di Andrea Camaschella
Spesso i birrifici italiani si lasciano prendere la mano dal “famolo strano”. La ricerca esasperata della novità, dell’interpretazione di uno stile, della ricerca di una connotazione territoriale o semplicemente uno scatto eccessivo di creatività portano a delle idee e ancor più a delle realizzazioni che si fatica non poco a ricondurre a una birra.
L’uso di ingredienti che con la birra non hanno nulla a che spartire, è pericoloso e fuorviante. Questo è il mio pensiero, maturato dopo anni di assaggi, e immaginate la faccia che ho fatto quando sono stato invitato dal Birrificio Lambrate ad assaggiare la loro ultima creazione: una birra con… le cozze! E ancor più dopo aver letto, tra i descrittori della birra in questione i termini salsedine e salmastro, due termini che normalmente usiamo con parsimonia per la loro connotazione, in campo degustativo di una birra, negativa.
(Mattia Boiardi, Valentina Brambilla, Danko Sangiorgi, Fabio Brocca e Maurizio Maestrelli – ph Maurizio Tosi)
Dietro alla Impestout, questo il nome scelto, c’è però Fabio Brocca, birraio dell’anno 2015, mastro birraio e socio fondatore di uno dei birrifici storici italiani, aperto nel 1996 nello storico quartiere milanese. Birrificio che nei due locali vende boccali di birra come se fossero tazzine di espresso in una caffetteria di successo, nell’ora di punta. Insomma, il beneficio del dubbio questa birra se lo merita. Dunque si va a Lambrate, per l’incontro con Fabio, organizzato oltretutto da Valentina Brambilla e moderato da Maurizio Maestrelli, due cari amici oltre che competenti giornalisti del mondo birrario. Resta comunque un vago pregiudizio sulla birra: vero è che la tradizione ci porta in dote le Oyster Stout, con le ostriche come ingrediente (non finiscono nel bicchiere, ma vengono utilizzate in alcune fasi delle lavorazioni per aromatizzare il mosto o la birra, a seconda del metodo prescelto dal birraio) e la cozza è sicuramente più italica dell’ostrica. Vero è anche che il mercato del pesce di Milano è uno dei più rinomati d’Italia.
(Giampa Sangiorgi – ph Maurizio Tosi)
Il primo assaggio tranquillizza molto me, ma non Fabio che è molto insoddisfatto: la birra, spillata con carboazoto, risulta un’ottima stout, direi una oatmeal stout per la morbidezza che evidenzia al palato, ma non evidenzia alcuna nota degli ingredienti che dovrebbero caratterizzare questa birra, che nel frattempo scopro essere il brodo di cottura delle cozze, che viene aggiunto durante la fermentazione, l’alga Dulse e il pepe nero. In pratica Fabio e Mattia Bonardi, il suo braccio destro, hanno voluto ricreare l’impepata di cozze e passando all’assaggio nelle bottiglie da 33cl. il risultato è evidente: la Impestout si presenta color nero di seppia (…), con schiuma beige chiaro, di grana fine, compatta e di buona persistenza.
(Ivo Fumagalli e Mattia Bonardi – ph Maurizio Tosi)
Il profumo di tostatura si fonde felicemente con la nota di salsedine e con il pepe, si avverte anche un sentore citrico, e il tutto ricorda il pepe nero della Vallemaggia. In bocca non perde la morbidezza avvertita dal servizio alla spina, ma escono molto meglio i sapori, con un delicato pepato che sovrasta le tostature sul finale. Birra fresca, leggera, che si sposa alla perfezione con le tapas pensate e realizzate dalla cucina di Lambrate, la stessa che ovviamente si è occupata di cuocere a suo tempo le cozze. Tapas ricercate, con materia prima di ottima qualità, ben presentate: uno spiedino di polpo arrosto servito con aspic di maracuja e peperoncino; una polenta abbrustolita con brandada di baccalà alla catalana; un carciofo (cotto a bassa temperatura nella Impestout) e profumi di menta, su letto di patata viola e per finire un’Acciuga del Mar cantabrico in salsa verde su crostone di pane integrale.
(Maurizio Maestrelli, Andrea Camaschella e Fabio Brocca – ph Maurizio Tosi)
Già che ci sono mi trasferisco al vecchio e affascinante locale di via Adelchi – dove fino a un paio di anni fa si trovava anche la parte produttiva – e qui trovo l’altro socio storico, Giampaolo Sangiorgi, con cui assaggio – appollaiato a uno dei banconi che più amo – altre birre, dalle classiche Montestella e American Magut a altre novità come una single hop con il Mosaik. Tutte birre ben fatte, ben strutturate, pulite, caratterizzate. La mano di Fabio e Mattia si fa sentire e il contributo di Ivo Fumagalli, il responsabile del laboratorio di microbiologia, interno al birrificio, è sempre grande e importante: un team che lavora bene, in armonia e si sente. Il rodaggio con la nuova struttura, i nuovi volumi, i nuovi strumenti è decisamente alle spalle e la corazzata Lambrate ha ripreso il viaggio sulle sue strade consuete e, con esperienza e maturità, punta diritta a rientrare tra i 20 partecipanti di Birraio dell’Anno e non solo.
Rubrica a cura di Andrea Camaschella e Mauro Ricci
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