di Simone Cantoni
E pensare che neanche una decina d’anni fa sembravano, da noi almeno, tipologie destinate ormai a essere prodotte più che altro per “esercizio accademico”, pur rappresentando, ciascuna, un grande classico della tradizione britannica.
Eppure, Bitter e le Mild erano due generi, quasi da “manuale di storia della birra”. Le prime decisamente poco praticate perché, a fronte delle fluorescenze dei luppoli americani, erano finite in un cono d’ombra apparentemente interminabile. Le seconde perché – ancora più “soffuse” nel profilo sensoriale – erano divenute davvero rare anche in Patria. Ebbene, nel giro di poco, il panorama è cambiato. Tanto che oggi, nel nostro Paese (anche in virtù di una tendenza generale volta a premiare bevute di bassa gradazione e di facile approccio), quei due stili trovano, sebbene con gradualità, interpretazioni via via più numerose. E interessanti. A dimostrazione di ciò, la selezione di etichette proposta dai birrifici partecipanti all’ultima edizione di “BeeRiver”, rassegna organizzata a Pisa che va in scena, di norma, due volte l’anno: una a ottobre, una in primavera. Ebbene, il primo appuntamento del 2022 si è svolto nel fine settimana dal 6 all’8 maggio scorsi; e ha offerto uno spaccato del forte, ormai consolidato, ritorno d’interesse appunto per l’accoppiata Bitter & Mild. Ecco dunque, il resoconto degli assaggi mirati a quel segmento tipologico.
THE AGE OF MARMOTTA (ANTIKORPO)
Il marchio triestino “Antikorpo” (branca modernista dello storico birrificio Cittavecchia) firma “The age of marmotta”, una Best Bitter da 4 gradi e due, frutto di una ricetta imperniata attorno a questi cardini. In impasto secco malti Pils, Monaco 3, Dark Cara, Roasted e Peated (una manciata); in luppolatura due varietà più “attuali” come Willamette e Styrian Golding; in tino, infine, inoculo di lievito London Ale. Ne esce una massa liquida color rame il cui aspetto, pulito nella trama ottica, è completato da una coroncina di schiuma avorio; mentre i profumi interessano i temi del biscotto e (ma giusto un tocco) del caramello, dell’erba tagliata e delle radici, della mela e del torbato (anche qui, non più di un’idea). La sorsata, poi, si rivela agile: corporatura e bollicina sono infatti leggere; la condotta palatale si presenta rotonda in avvio e asciutta in chiusura; la curva dell’amaricatura pronuncia, sul finale, un acuto secco e ordinato.
GATSBY (LA VILLANA)
Ci spostiamo a occidente, restando comunque nel nord-est: per l’esattezza a Vicenza, la cui piazza ospita l’impianto produttivo de “La Villana”. Da questi fermentatori, accanto a referenze di assortita ispirazione tipologica, esce anche la “Gatsby”, una Strong Bitter (quella di Extra Special, riportata in etichetta è la dicitura alternativa per la sottotipologia) tarata, in taglia etilica, sul valore di 5 gradi e 1. Questi i fondamentali del progetto: in miscela malti Pale, Red, Cara Aroma e Cara Amber, Monaco e di frumento; in luppolatura una scelta di forte impronta modernista: Azacca, Citra, Cascade e Centennial; in tino, per la conversione alcolica del mosto, un ceppo di lievito selezionato da English Ale. Cosa aspettarsi al bancone? Colore ambrato pieno, lievi velature nella trama visiva, una fitta e giustamente dimensionata schiuma avorio. Aromi orientati alle panificazioni (biscotto), alle legnosità (lapis), alle tostature (nocciola, noce), alle delicate agrumature (arancia). Quanto alla bevuta, il corpo è sottile quanto il tenore della carbonazione; l’iter palatale snello già in partenza e ben asciutto sul finale; la corrente di amaricatura incisiva e perentoria.
OSCAR MILD (TORRE MOZZA)
Veneto, si prosegue. A Rovigo troviamo “Torre Mozza” e la sua “Oscar Mild”: una Dark Mild, evidentemente, la cui gradazione non eccede la soglia del 3,8%. Il suo genoma è così composto: di “base” malti Mild, Crystal, Bisquit, Black e d’avena; in bollitura gettate di luppoli di stretta ortodossia britannica, come Fuggles e Target; in fermentazione il timbro (altrettanto tipicamente UK) del lievito US-04. A valle del processo si ha una massa liquida dal colore bruno, dalle lievi velature e dalla fine schiuma nocciola; e una compagine di aromi tesa a raccogliere sensazioni quali calotta di dolce da forno, caramello scuro, frutta in guscio (nocciola) ed essiccata (fichi), rizomi e legno stagionato. È la premessa a una sorsata facile: corporatura e carbonazione risultano sottili, la parabola palatale parte morbida e chiude asciutta, la corsa gustativa termina con un taglio amaro netto e dosato insieme.
BORGNA (FILODILANA)
Dal nord-est al nord-ovest, con fermata ad Avigliana (Torino). Dove, il catalogo della scuderia “Filodilana” include questa “Borgna”, altra Extra Special (alias Strong) Bitter, i cui gradi alcolici si attestano quota 5. La sua lavorazione prevede: in ammostamento malti Pale (Maris Otter), Cara 50, Cara Monaco III più fiocchi d’orzo; in caldaia luppoli East Kent Golding e (giusto un pizzico) Cascade; in fermentazione, inoculo di lievito London III. Ed ecco il risultato alla mescita. Colore ambrato pieno, aspetto lievemente velato, schiuma avorio di proporzionata dimensione; aromi attendibili, con spunti di biscotto e caramello (una venatura appena), miele e prato falciato, fiori freschi (zagara), mela grattugiata e rizomi; sorsata rotonda in partenza e asciutta in chiusura, dalla corporatura leggera, dalla bollicina soffice, dalle amaricature assai levigate.
