di Simone Cantoni
Trivero, in provincia di Biella. Sporgi un pelo il naso in avanti e senti l’odore della Val d’Aosta.
Allunghi il braccio e ti chiedono i documenti per l’ingresso in Svizzera. Insomma, un avamposto del Nord-Ovest Italiano. Il comune (ad abitato sparso) conta più o meno 5.500 abitanti; in compenso, di birrifici, ne troviamo due: “Jeb” (in frazione Zegna) e “Beer In” (in frazione Zoccolo). È del secondo che varchiamo idealmente la porta d’entrata in questa nuova puntata di “Una per tutto, tutto per una”, la nostra rubrica periodica pensata per tratteggiare, di volta in volta, la personalità di un singolo prodotto, facendone risaltare, in particolare, le prerogative sul fronte degli abbinamenti, con una piccola serie di prove d’assaggio. Ebbene, i riflettori si accendono oggi sull’etichetta della “Carabock”: una Dunkles Bock (nomen omen) da 6 gradi, firmata appunto dal marchio “Beer In”.
CARABOCK: IL RITRATTO
La birra deve il suo nome a un gioco verbale ruotante attorno alla parola “carabo”: un genere di coleotteri contrassegnati da livree sgargianti, tinteggiature forti e luminescenti. Talvolta di colore ramato: come, appunto, quello di questa bevuta ispirata alle tradizioni tedesche; la cui mescita, oltre al profilo cromatico di cui si è detto, presenta un aspetto delicatamente velato e una solida torretta di schiuma avorio. È il biglietto da visita esteriore di una ricetta così articolata: malti Pils, Monaco, Cara Pils e Cara Monaco 2; luppoli Magnum, Spalt e Tettnenger; lievito secco W-34/70. Ma proseguiamo l’assaggio: alle narici, in olfazione, arriva subito una corrente “calda” di caramello, biscotto, calotta di dolce da forno, nocciola, miele di bosco e dattero; a compensare la cui termicità, in seconda istanza, ecco una ventata di fresco timbro erbaceo. Lo stesso bilanciamento che troviamo all’assaggio: ché l’alcol si attesta, sì, su quota 6 per cento; ma il corpo è medio-leggero, la bollicina viva, la percezione del residuo zuccherino parte rotonda e chiude ben asciutta, enfatizzando il ruolo compensativo di un amaro appena accennato e assai piacevole. Temperamento e leggerezza, insomma: un carattere che abbiamo testato su tre diversi bocconi, tutti tipici e locali.
CON IL “BEDDO”
Partenza soffice: relativamente, almeno. Ché il primo assaggio è quello del “Beddo” (o “Bedu”, o “Beddu” o “Tomino di Biella” o “Tumet di Pralungo”): un formaggio a marchio Pat (prodotto agroalimentare tradizionale), tipico appunto del Biellese e dotato a sua volta di un carattere da non sottovalutare. Ottenuto da latte vaccino parzialmente scremato (per affioramento), le sue forme vengono fatte maturare su assi di legno in forme rivestite di paglia o fieno. Sebbene si possa consumare anche fresco, la stagionatura ottimale è sulle due settimane: nel corso delle quali, sulla superficie si forma un sottile strato di muffa (detta “camisa”), di color paglierino o crema. La consistenza resta comunque morbida (del tutto alla portata per la “Carabo”, così come la materia grassa, che si è detto essere stata smussata nei trattamenti preliminari); è piuttosto il gusto a farsi intenso, acquistando una piega dolceamara: sulla quale la stessa identica inclinazione espressa (come si è visto) dalla birra va ad appoggiarsi in sovrapposizione armonica, “tono su tono”. Infine gli aromi; anche su questo fronte allineamento decisamente collimante: lieve tostatura (latte cotto) e sensazioni da erbe di montagna è quel che “racconta” il boccone; e le stesse tematiche – sebbene in proporzioni opposte – sono quelle “argomentate” dal bicchiere.
CON LA “PALETTA”
Si passa a un salume; a un insaccato, per la precisione: la “Paletta” (o “Prosciutto della paletta”): esso stesso una specialità a marchio PAT (prodotto agroalimentare tradizionale), che deve il suo nome alla parte anatomica del suino utilizzata per la sua preparazione. Ovvero la scapola, divisa in due parti: le cui carni (tenute per tre settimane circa sotto una salamoia che include bacche ed erbe aromatiche, sale e pepe) vengono avvolte in un budello di origine naturale e quindi lasciate asciugarsi (nel corso di una stagionatura pari ad almeno due settimane) o avviate a conservazione sotto grasso. Venduta cruda, la paletta viene per tradizione consumata dopo bollitura, di un paio d’ore, in una pentola colma d’acqua in cui il salume galleggia, appeso a un bastoncino di legno, così da non toccare il fondo del recipiente. Al dente, la sua consistenza è morbida: e il corpo a corpo con la birra dà esiti analoghi a quelli annotati a proposito del “Beddo”. Al naso, l’aroma è pepato, carneo e segnato da note di macchia mediterranea: uno “spartito” col quale le tostature panificate della Bock (sebbene del tutto diverse, qualitativamente) dialogano assai bene, restituendo un’impressione generale da “sfilatino imbottito”. Immagine, quest’ultima, valida anche nel voler dipingere l’abbinamento entro la sua dimensione gustativa: con il sapido e il piccante del boccone accarezzati e ammansiti dalla dolcezza della sorsata.
CON I “CROCANTI DEL CIAVARIN”
Si tratta di pasticcini secchi e friabili, tipici di Candelo, comune del Biellese che conserva uno splendido “ricetto” medievale; dolcetti il cui nome – stando alla leggenda – deriverebbe dal “secondo lavoro” (il fabbro; ovvero il forgiatore, tra l’altro, di chiavi: ciavarin, appunto) esercitato dal fornaio ideatore della ricetta originale. Quale ricetta? Ecco qua: s’impastano farina di mandorle e di mais, uova, latte, scorza di limone e lievito; se ne ottiene una massa coesa a sufficienza; si spiana sul tavolo da lavoro in uno strato di circa 2 centimetri; lo si porziona a cubetti e li s’inforna a 200 gradi fino a cottura. La consistenza è più solida: la birra, nello “spalla a spalla” fa un po’ più di fatica, ma niente di che, basta insistere qualche secondo con la masticazione per far formare il bolo. E il gusto del biscotto è un po’ più dolce: ma lo zuccherino della Bock è sufficiente ad andare in buona compensazione. Allo stesso modo, il tandem di bollicina e alcol messo in campo dalla sorsata si rivela disinvolto nel gestire la contenuta materia lipidica del “crocante”. Infine il naso: biscotto e frutta secca da un lato, frutta secca e biscotto dall’altro. Cosa chiedere di più a un abbinamento?
BIRRIFICIO BEER IN
Frazione Zoccolo, 3/B – Trivero (Biella)
T. 015 0157607
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