di Simone Cantoni
Ammicca alle origini intrecciate (inestricabili) di due tipologie gemelle come Porter e Stout una tra le referenze più rappresentative del marchio artigianale “Badalà”, attivo dal 2014 sulla piazza di Montemurlo, in provincia di Prato.
La birra in questione si chiama, evocativamente, “Storter”: appunto una fusione tra i nomi delle due designazioni stilistiche di riferimento; in concreto, una scura di certificato Dna sensoriale britannico, torrefatta e morbida insieme, grazie (anche) ai suoi 7 gradi alcolici. Ecco, una di quelle bevute con, nella manica, l’asso giusto per far ricredere quel consumatore che, di fronte a pinte di tal colore (un ebano prossimo al nero vero e proprio), si lasciano frenare dal timore presagito di una sorsata “un po’ troppo amara” o “un po’ troppo affilata” o “un po’ troppo astringente”… Insomma, “un po’ troppo”. Ebbene, nel caso di specie, non sono stati (e non saranno) pochi a ricredersi, sorprendendosi per come una massa liquida d’aspetto così tenebroso possa invece rivelare aspetti di apprezzabile rotondità. A questa etichetta “made in Toscana” dedichiamo dunque la puntata odierna di “Una per tutto, tutto per una”: la nostra galleria contenente, a cadenza grossomodo mensile, le “fotografie” di singole birre, delle quali ci divertiamo, in particolare, a esplorare le potenzialità in ordine agli abbinamenti in tavola.
STORTER: IL RITRATTO
Classificabile oggi (per quanti, come chi scrive, non sfuggano al bisogno di “etichettare”) nei termini di una “Robust Porter”, la sua ricetta, in realtà, non fa altro se non richiamare le prime edizioni britanniche di “pinta scura a medio-alto grado alcolico”; edizioni qualificate nel Settecento proprio come “Stout Porter”, locuzione nella quale la voce “Stout” costituisce una versione gergale dell’aggettivo “Strong”: ovvero “forte”, appunto. Al banco di mescita, la nostra birra esibisce – lo si è anticipato – un severo color ebano dalla trama impenetrabile e bordato da un elegante colletto di copiosa (nonché fine) schiuma cappuccino; la stratificazione della quale lascia gradualmente aprirsi un arco olfattivo denso e (come premesso) di timbro torrefatto (con note di cacao, caffè, orzo in tazza), ma anche arricchito da carnosità fruttate (prugna disidratata) e speziate (liquirizia), oltre che da legnosità austere (corteccia, tabacco), tocchi di tostatura (noce) e suggestioni di affumicatura. Ed eccoci all’assaggio: palato avvolgente ma privo di pesantezze (medio-robusto il corpo, vibrante la bolla); caldo ma senza molestie termiche; e imperniato attorno a una costruzione della sorsata che scandisce le tappe di un avvio rotondo, di un centro corsa snello e di un finale asciutto in cui si tocca il punto più elevato di una curva amaricante sempre tenuta alla briglia. In sintesi, una bevuta ruotante attorno a solidi cardini di equilibrio, pur nel netto orientamento sensoriale dettato dalla sua appartenenza tipologica. Ed eccone i risultati di fronte a tre “sfide d’abbinamento”…
CON LA SCAMORZA AFFUMICATA
Per cominciare un antipasto: un crostone al pane di segale e noci, guarnito con scamorza affumicata. Passato in forno a far leggermente sciogliere il formaggio, offre un boccone appetitoso; la cui architettura vede le proprie tostature (quelle apportate dai gherigli, dal cereale-cardine dell’impasto e dalla cottura superficiale del latticino) dialogare con le medesime tendenze manifestate dalla birra; replicando inoltre la medesima dinamica di richiamo olfattivo nel giustapporre le affumicature della scamorza con le impressioni “rauch” avvertibili nel bicchiere; mentre la venatura amaricante di quest’ultimo, già piuttosto contenuta, viene ulteriormente addomesticata dall’alleanza tra oleosità della segale e materia grassa della scamorza (materia grassa, peraltro, diluita a dovere dai 7 gradi alcolici e dalla carbonazione della Storter).
CON IL RISOTTO ALLE PRUGNE
Seconda portata, un primo piatto. Un risotto preparato a partire da un soffritto di cipolla bianca; governandone la cottura con l’aggiunta, via via, di brodo (di carne o vegetale); e completando il tutto con l’aggiunta di prugne disidratate preventivamente tagliate a fettine e rosolate in burro. In questo caso, mentre la corposa massa amidacea del cereale e quella grassa del latticino lavorano (di nuovo), in attenuazione, sull’amaricatura della birra (stavolta avvalendosi anche del contenuto zuccherino garantito dalla frutta essiccata), è proprio quest’ultima a costruire il ponte olfattivo con la piattaforma aromatica della Storter: una piattaforma in cui, come si è visto, il tema della prugna è precisamente ed esplicitamente rappresentato.
CON LA TORTA AL CAFFÈ E MANDORLE
Finale in… scioglievolezza. L’impasto del dessert (uova montate con zucchero; una prima aggiunta di ricotta e caffè; una seconda di farina e lievito) viene infornato con una guarnitura superiore di mandorle in scaglie e un’ulteriore spolverata di zucchero di canna. Se ne ottiene un boccone nel quale latticino e tuorli assicurano quel nucleo lipidico che, insieme alla propria fisiologica e consistente frazione dolce, ancora una volta operano in attenuazione sul patrimonio amaricante della birra; mentre quest’ultima trova nel caffè della torta un elemento di speculare affinità olfattiva, tale da garantire, nella sequenza morso-sorso, quella continuità sensoriale che, assai spesso, è pilastro di abbinamenti… approvati dal gradimento di chi assaggia!
BIRRIFICIO BADALÀ
Via Riva, 58 – Montemurlo (Prato)
T. 329 7942736
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