Ci orienta oggi verso il Centro Italia, in particolare verso la costa adriatica, il “navigatore” che guida idealmente “Le birre dell’anima”: la “galleria di ritratti” dedicati da “Cronache di gusto” a quei prodotti che, nel pensiero dei rispettivi creatori, occupano un posto speciale, per ragioni magari prettamente affettive o invece legate, più in generale, alla rispettiva vicenda professionale. Ebbene, la nostra rubrica ci porta questa volta a Loreto Aprutino, nel Pescarese: dove Jurij Ferri – fondatore, titolare e responsabile in sala cotte del marchio “Almond 22”, in pista dal 2003 – ci racconta la storia e il significato che, nel suo percorso da imprenditore brassicolo, ha avuto l’intramontabile “Pink Ipa”, un’American Pale Ale da 6 gradi e 3, speziata con pepe rosa.
INNOVATIVA, ESPERIENZIALE
“I motivi per cui mi identifico con la Pink IPA”, spiega, “sono molteplici. Primo, il fatto che, al momento del suo debutto, nel 2009, ha rappresentato un prodotto innovativo. In giro, di American Pale Ale e di American IPA, non ce n’erano molte: a lavorare con luppoli nuovomondisti, sul mercato italiano, si cominciava giusto allora. E io mi sono lanciato, affiancando a una varietà tradizionale come lo Hallertau Saphir, due cultivar modernisti come lo statunitense Simcoe e il neozelandese Nelson Sauvin. Secondo aspetto che mi lega a questa ricetta, la scelta di farvi coabitare il ruolo degli stessi luppoli con quelli di una speziatura: affidata, in particolare, al cosiddetto ‘pepe rosa’; i cui granelli, in realtà, non sono quelli di un pepe in senso precipuamente botanico, bensì le bacche di una pianta di origine sudamericana, lo ‘Schinus molle’. A prescindere dalla classificazione, si tratta comunque di un ingrediente che, anche da noi, conosciamo discretamente. E che mi rappresenta bene: per la mia attitudine a pensare la birra come non del tutto incasellabile in scomparti stilistici, ritenendo prioritario l’estro del suo ideatore; e perché, nel caso di specie, ho ‘travasato’ in quel processo creativo la mia passione per la cucina. In virtù della quale trovavo sensato abbinare le resinosità tipiche appunto del pepe rosa con le sensazioni di frutta esotica (ananas, mango, uva spina) apportate dal Simcoe e dal Nelson Sauvin: quest’ultimo così battezzato per la somiglianza olfattiva con un vino come il Sauvignon Blanc, ricco di note mercaptaniche, un tempo definite da ‘pipì di gatto’ e oggi, più garbatamente, da ‘bosso’ in fiore”.
ICONICA, SEMPREVERDE
“Ebbene, quella mia idea”, prosegue Jurij, “si rivelò fortunata. Infatti (e questi sono due ulteriori vincoli personali con la Pink IPA) il suo lancio fu immediatamente premiato da un consenso ampio, non solo nel circuito interno, ma anche all’estero, ad esempio negli Usa o in Scandinavia; e negli anni la sua popolarità non è mai venuta meno, tanto che ancor oggi è una tra le più vendute nella nostra gamma, nonché una tra quelle con cui il marchio Almond viene immediatamente associato: insomma è quel che definisce un’etichetta iconica e sempreverde”. Tuttavia, “per completare la lista dei meriti da riconoscere a questa birra manca ancora un altro paio di punti. Tornando alla sua ricetta, è molto importante per me sottolineare che, fin dalla stessa elaborazione, l’obiettivo era quello di proporre una bevuta non estrema, ma al contrario bilanciata: congegnata non per sorprendere il palato a furia di ceffoni, bensì per la capacità di armonizzare i propri argomenti organolettici (benché molto netti). Inoltre c’è da evidenziare l’opzione specifica della combinazione luppolo-pepe; in tal senso infatti quel progetto varato nel 2009 ha segnato, per Almond, l’avvio di un filone: che ha trovato prosecuzione, nel 2020, con la Sichuan IPA, una birra trattata in dry-hopping con gettate di Calypso e, nomen omen, pepe di Sichuan”.
AL BANCO D’ASSAGGIO
Basata su un mosto ottenuto da malti Pils, Cara Hell e Vienna, la Pink IPA presenta, in mescita, un luminoso colore ambrato, un aspetto di lieve velatura e una bella torretta di schiuma avorio. Al naso, la selezione dei cereali consegna un elegante bordone di biscotto e caramello, sul quale si snoda lo spartito della frutta esotica e delle resine (con le note specifiche di cui si è detto), alle quali si aggiungono fresche agrumature da pompelmo. Nel sorseggio, poi, la corsa palatale è veloce, risoluta: grazie a una corporatura agile e a una carbonazione vivace; a una gradazione non irrilevante ma gestita in modo da evitare risvolti di eccessivo calore; a una vena d’amaro che si rivela esattamente come la si era pensata, cioè tanto nitida quanto bilanciata.
ABBINAMENTO, ANZI ABBINAMENTI
In tavola, è assodato, anche una IPA ben si sposa con un dessert su misura: in primis un cheesecake che, con la sua componente grassa, attenui al minimo le eventuali esuberanze dell’amaro nella birra; e che, con la guarnitura, riprenda le dominanti olfattive della pinta. D’altra parte, applicando simili regole d’ingaggio, ci si può ‘giocare la partita’ anche sul fronte del salato: puntando ad esempio su un tortino di frutta esotica, cocco (con la sua dolcezza) e crema di avocado (con la sua frazione lipidica). Nella dimensione degli abbinamenti immateriali, il pensiero corre a una vacanza baciata dalla freschezza dell’estate e del mare; magari in un contesto di cucina essa stessa speziata: Calabria? Bingo! Mentre immaginando di sorseggiare la “Pink” di fronte alle sequenze di un film, ci piace – sfruttando sempre l’aggancio con le spezie – suggerire la visione di una delicata commedia sentimentale (e non solo) di produzione francese: “Amore, cucina e curry”…
BIRRIFICIO ALMOND 22
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