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Birra della settimana

Le birre affumicate, una tradizione tutta da scoprire – Parte 2

26 Maggio 2024
La birra affumicata, anzi, le birre affumicate La birra affumicata, anzi, le birre affumicate

La prima parte (LEGGI QUI>) del nostro itinerario alla scoperta delle birre affumicate ha proposto una batteria di esempi tutti ispirati alla tradizione francone delle Rauchbie; e tutti (tranne uno, in realtà privo di grani speciali) contrassegnati dall’uso, in ammostamento, di malto trattato al fuoco di legna di faggio. Ebbene, stavolta, si cambia musica: nel “capitolo 2” di questo mini-viaggio tematico, ci divertiamo a fare la conoscenza di una serie di ricette (sette per l’esattezza) più variegate e, almeno in parte, più fantasiose…

SO CLINCH DI BONAVENA BREWING
Partenza subito “in impennata”: non nel grado alcolico (siamo a 4.1), ma nel temperamento sensoriale. La “Si Clinch” targata “Bonavena” (Faicchio, Benevento) è infatti una Lichtenhainer, tipologia le cui radici rimandano alla Germania: in particolare al villaggio di Lichtenhain, poco fuori la città di Jena, in Turingia. Le peculiarità? Eccole: l’impasto secco si compone di orzo e frumento maltati, una porzione dei quali (qui il grano) viene trattato in affumicatura; e una volta preparato il mosto, lo si inocula con batteri lattici, per poi bollirlo e infine farlo fermentare con ordinari lieviti da Ales. A valle del processo produttivo, abbiamo una birra dal colore dorato e dall’aspetto velato, sormontata da coroncina di schiuma, anzi, giusto un anello. I profumi ricordano lo yogurt (magro e al limone), la pasta madre, la mela matura e la ricotta affumicata. La condotta palatale è corsaiola, grazie alla corporatura leggera, alla bollicina vivace e alla ficcante dorsale acida (di stampo sia lattico sia citrico) che rinfresca splendidamente il cavo orale.

FLAMING STONE DEL BIRRIFICIO SORIO
Altro giro, altra corsa. Ovvero, altro stile di riferimento: sempre d’ispirazione tedesca, ma basato su una procedura totalmente diversa. Con la “Flaming Stone” il marchio agricolo “Sorio” (Gambellara, Vicenza), si cimenta infatti con la tradizione delle Steinbier, così battezzate in quanto il mosto non viene bollito in senso proprio, ma scottato facendovi affondare pietre precedentemente arroventate al fuoco di legna (di solito faggio). La temperatura (si può arrivare fino ai 1.200 gradi) è tale da far cristallizzare parte dello zucchero presente nella miscela, fissandolo sulla superficie delle pietre stesse: per poi restituirlo alla birra quando, immerse nel tino di fermentazione (qui con lieviti Lager), l’anidride carbonica che vi si sviluppa tumultuosamente riesce ad asportare la sottile patina di caramellatura, amalgamandola alla massa liquida. Risultato? Colore ambrato, aspetto velato e schiuma beige chiara; olfatto improntato a note di caramello, nocciola e miele, ma con un tocco leggero di affumicatura la cui timbrica risulta minerale, come vulcanica; e infine la bevuta: appagante grazie alla pienezza del corpo, ma comunque agile grazie a una carbonazione autorevole, a una gradazione contenuta (5.1) e a un dosato finale di asciutta dolcezza.

MARRON FUMÉ DEL BIRRIFICIO PICOBREW
Per la serie “non esiste la birra affumicata, esistono le birre affumicate”, eccone una che deve la sua connotazione caratteristica non al trattamento dei malti, ma a quello di un ingrediente speciale, utilizzato in aggiunta diretta. La “Marron Fumé” firmata “Picobrew” (Milano) nasce infatti da un mosto nel quale, accanto al cereale, troviamo un 20% di castagne (intere o spezzettate) provenienti da tradizionali essiccatoi a legna ancora funzionanti sui rilievi appenninici tra Liguria e Toscana. La produzione di questa, che stilisticamente è una Chestnut Beer, procede poi con una fermentazione da lieviti Lager e consegna una bevuta equilibrata, piacevole. Il colore è ambrato, l’aspetto pulito, la schiuma beige chiara; il naso guarda al biscotto e alla nocciola, al miele e tipicità pasticcere come i necci; la bocca è bilanciata, offrendo un sorseggio spigliato, grazie alle sue doti di leggerezza – nel corpo come nella gradazione, fissata a 5.3 – e all’effervescenza sorvegliata, che accompagna un diligente finale dolceamaro.

GRABOVIA di BIRRIFICIO DEL CATRIA
Ulteriore variazione stilistica in scena, con il nostro quarto assaggio. Che ha come protagonista la “Grabovia” prodotta dal “Birrificio del Catria”, a Cantiano (in provincia di Pesaro e Urbino): al secolo, una Imperial Stout in versione “smoked”, grazie all’aggiunta, in miscela secca, di una piccola percentuale di malto “peated”, ovvero affumicato al fuoco di torba, secondo la consuetudine prevalente fra Bretagna, Normandia, Irlanda e Regno Unito. Il colore della massa liquida è un ebano pressoché impenetrabile; quello della schiuma, densa e torreggiante, ricorda il guscio di noce. E pure frutta secca abbiamo al naso: mandorla e noce stessa (anche sotto forma di liquore), accanto a una bella liquirizia, alle ovvie torrefazioni (caffè espresso, orzo in tazza, cacao) e all’altrettanto atteso tocco d’affumicatura, orientato in questo caso a impressioni da whisky. Uno spartito sensoriale che troviamo anche al sorseggio, a tinteggiare una bevuta piena, appagante, avvolgente e calda: da condurre a piccoli sorsi, ma mai stancante, grazie alla bollicina soffice e al dosato bilanciamento dolceamaro della chiusura.

