di Simone Cantoni
In barba agli stereotipi (per cui la si vuole immutabilmente una terra da carducciane “faide di comune”), la Toscana, almeno quella della birra, cresce sotto il segno della collaborazione tra i produttori che sono i protagonisti del movimento artigianale della regione.
Produttori la maggior parte dei quali si mostrano inclini all’interscambio e al dialogo, anche se collocati sotto le insegne di “campanili” diversi e magari storicamente rivali. Così, ad esempio, tra le province di Pisa e Lucca (città spesso avversarie; e fin dall’alto medioevo), si snodano i primi passi di quella che si propone come il positivo percorso di un progetto di reciproco sostegno. Il percorso, avviato negli ultimi mesi del 2020, è quello del marchio Mia: e le sue battute iniziali sono scandite dal ricorrere del numero “due”. Il simbolo, ad esempio, è costituito da due teste di alano disposte specularmente, una volta a destra e una a sinistra. Questo perché la cinofilia è una delle due passioni del titolare, Matteo Lupi: l’altra è chiaramente quella per orzi e luppoli. Inoltre, a causa delle problematiche dovute alla pandemia, Matteo ha dovuto spostare in un’ottica “di prospettiva” l’intenzione di allestire un impianto di proprietà, optando, intanto per un esordio in regime di beer-firm; e decidendo, in questa fase, di appoggiarsi, per la produzione, sulle attrezzature, nonché sull’esperienza, di uno stabilimento già attivo (per l’esattezza dal 2016): cosi lui, che è di Pontedera (appunto in provincia di Pisa), ha cercato e trovato sponda in Luca Baldaccini, cofondatore (e responsabile della sala cotte) al birrificio Toptà, che si trova invece a Montecarlo di Lucca. In sintesi, l’assetto iniziale della gamma (numero di referenze, assortimento stilistico…) è stato frutto di un confronto “a due”; e allo stesso modo, è un lavoro a due, quello che anima l’attività di MIA: un lavoro condotto dallo stesso Matteo di concerto con l’amico Samuele Nacci, cui è affidata la parte della promozione commerciale. Ma si diceva del catalogo della (quasi) neonata scuderia; per adesso include quattro etichette: scopriamole insieme, premettendo che non hanno “nomi d’arte”, adottando invece quelli delle tipologie di riferimento.
GOLDEN ALE, 5%
Golden di scuola britannica, si avvale della facoltà – ammessa da “disciplinare”, stando alle linee-guida del BJCP – di utilizzare luppoli appartenenti a varietà nuovomondiste: per l’esattezza qui lo statunitense Cascade, accanto al tedesco Saphir. Il tutto sulla base di un mosto ottenuto da malto Pils al 100%; e fermentato con lievito neutro selezionato per le tipologie facenti capo al repertorio angloamericano. In assaggio – una volta che l’occhio abbia preso nota del colore paglierino, pulito e guarnito da apprezzabile schiuma bianca – il naso coglie aromi panificati (a breve infornamento), fruttati (pesca), floreali (tiglio, giaggiolo) e lievemente agrumati (cedro); mentre il palato riceve una sorsata veloce, in virtù della corporatura leggera, della bollicina calibrata, della corrente di amaricatura sostanzialmente bilanciata (25 le IBU).
PALE ALE, 5.5%
Questo il suo battesimo; al quale, per fissarne al volo la collocazione stilistica, va anteposto (implicitamente) l’aggettivo prefissuale “American”, in ragione dei luppoli impegnati in ricetta: Columbus, Cascade e Centennial. Quanto al mosto, alla sua composizione concorre una granella di malti Pale e Cara Amber; mentre alla fermentazione provvede lo stesso lievito neutro applicato alla Golden. Al bancone di servizio il colore è un ambra chiaro, pulito d’aspetto e ben dotato in schiuma (tinteggiata d’avorio); i profumi toccano le corde della frutta esotica (maracuja, mango), degli agrumi (arancia) e del floreale; il palato, infine, beneficia della gradazione contenuta e del corpo leggero per dipanarsi lungo una traccia dolceamara nella quale la componente “bitter” (pari, in valore, a 25 IBU) cresce regolarmente fino alla chiusura di timbro asciutto.
AMERICAN IPA, 6.5%
Ideale sorella maggiore (nella comune impronta “a stelle e strisce”) della Pale appena presentata, la IPA nasce sulle fondamenta di un mosto da malti Pils e Cara Hell; per svilupparsi attraverso una luppolatura da gettate di Magnum, Chinook, Mosaic; e per completarsi mediante una fermentazione guidata, anche qui, da un lievito di ceppo neutro della “ceppoteca” made in USA. Ne esce una “pinta” di colore dorato chiaro (pulito nell’aspetto e muscolare nella schiuma bianca); che al naso punta principalmente su toni fruttati (pesca, melone bianco) e agrumati (pompelmo), senza rinunciare ai floreali (zagara); che in bocca consegna una sorsata nell’insieme agevole (leggero il corpo, gestibile la gradazione), pur nel contesto di una condotta palatale indulgente verso certe irruenze della bollicina e delle 65 IBU conteggiate in amaro.
BRITISH STRONG ALE, 7.2%
Tra le non molte interpretazioni della tipologia, sullo scacchiere italiano; e tra le più interessanti. La compagine dei malti abbraccia il Pale, il Cara Munich, il Biscuit e lo Special B; la luppolatura si risolve nell’applicazione in purezza del Northern Brewer: varietà tipicamente inglese così come il ceppo di lievito inoculato in fermentazione. Alla mescita il colore è ramato, la trama ottica pulita, la schiuma beige e solidamente costruita; al naso le basi maltate (calotta di dolce da forno, caramello, miele) convivono con temi fruttati (mela, anche grattugiata, e la sua buccia), terrosi e mentolati; la sorsata ha un avvio abboccato e una chiusura asciutta, da raggiungere lungo un iter palatale che si percorre velocemente, grazie alla caratura media del corpo come della bollicina, nonché al curato dosaggio (40 le IBU) della vena amaricante.
MIA – BIRRA ARTIGIANALE TOSCANA
Via Edison, 21 – Pontedera (Pisa)
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BIRRIFICIO TOPTÀ
Via Romana, 169 – Montecarlo (Lucca)
T. 329 7787137
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