra, infatti (essa stessa aromatizzata con scorze di bergamotto e includente segale nell’impasto), genera profumi più orientati all’agrume (sebbene non manchino note da fiori di sambuco, peperone e pepe); e in questo senso tutto funziona, certamente: eppure bisogna riconoscere che l’effetto “pizza-origano” innescatosi con l’abbinamento precedente viene un po’ a mancare…

CON LA ITALIAN GRAPE ALE
Si cambia completamente registro con l’ultimo “duetto”: che vede salire sul quadrato un’Italian Grape Ale. Si tratta della “Insolita” targata “Birra Perugia” (a Pontenuovo di Torgiano, appunto nella provincia del capoluogo umbro): fermentata senza inoculo, bensì con i soli lieviti residenti sulla buccia degli acini di Trebbiano Spoletino; i quali, pressati, consegnano il mosto d’uva destinato ad aggiungersi a quello di cereali nel costituire la base carboidratica da cui trae vita la birra. Una birra ovviamente dal taglio olfattivo selvatico (on impressioni di cuoio, medicinale, pelliccia animale e buccia di salame…); e dal gusto ben acido (con tratti lattici e anche acetici): di nuovo, però, immune da amaricature effettive; e dunque (accettandone la rusticità), tale da rispettare quelle regole d’ingaggio che abbiamo assunto come indirizzo operativo. Certo, il “naso” del bicchiere tende a prevaricare quello della pizza: eppure alla sorsata non mancano elementi (il pepe, la stessa sensazione di aceto di mele, talvolta usato in insalata con pomodoro e broccoli) tali da ricreare, con gli aromi del boccone, certe sensazioni di “familiarità”, così come accaduto, con esiti positivi, nelle prime due prove di abbinamento…

BIRRA LA RÜ
Via Bosco del Fagarè, 4 – Cornuda (Treviso)
T. 0423 839762
www.birralaru.it
info@birralaru.it

BIRRIFICIO FUNKY DROP
Via Nazionale S Gregorio, 89 – Reggio Calabria
T. 393 2988880
info@funkydrop.it
www.funkydrop.it

BIRRA PERUGIA
Via Tiberina, 20 – località Pontenuovo, Torgiano (Perugia)
T. 075 9888096
info@birraperugia.it
birraperugia.it