WEICHSEL DELLA BRAUEREI SCHLENKERLA
Torniamo, con gli ultimi tre assaggi della serie, su un binario più consueto; quello delle affumicatura apportate da malti trattati a fuoco di legname: il quale però, in ciascuna delle prossime birre, tutte a marchio “Schlenkerla” (noto produttore tedesco di stampo “rauch” con sede a Bamberga, in Franconia), vede variare la propria natura botanica. Si parte, ad esempio, con ciocchi di ciliegio: utilizzati per la preparazione del malto che, in quota del 100% sull’impasto secco, dà vita alla “Weichsel”. Nome che letteralmente significa appunto “amarena” (in effetti ricorda il termine “visciola”): e che quindi allude in modo esplicito a uno tra gli aspetti peculiari della propria ricetta. Una seconda particolarità è rappresentata poi dalla tipologia di partenza: quella delle Rotbier, specialità di Norimberga che, sotto il profilo sensoriale sta grossomodo a metà strada tra una Vienna (di cui riprende la leggerezza nel corpo e nella gradazione) e una Märzen (alla quale si conforma per il finale più morbido e meno amaro). Una serie di premesse dalle quali, in questo caso, discende una massa liquida dal colore ramato e dall’aspetto limpido; la cui schiuma beige, diradandosi, consegna aromi da gastronomia bavarese (pane di segale con formaggio Bruder Basil) e pasticceria casalinga (biscotto, caramello, vaniglia, noce moscata, nonché la stessa amarena); mentre la bevuta regala il piacere di un’alta densità sensoriale a basso “prezzo etilico”, visto che siamo appena al 4.6%, con il pregio di un’estrema facilità di fruizione, in grazia della struttura fine e della bollicina serrata, ma mai eccessiva.

ERLE DELLA BRAUEREI SCHLENKERLA
Altra etichetta didascalica è la “Erle”: nome che traduce il nostro “ontano” e che, di nuovo, indica l’albero da cui proviene il materiale combustibile impiegato nel trattamento dei malti utilizzati (sempre al 100% della miscela) per produrre questa birra. Diverso anche lo stile di partenza: stavolta una Schwarzbier della tradizione turingia. E dunque il colore è un ebano profondo, dai riflessi mogano, dall’aspetto pulito e dalla schiuma nocciola; mentre i profumi ricordano la matita, il tabacco, ma soprattutto il caffè espresso, l’orzo in tazza, la polvere di cacao e di tè nero affumicato; la sorsata, poi, è estremamente fluida, in virtù del corpo leggero, della carbonazione gentile, della gradazione contenuta (4.2) e di un finale la cui nervatura amara risulta morbida e per niente spigolosa.

EICHE DELLA BRAUEREI SCHLENKERLA
Non cambia la logica con cui s’impartisce il battesimo anche a questa “Eiche”: ovvero “oak” in inglese e, quindi, “quercia” o “rovere” in italiano. Il riferimento è evidentemente al tipo di legna di cui ci si avvale per il trattamento del malto che viene utilizzato, di nuovo al 100% dell’impasto, per la messa in opera della ricetta. La quale, a sua volta, prende le mosse da una base stilistica differente dalle precedenti: quella delle Doppelbock. Non a caso si tratta di un’etichetta stagionale: rilasciata solo in inverno, dopo una lunghissima lagerizzazione in cantina (fino a 4 anni, riporta il sito della “Schlenkerla”), alla temperatura controllata di 8 gradi centigradi. Il distillato di tanta pazienza è un bicchiere dal colore bronzeo e dall’aspetto pulito, bordato di densa schiuma beige; i cui profumi evocano l’opulenza del miele di castagno, dei fichi disidratati, delle noci tostate, del caramello brunito, della scamorza e dei kaminwurst; il tutto ad anticipare una bevuta avvolgente (il corpo è pieno, la bollicina setosa) e volutamente calda (la gradazione è dell’8.8%), progettata ad hoc per stiepidire i rigori dei mesi più freddi.

BONAVENA BREWING
Località Selva, Faicchio (Benevento)
info@bonavena.it
www.bonavena.it

BIRRIFICIO SORIO
Contrà Biancara 20 – Gambellara (Vicenza)
T. 339 8647350; 348 2357240
info@birrificioagricolosorio.it
www.birrificioagricolosorio.it

BIRRIFICIO PICOBREW
Alzaia Naviglio Grande, 22 – Milano
T. 338 4139011
info.picobrew@gmail.com
www.picobrew.it

BIRRIFICIO DEL CATRIA
Via Fossato 5/A – Cantiano 61044 (Pesaro e Urbino)
T. 348 3968565
info@birradelcatria.com
www.birradelcatria.com

BRAUEREI SCHLENKERLA
Dominikanerstrasse 6 – Bamberga (Baviera, Germania)
T. 0049 951 56060
service@schlenkerla.de
www.schlenkerla.de