di Simone Cantoni
Nuovo appuntamento con “Una per tutto, tutto per una”, la serie di approfondimenti periodici che “Cronache di gusto” dedica, di volta in volta, a una particolare birra, mettendone in luce sia il temperamento sensoriale sia le prerogative sul fronte degli abbinamenti in tavola.
Questa puntata ci porta idealmente in quell’angolo della provincia di Lucca designato come Media Valle del Serchio; per l’esattezza siamo a Loppeglia (una frazione del comune di Pescaglia), il cui caratteristico abitato collinare accoglie “La Collina”: una trattoria familiare tipica (vocata alla verace cucina locale e provvisto anche di una bella scelta di vini), che è al contempo birrificio artigianale, con tanto di sala cotte e fermentatori funzionanti all’interno del ristorante. Ebbene, la gamma della casa include, tra altre etichette, quella della “Driadi”, una “Wee Heavy” di stampo scozzese, elaborata tuttavia con aggiunta di farina di ghiande. Pronti a farne la conoscenza? E allora via: partiamo…
UNA RICETTA STRAPAESANA
L’idea alla base di questa originale ideazione è decisamente territoriale, data l’estesa presenza di boschi, nella zona di cui si parla. Alessandro Ridolfi, contitolare de “La Collina” e birraio, si è lanciato nell’uso di un “ingrediente ospite” che in letteratura trova pochissimi precedenti, per non dire nessuno. Così ha dovuto sperimentare un po’; giungendo, infine, a una “quadratura del cerchio” riassumibile in questo modo. Impasto secco: 80% malto Pale, più manciate di Crystal e Biscuit, nonché farina di ghiande (al 7% sul totale) già in ammostamento); luppolatura monovarietale con solo Fuggle sia in amaro sia in aroma, cui si affianca (a fine bollitura) una seconda aggiunta di farina di ghiande (la quantità è pari a circa 2 grammi/litro); fermentazione affidata a un lievito in crema selezionato per le Scottish Ales.
UN CARATTERE AUTUNNALE
Risultato alla mescita? Ecco qua… Colore ramato, velatura diffusa ma non eccessiva, copiosa e fine schiuma beige; aromi da stagione fredda: biscotto, caramello, nocciola e noce, un tocco di fungo secco, poi legnosità varie (matita, radici di tarassaco e zenzero); in bocca una corporatura leggera, una bollicina tanto viva quanto garbata, una partenza di bevuta rotonda e un finale secco, teso a rendere percepibile una chiusura amaricante decisamente delicata; e per terminare, in deglutizione, una leggera termicità alcolica, piacevole e proporzionata ai 7 gradi dichiarati. Come abbinare una “pinta” del genere? Certo, a fronte del suo profilo improntato a una sostanziale morbidezza, le opzioni non mancano: tra le varie e diverse, ne abbiamo scelte tre.
CON I PORCINI
Per partire, si è puntato sulla prova di compatibilità con un primo piatto, in particolare una polenta di mais guarnita di salsa ai porcini: la prima preparata con una farina di granturco istantanea; la seconda facendo cuocere i funghi (tagliati a pezzetti) in una padella antiaderente, con extravergine e aglio, per 5 minuti a fuoco vivace e altri 20 a fiamma più calma, per poi aggiungere del prezzemolo tritato e un pizzico di sale. Un pizzico, appunto: il che evita urti contro il pur dosato nervo amaro della birra; mentre quest’ultima, facendo leva sulla propria dotazione combinata di alcol e bollicina, massaggia e fluidifica facilmente sia la massa amidacea (per quanto cospicua) del cereale sia l’apporto grasso dell’olio. A rifinire, la ripresa olfattiva che ci si aspetta dall’abbinamento: terrosità fungine tanto nel boccone, quanto nella sorsata. Ci siamo; ci siamo…
CON LA PERNICE
Altro giro di giostra, stavolta con un secondo piatto. Preparato cospargendo delle polpe di pernice (cotta al forno per un’oretta su un soffritto di extravergine, porro, carota, alloro e rosmarino) con una salsa a base di nocciole: le quali sono state ridotte a granella nel frullatore; e poi (onde ottenerne un composto cremoso) sono state macinate ulteriormente, esse stesse con Evo, oltre che con molliche di pane da sandwich inzuppate nel latte, aglio, sale e pepe. Partiamo proprio dagli ultimi due ingredienti: sale e pepe. Di nuovo, la morigeratezza nel loro impiego è decisiva (insieme all’apporto delle diverse componenti dolci, quali carote e nocciole stesse) al fine di evitare frizioni con l’amaricatura della birra. La quale, sebbene abbia a che fare con una frazione grassa più sostanziosa (tra latte, olio e frutta secca), non compie una gran fatica nello scioglierne le densità. Infine, ancora una volta, la chiusura del cerchio è affidata alla continuità fra le traccianti olfattive della pietanza e del bicchiere: continuità stabilita, in questo caso, dal comune denominatore delle nocciole.
CON LE CARRUBE
Termine corsa del treno: il dessert. Un po’ atipico ma gustoso (e semplice da farsi); basato sull’uso di farina di carrube: da impastare con quella di frumento, oltre che con latte, olio e zucchero, fino a ricavarne un composto morbido e omogeneo, che cuocerà in formo a 170 °C per un 35 minuti. Stavolta non ci sono sale o pepe a recitare il ruolo dei potenziali “guastatori”, andando a provocare zuffe con la sottile corrente amara della birra; la quale, invece, risulta scomparire (in percezione) sotto l’ondata soffice dei grassi e degli amidi sollevata dalla torta. Uno tsunami, peraltro, ammansito e addomesticato per mano delle (più volte sottolineate) capacità di gestione lipidica e carboidratica manifestate dalla “Driadi”. A infiocchettare il tutto, anche qui, una piacevole corrispondenza tra le direttrici olfattive prioritarie espresse dal boccone e dalla sorsata: le impressioni di cioccolato proprie del primo vanno infatti ben a braccetto con le note di frutta secca, biscotto e caramello regalate dalla seconda…
BIRRIFICIO LA COLLINA
Piazza Nazionale, 18, frazione Loppeglia – Pescaglia (Lucca)
T. 0583 349174
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