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Birra della settimana

La birra della settimana – La “C’ia’ Stout” di 100venti e beer in

08 Maggio 2022

di Simone Cantoni

È una collaborazione “a sei mani” (dunque a tre teste, visto che la matematica non è un’opinione) la birra sulla quale puntiamo i nostri riflettori per questa puntata di “Una per tutto, tutto per una”.

Si tratta della rubrica di “Cronache di Gusto” pensata per illuminare, di volta in volta, la personalità sensoriale di una singola etichetta, evidenziandone in particolare le prerogative sul fronte degli abbinamenti; e dunque mettendola alla prova nell’affiancare, in tavola, un piccolo assortimento di prodotti alimentari o di piatti, più o meno complessi. Ebbene, stavolta, protagonista del nostro appuntamento è la “C’ia’ Stout”, nata come collaborazione tra Gianni Mazza (responsabile in sala cotte del marchio “Beer In”, a Trivero, Biella), Oiviero Giberti (di “100venti”, a Borgomanero, Novara) e Vito Lisco (del “Birrificio Svevo”, a Modugno, Bari: quest’ultimo, dal 2021, attivo non più come impianto, ma come locale di mescita; e cionondimeno a pieno titolo “comproprietario” della ricetta.

“C’IA’ STOUT”: L’IDENTIKIT
Un’interpretazione piuttosto (e volutamente) morbida del canovaccio stilistico di riferimento, ovvero quello delle Dry Stout di matrice irlandese: una bevuta piacevole e decisamente disinvolta. Il progetto – imperniato sull’impiego, in miscela, di malti Pale, Crystal, Chocolate, Carafa III e Roasted più fiocchi d’orzo; in luppolatura del solo Bullion in regime monovaretale; e in fermentazione di lievito selezionato Irish – si concretizza in una pinta non estremista sotto il profilo cromatico, presentando un colore bruno scuro, di dosata velatura, coronato da un denso colletto di schiuma beige. Idem moderata è la temperie aromatica: torrefazioni leggere (caffè, orzo in tazza), frutta secca (nocciola, mandorla), caramello scuro, tratti terrosi, da radice e corteccia. E, in coerenza con quanto espresso fino a questo punto, altrettanto conciliante si rivela la costruzione gustativo-palatale: corpo leggero, bollicina setosa, gradazione assennata (siamo sul 4.2%), iter palatale morbido in partenza per farsi poi snello e infine asciutto sul traguardo, in corrispondenza del quale si alza (giusto un goccio) il volume di un tono amaricante pronunciato comunque sempre a bassa voce. Insomma, una pinta… carezzevole. Che spinge, pur con giudizio, anche a usare qualcosina, in termini di abbinamento.

CON CRESCENZA E NOCCIOLE
Antipasto semplice e gustoso, vede in campo un formaggio dal temperamento paffuto e latteo (privo o quasi di sapidità e acidità, semmai talvolta venato di screziature amaricanti), cui si aggiunge il “plus” aromatico e grasso delle nocciole. Risultato? L’irrilevanza di parti dure (come salato e acido, appunto) che andrebbero in contrasto con la “bitterness” della birra scongiura, tra morso e sorso, i principali rischi di collisione. Al contrario, la Stout da un lato vede alcune delle proprie traccianti aromatiche (quelle tostate e da frutta secca) intercettare e assecondare quelle dell’appena citata nocciola; e dall’altro porta la propria corrente di amaricatura a sovrapporsi, in elisione armonizzante, su quella (eventuale) della Crescenza. Infine, il contenuto lipidico del boccone trova soluzione nelle funzioni di gestione, pur non aitanti, espresse dalla pinta attraverso la propria gradazione, effervescenza e fisiologica acidità.

CON IL RISOTTO AL PESTO DI PISTACCHI
Ricco nel profilo aromatico e caratterizzato da una tendenza dolce, il pesto di pistacchi, orienta – grazie anche al proprio contenuto in grassi e a quello in amidi del risotto – il profilo generale del piatto verso coordinate presso le quali la sapidità risulta assai addomesticata. Tanto da poter azzardare un duetto con questa Stout, la cui amaricatura risulta peraltro già assai smussata. Per il resto, le direttrici olfattive della birra, intonate alla frutta in guscio richiamano da vicino quelle del risotto; e le sue capacità di rassetto del cavo orale (frutto di una somma tra carbonazione, alcol e acidità, pur con le ultime due voci a livelli contenuti) porta a casa un risultato più che soddisfacente nel diluire e rendere assimilabile la massa delle componenti lipidiche e carboidratiche del boccone.

CON LE MANDORLE “ATTERRATE”
Dolcetto tipico della tradizione pugliese, si prepara in quatto e quattr’otto compendiando semplicità e garanzia di soddisfazione per il palato. Si tratta di tostare in forno le mandorle (intere o tritate) per 15-20 minuti a 100 gradi; quindi di rivestirle con del cioccolato fondente (magari un 70%) sciolto a bagnomaria in una ciotola. Evidenti le intenzioni dell’abbinamento: intrecciare reciprocamente le dominanti olfattive tostato-torrefatte espresse tanto dal boccone, quanto dal bicchiere; sovrapporre in attenuazione armonica le rispettive venature dolceamare; lasciare che le più volte accennate capacità di gestione lipidica della sorsata svolgano il loro lavoro di massaggio e soluzione nei confronti dei grassi apportati dalla frutta secca e dal cacao….

BIRRIFICIO 100VENTI
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