FUJA (FERMENTO LIBERO)
Si scende in Toscana: ed eccoci a Prato, la “tana” di “Fermento Libero”, marchio che l’Union Jack ce l’ha nel sangue. Non a caso una delle referenze-bandiera è la “Fuja”, essa stessa una Strong Bitter ed essa stessa regolata sui 5 gradi alcolici. La sua gestazione procede attraverso questi passaggi fondamentali: in miscela malti Pale (Maris Otter) e Crystal, più un pugno di Carafa III (decorticato); in caldaia solo East Kent Golding, sia in amaro sia in aroma; in tino l’impiego di lievito Liberty Bell (della Mangrove Jack’s). Il tutto a definire un identikit del genere… Colore ambrato pieno, trama ottica velata, schiuma avorio; profumi identitari da mela (con la sua buccia), nocciola e piccoli frutti rossi, corteccia e matita con accenni di tabacco; una bevuta agevole, grazie al corpo fluido e alla bollicina fine, nonché alla condotta palatale snella già in fase di lancio e secca in atterraggio, segnata qui da un taglio amaricante legnoso e incisivo.
AMERICAN TEA (RADICAL BREWERY)
Ulteriore passaggio entro i confini del Granducato, con tappa a Porcari (Lucca): nelle cui campagne “Radical Brewery” non solo birrifica, ma autoproduce parte delle proprie materie prime. Una delle etichette sfornate fin dalla prima ora è proprio la “American tea”: una Bitter da 5 gradi, disallineata rispetto all’ortodossia di genere e volutamente “a stelle e strisce”, tanto da optare per una luppolatura che prevede l’impiego di varietà continentali in caldaia (Perle in amaro, Golding e Fuggle in aroma), ma con il supplemento dello statunitense Cascade in dry hopping. Il colore è ambrato, l’aspetto pulito, la schiuma è avorio nella tinteggiatura e sostanziosa nella dimensione; l’arco olfattivo unisce caramello, biscotto, rizomi e agrumi (arancia in specie); la corsa palatale, poggiante sulle basi di una corporatura leggera e di una carbonazione dosata, si sviluppa seguendo una parabola amaricante risoluta ed equilibrata insieme.
HANG UP (ALTOTEVERE)
Non più Toscana, ma per poco: tre chilometri al di là del confine, a San Giustino (Perugia), sventolano le insegne del birrificio “Altotevere”. Dalla cui sala cotte esce, tra l’altro, la “Hang up”, una Best Bitter (4.3 la gradazione) prodotta con malti Extra Pale, Crystal Light, Black più orzo in fiocchi; luppoli britannici delle varietà challenger e Bramling Cross; lievito selezionato London III. Alla prova di servizio, la pinta si colora di una tinta ambrata chiara, lievissimamente velata e guarnita da una sottile bordatura di schiuma avorio; le narici colgono impressioni da crosta di pane a medio infornamento, granella di biscotto e di nocciola, scaglie di corteccia e rizomi, mela e tè alla pesca; mentre la bocca riceve una sorsata tesa e filante, dalla corporatura e dall’effervescenza entrambe leggere, dallo svolgimento palatale snello in avvio e secco in chiusura, dall’amaricatura nitida e ficcante.
ECBERT (SHIRE)
Ancora una Best Bitter, la “Ecbert” (4 gradi), ci accompagna nel varcare la porta che introduce in casa “Shire” (Pomezia, Roma). La ricetta recita: malti Pale (Maris Otter), Pale Chocolate, Dark e Pale Crystal; luppoli ultra-tradizionalisti quali Ekg e Fuggle; lievito selezionato London Esb. Ed ecco come, di questi ingredienti, si concretizza l’amalgama… Colore ambrato, leggera velatura della massa liquida, fine stratificazione di schiuma avorio; profumi caratteristici con evocazioni di biscotto, mela grattugiata, radice di liquirizia e matita; corpo smilzo e bollicina garbata, iter palatale snello già in avvio e secco sul finale, dorsale di amaricantura incisiva ma non tagliente.
MACCLESFIELD (SHIRE)
Ed è un doppio assaggio targato “Shire” a chiudere la nostra carrellata: quello della Dark Mild della scuderia, la “Macclesfield”, una bevuta a tasso alcolico decisamente ribassato, giacché il contatore si ferma a quota 3,5%. A monte di ciò, un protocollo di elaborazione così articolato: in miscela malti Mild, Pale, Pale Chocolate, Dark e Pale Crystal; in caldaia gettate di solo luppolo Fuggle; in tino inoculo di lievito London III. Il tutto a costruire una personalità sensoriale che si presenta, all’occhio, con un colore bruno intenso, un aspetto dosatamente velato, una sottile schiuma beige; che si esprime, al naso, con aromi di panificato (biscotto), frutta in guscio (noce, nocciola), caramello scuro e indizi di disidratazione (fico); che prosegue infine, al sorso, la propria argomentazione con una bevuta agile: corporatura e bollicina sottili, condotta palatale snella in principio e secca in chiusura, un amaro di timbro ligneo tanto diffuso quanto dosato.
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