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Birra della settimana

La “Ybloz” del birrificio Yblon e di Foz

28 Luglio 2024
La Ybloz, la birra di pane La Ybloz, la birra di pane

No, non sarà certo la prima volta che il lettore sente parlare della birra come “pane liquido”. Basta aver orecchiato un po’ di storia per aver appreso come le prime “pinte” venissero prodotte appunto ammollando gallette di cereali vari e diversi: tanto che, tra i Sumeri, due dei nomi assegnati alla birra erano “bappir” (ovvero “pane d’orzo cotto due volte”) e “sikaru” (appunto “pane liquido”). Insomma, l’allegoria attorno alla quale stiamo svolazzando non è una novità. Né lo è, una novità assoluta, l’idea di tornare, oggi, a questa tecnica di brassaggio ancestrale, al fine di cogliere un obiettivo virtuoso, e di grande valore sociale, come l’uso di un avanzo alimentare (sfilatini, baguette e quant’altro) altrimenti destinato al macero: si tratta infatti di un’iniziativa già in passato messa in atto, un po’ qua e un po’ là, in diversi angoli del nostro Paese, del continente e del pianeta. In questo caso, però, su questo concetto di base (appunto il fare birra con pane avanzato) s’innesta un doppio valore aggiunto. Perché il progetto che qui raccontiamo include una precisa consapevolezza stilistica (proporre una bevuta acidula e sapida… simile a una Gose tedesca); e perché l’intenzione è quella di proseguire stabilmente il percorso intrapreso, focalizzando ancor meglio proprio questo tipo di richiamo tipologico (aggiungendo magari frutta). Insomma, a naso, siamo di fronte al primo capitolo di quella che si candida a essere una bella storia; una gran bella storia: e vale la pena di seguirla insieme.

IL PROGETTO YBLOZ
Partiamo dal principio. La cornice – l’ambientazione, volendo attingere al frasario della letteratura – è quella della città, splendida, di Ragusa. Il nome del progetto (e della birra che ne è il fulcro), ovvero “Ybloz”, fonde in sé quelli dei due soggetti ideatori. Quali? Uno è il marchio microbrassicolo “Yblon”; l’altro è uno dei suoi vicini di casa (le saracinesche stanno a 20 metri!), cioè “Foz”, acronimo di “Fermento Officina Zero”, un vero e proprio polo di servizi ruotanti attorno alla panificazione: intesa, in particolare, secondo un’accezione fortemente etica, incentrata sulla comunità locale, sul principio dell’alimentazione sana, sulla salubrità delle materie prime, sull’impiego di cereali autoctoni. Insomma, due realtà le cui rispettive “filosofie” hanno tanti punti in comune: e che erano perciò destinate ad “annusarsi”, a incontrarsi. E così è stato: Marco Gianino coi suoi fermentatori; Davide Cicciarella con i suoi forni (gestiti in squadra insieme al fratello Claudio e al figlio Andrea. “La nostra birra ‘di pane avanzato’ – dicono – incarna una visione condivisa. Disfarsi di un prodotto alimentare non solo è peccato e un gesto che ‘pesa’ sul piano umano, ma implica anche un impatto sotto il profilo ambientale. Ecco, recuperando le giacenze vogliamo compiere un’azione forse piccola, ma importante nel tracciare una strada che può essere seguita da altri: e se a percorrerla si è in tanti, quella strada può davvero contribuire a un cambiamento”.

LA RICETTA
Passiamo alle specifiche della birra. Il pane di recupero – prodotto con grani antichi – viene utilizzato nel tino di miscela, integrando, al 30%, un restante 70% di solo malto Pils. Esito di questo assemblaggio, un mosto che reca in sé il lascito dell’ingrediente “ospite”: un certo contenuto proteico (apportato dal frumento), che si traduce, nel bicchiere, in ovvie velature; una frazione di zuccheri caramellati (nell’infornamento), che conferiranno qualche tono di colore e il loro aroma tipico; una pizzico di sapidità (peculiarità dell’impasto FOZ) e una di acidità (ché la fermentazione di quell’impasto è affidata naturalmente a lievito madre). Quanto alla bollitura, il procedimento è in questo caso quello ordinario: con gettate di luppolo Mittelfrüh sia in amaro (col bilancino, proprio per non urtare l’appena citata acidità) sia in aroma (sempre in dosi vigilatissime, per lasciar “parlare” soprattutto i cereali). Infine la fermentazione, che vede in scena un protagonista, di nuovo, meno convenzionale: ovvero un ceppo di kveik (in questo caso una varietà neutra, in termini organolettici), fatto lavorare attorno ai 28 gradi centigradi.

L’ASSAGGIO
Ed eccoci alla prova del bancone. In mescita il colore è un oro antico, l’aspetto (prevedibilmente) velato, fin dai primi colpi di servizio, la schiuma (bianca e a grana media) risulta di buona copiosità, benché di non chilometrica persistenza. Il naso manifesta una decisa matrice panificata (da pasta madre, quasi superfluo dirlo), ma anche una fresca allusione allo yogurt magro, nonché un’incisiva vibrazione minerale, alla quale s’intrecciano suggestioni di timbro agrumato (limone) e floreale (caprifoglio, ad esempio). Insomma, uno spartito molto ventilato ed estivo, anticipatore di una sorsata perfettamente in linea con tali premesse: gradazione morigerata (siamo al 5%), corporatura leggera, bollicina pimpante, ficcante dorsale acida di natura lattico-citrica e sapida (mai disturbata da inopportune coabitazioni amaricanti), un finale secco e pulito, di rinfrescante piacevolezza. Pensarla mentre irrora di sé un caprino o un’insalata ai frutti di mare è stato un attimo…

BIRRIFICIO YBLON
Via Arturo di Natale, 6 – Ragusa
T. 0932 1613376
www.yblon.it
info@yblon.it

FOZ, FERMENTO OFFICINA ZERO
Via Paestum, 95 – Ragusa
T. 329 8835846
info@fermentofficinazero.com
www.fermentofficinazero.com