di Simone Cantoni
Ha senso una definizione come “Birra dell’anima”?
Nel significato di birra che sappia incarnare un aspetto particolare (o generale) relativo al temperamento, alla filosofia, alla storia o anche semplicemente ai gusti di chi la produce? Secondo noi decisamente sì. In ogni gamma abbiamo etichette che, pur essendo “figlie” dei propri genitori al pari di tutte le altre, rivestono un ruolo speciale, una funzione più incisivamente rappresentativa rispetto alla storia della propria “scuderia”. Diamo inizio così, a partire da questo novembre 2021, a una rubrica – dalla cadenza grossomodo mensile, anche se potrà talvolta derogare da tale regola di massima – dedicata, di volta in volta, a quella che potrebbe essere la “birra dell’anima” di un determinato marchio artigianale. La nostra puntata d’esordio pone sotto i riflettori la “Oppale”, firmata dalla squadra veneta di “32 Via dei Birrai”.
IL BIRRIFICIO
Si accendono nel 2006 a Pederobba (Treviso) le insegne di “32 Via dei Birrai”: una fase, quella di “metà tragitto” del primo decennio del secolo, che sarà decisiva nel sospingere il movimento artigianale italiano verso la sua prima vera e propria esplosione numerica, verificatasi in corrispondenza del 2010 e nel corso del periodo immediatamente successivo. A dar vita al progetto sono tre soci: Loreno Michielin (esperto commerciale e responsabile delle vendite, oggi con la fianco Mauro Gajo per il mercato italiano); Alessandro Zilli (ingegnere appassionato di homebrewing, gestore, in azienda, del segmento “ricerca e sviluppo”); Fabiano Toffoli (plenipotenziario in sala cotte e sul fronte del controllo qualitativo). Il loro obiettivo, quello di proporre un modo di bere diverso, in una regione (specchio, in ciò, del Paese intero, peraltro) dedita, sì, al consumo, ma in gran parte a quello di prodotto industriale e di massa; la loro filosofia, quella di combinare gusto e design (forte e meditata l’attenzione alle grafiche), estro e metodo, reggendo dritta la barra del mantenimento di quelle connotazioni che siano identificative della personalità del marchio. Non trascurando – anzi, si tratta di un ulteriore elemento d’intensa caratterizzazione – l’interesse per l’applicazione alla tavola e per il gioco degli abbinamenti gastronomici. Non casuale anche la scelta del “battesimo”; recita infatti il sito del birrificio: “32” è il numero corrispondente alla classe di appartenenza della birra, secondo la classificazione internazionale di Nizza (che indica e categorizza prodotti e servizi. “Via dei birrai” perché a Bruxelles c’è una Rue des Brasseurs. Via – infine – intesa come un percorso: e il cerchio presente nel nostro logo riprende il concetto di eterno movimento verso il divenire, un moto continuo e perpetuo.
LA OPPALE
A rispondere circa il perché la “Oppale” possa essere assunta come “birra dell’anima” parlando di “32 via del Birrai” è Toffoli, il custode del “reparto alchemico”. Trascorse in Belgio (Paese della madre) l’infanzia e una parte dell’adolescenza, dopo i 16 anni Fabiano si è trasferito in Italia: qui ha portato a termine il proprio percorso di studio in agronomia; e, appunto nel 2006, dopo alcune precedenti esperienze nel settore “orzi e luppoli”, si è lanciato nell’avventura che tutt’oggi prosegue accanto ai due soci. “La ‘Oppale’ – spiega –nasce, nel nome, come gioco di parole che unisce i termini ‘Ale’ (ovvero birra ad alta fermentazione), ‘Pale’ (ovvero i prodotto di colore chiaro nella tradizione brassicola britannica) e ‘Hop’ (ovvero ‘luppolo’, in inglese)”. Luppolo il colore verde dei cui fiori fa, non a caso, sfoggio di sé in quest’etichetta come sulla capsula che copre collo e tappo a corona delle bottiglie. “Luppolo ovvero freschezza”, riprende Toffoli. “Un taglio olfattivo nitidamente agrumato, pur senza usare varietà statunitensi, bensì optando per altre provenienze, contrassegnate da maggiore eleganza rispetto alle ‘cultivar’ americane. In questo bicchiere ci sono ricordi che evocano il Belgio e le piantagioni di Poperinge (coi consigli del contadino che mi rifornisce di ‘coni’, esponente di una famiglia alla quarta generazione di coltivatori); il ricordo di bevute della meravigliosa ‘Hommelbier’ della Brasserie Van Eecke (che proprio delle piantagioni di Poperinge è ‘figlia’) o anche della ‘Westvleteren Blonde’, la minore in grado alcolico della gamma trappista di Sint Sixtus; ricordi che evocano il brewpub una volta affacciato sulla piazza di Namur, di fronte alla stazione, e il suo birraio, Serge Deboot (uno dei miei mentori)”.
L’ASSAGGIO
L’idea che sta alla base della “Oppale” è quella di offrire al pubblico una “sorsata quotidiana” nella quale appunto il luppolo garantisca note di scorze (come già evidenziato) e di frutta esotica: sul modello delle IPA nuovomondiste, ma senza essere tale. Colore dorato tenue, lieve velatura e bel coronamento di schiuma bianca, la birra consegna profumi panificati (crosta appena imbiondita), erbacei (prato tagliato), fruttati (pera, melone, maracuja), floreali (tiglio), agrumati (pompelmo), resine boschive; la bevuta, di bollicina viva e di corporatura leggera (come, tutto sommato, la gradazione, ancorata al 5.5%), procede verso un finale asciutto tale da esaltare la nitida nervatura amaricante. Dissetare è la sua vocazione, idratare le ugole la missione e la passione…
ABBINAMENTO, ANZI ABBINAMENTI
Sul “tavolo” degli accostamenti in cucina, non ci sono dubbi: un piatto di pasta al “pesto” di erba cedrina (con le sue risonanze amaricanti e citriche) o degli spiedini al pollo, guarniti ancora con erba cedrina. Ma in queste pagine vogliamo divertirci a proporre abbinamenti anche “non materiali”. Ad esempio con letture, spettacoli teatrali o visioni cinematografiche; con l’ascolto di un certo tipo di musica, per non dire delle visite a questo o a quel luogo del mondo. Così, con gli auricolari alle orecchie, si potrebbe sorseggiare la “Oppale” ascoltando un tormentone estivo di qualche anno fa, “Lemon Tree”, pubblicato dal gruppo tedesco “Fool’s Garden” come singolo nel 1995 (faceva parte all’album “Dish of the day”) e divenuto un successo internazionale l’anno dopo. Oppure una pinta di “Oppale” potrebbe accompagnarci seguendo le vicende di “Tangerines – La guerra degli agrumi”, un film del 2014, la cui trama si svolge nel contesto della lotta divampata, dopo il 1991 e il dissolvimento dell’Unione Sovietica, tra la Repubblica separatista di Abcasia (appoggiata dalla federazione Russa) e la Georgia (che rivendica quel territorio come propria provincia autonoma): un conflitto combattuto tra casupole rurali i pastori e contadini. Infine, un brindisi con “Oppale” potrebbe bagnare la partenza per un viaggio in Medio Oriente, a Giaffa, o in California: mete entrambe note per la coltivazione di agrumi.
BIRRIFRICIO 32 VIA DEI BIRRAI
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