di Simone Cantoni
Prendi un Sauvignon Blanc. Aggiungi qualcosa qua e togli qualcosa là al suo bagaglio olfattivo, senza stravolgerlo. Cala di una metà circa il tasso alcolico, scendendo a quota 6.3%; sottrai glicerina e un pelo di acidità alla condotta gustativo-palatale. Risultato?
Non sarà distante dal profilo della birra che eleggiamo a protagonista della puntata odierna di “Una per tutto, tutto per una”: la serie di approfondimenti che “Cronache di Gusto” dedica, ciascuno, a un diverso prodotto, mettendone in luce la personalità organolettica e le prerogative sul fronte degli abbinamenti con la cucina. Ebbene, le luci, stavolta, si accendono sulla “Nebula”, firmata a Treviglio (in provincia di Bergamo) dal marchio artigianale lombardo “Nama Brewing”. E sulla carta d’identità della quale troviamo riferita la designazione di “Modern Ipa”…
LA NEBULA “SOTTO LA LENTE”
Partiamo da lì, dalla definizione: “Modern Ipa”. Che sta a intendere una Neipa (New England Ipa)… “ma non troppo”. Sgravata cioè da alcuni accessi dello stile di prioritario riferimento; per costruire un’intelaiatura che sia leggermente velata senza tuttavia indulgere a livelli di torbidità; profumata senza però ridondanze stucchevoli; morbida al palato senza con ciò risultare pastosa; rotonda nel gusto ma senza sovrappesi. E in ordine a quest’ultimo obbiettivo, costruita non con un’iniezione di contenuti zuccherini, ma al contrario per sottrazione: con un profilo scaricato, quasi del tutto, di valenze amaricanti. In che modo? Si parte da un impasto secco composto da malti Pils, Pale e di frumento, più fiocchi d’avena. Si procede con una luppolatura a base di Strata e Citra (in pellet) più Mosaic (pellet e Cryo), operata solo in whirlpool e in dry hopping (doppio: durante la fermentazione e a qualche giorno dalla sua conclusione), saltando insomma qualsiasi gettata in bollitura. Si chiude con una fermentazione affidata al lievito Vermont, con le sue sofficità leggermente esterificate. Al banco d’assaggio il colore è un paglierino pieno, la trama visiva di lievissima opalescenza, la schiuma bianca e di più che buoni fondamentali dimensionali (volume, durata, finezza). Il naso consegna suggestioni di panificato a breve cottura, frutta estiva (melone bianco, uva spina, ananas), agrumi (pompelmo), sottili correnti resinoso-balsamiche. La bocca accoglie una sorsata di corporatura medio-leggera, una bollicina viva e soffice insieme, un avvio rotondo e una chiusura asciutta, una vena di acidità fisiologica incline a manifestarsi non tanto in veste esplicita, quanto piuttosto sotto forma di stimolo alla salivazione: nell’insieme (e soprattutto) una bevuta sostanzialmente priva, come anticipato, di reali “digressioni” amaricanti. Un temperamento, dunque, che sulla carta si presenta piuttosto versatile nell’ottica degli accompagnamenti gastronomici: e che abbiamo messo alla prova in una “sfida” su tre riprese.
CON L’ASIAGO “MEZZANO”
Formaggio vaccino tutelato dal marchio di Denominazione d’origine protetta (Dop) e producibile, tra Veneto e Trentino, nelle province di Trento e Vicenza nonché in porzioni di quelle di Padova e Treviso, l’Asiago (il cui battesimo ricalca quello dell’omonimo altopiano) si classifica, tra l’altro, in base alla durata delle stagionature. Il “Mezzano” è la versione che matura dai 4 ai 10 mesi; sviluppando un gusto alquanto sapido, sebbene ancora mischiato a freschi elementi di dolcezza. Un’incisività, la sua, destinata a non trovare ostacoli in sussulti d’amaro o derapate d’astringenza che, semplicemente, questa birra non ha. Al contrario, le doti di gestione della materia lipidica messe in campo dalla “Nebula” (carbonazione e alcol in primo luogo) aggrediscono bene il grasso del “morso”, garantendo leggerezza al cavo orale dopo la masticazione; mentre i profumi della pinta si amalgamano piacevolmente con quelli, pur diversi (di burro e anacardi), espressi dal boccone.
CON I GAMBERI IN SALSA ROSA
Piatto assai gettonato nei mesi caldi, ma con una “carrozzeria” in grassi da non sottovalutare, si confeziona facendo cuocere dei gamberi (a fuoco spento) in una miscela di acqua e vino bianco precedentemente portata a e bollizione, per poi tuffarli in una salsa preparata amalgamandone tre “di partenza” (maionese, ketchup, Worcestershire) con Cognac e senape. Ne deriva un boccone cremoso e saporito: sulla cui densità lipidica la “Nebula” agisce sbuffando un po’ in principio, ma alla fine con sostanziale efficacia; la cui inclinazione gustativa di timbro dolce-acido e sapido insieme trova accoglienza nella morbidezza della sorsata; la cui direttrice olfattiva ittica, speziata e agrumata si lega alla freschezza fruttata e soprattutto alle note di zest gialle sviluppate dalla bevuta.
CON LA BAVARESE ANANAS E LIMONE
Ultimo, ma non per importanza, il dessert. Una fresca bavarese, modellata in funzione della “Nebula”. Ovvero? Ecco qua. Si cuoce sul fornello un composto ottenuto assemblando tre elementi: un frullato di ananas e succo di limone; una mousse preparata montando con la frusta elettrica tuorli d’uovo, zucchero e scorza di limone grattugiata; dei fogli di colla di pesce. Quindi, dopo aver fatto raffreddare questa crema, la si unisce a della panna montata, per poi far rassodare il tutto in frigo qualche ora. In abbinamento, si rivela di nuovo soddisfacente il lavoro della birra – coi suoi valori di effervescenza, acidità fisiologica e alcol – sulla materia grassa del tortino. Mentre la tendenza gustativa di quest’ultimo, dolce e delicatamente acidula, si vede assecondare dalla morbidezza della sorsata. Evidente, infine, il voluto gioco di rispecchiamenti tra le direzioni olfattive del piatto e quelle del bicchiere: non del tutto identiche, ma molto molto affini…
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