di Andrea Camaschella
La pastry sono una delle nuove frontiere delle birre, con ingredienti a dir poco particolari e normalmente non considerati in una ricetta brassicola ma più adatti in una pasticceria.
Corpo pieno, viscoso, calore etilico e la ricchezza di profumi, sapori ed aromi sono il biglietto da visita necessario e sufficiente. In pratica sono il sostituto, per calorie quanto per sensazioni gustative, del dolce a fine pasto. Il mondo delle pastry ci ha abituato a birre sorprendenti, che stupiscono al primo sorso, confermano la loro natura eccezionale al secondo sorso ma non ti spingono di solito al terzo sorso e il bicchiere langue. Per noi “vecchi” bevitori sono birre faticose, che non trovano una collocazione ideale nella bevuta di tutti i giorni, a cui devi dedicare uno spazio a sé, impegnativo per il tenore alcolico e per il fatto che tutto quello che verrà bevuto dopo, scompare.
Più o meno con questo stato d’animo mi sono avvicinato alla Caldo Abbraccio di Birra Ofelia. Il nome è ciò che più mi ha attirato, in questo periodo arido di contatti umani, un abbraccio, ancor di più caldo, è un grande desiderio e l’immagine dei due orsi che si abbracciano nel disegno dell’etichetta rende bene l’idea. Il dulce de leche, il dolce al cucchiaio a base di latte e vaniglia che ricorda il mou – come racconta Lisa Freschi – tipico dell’Argentina, spicca tra gli ingredienti della Pastry Stout del birrificio vicentino. Una birra che nasce ancora una volta sul tema dei viaggi, nel periodo natalizio.
Si palesa nel bicchiere di un nero brillante, con schiuma a grana media beige scuro e si presenta con un bouquet di profumi in cui la nota di mou è evidente ma non dominante tra le tostature, i sentori torrefatti, di caramello, speziati e fruttati. Intrigante e invitante, con una nota alcolica, calda, che raccorda tutti i profumi, senza svelarsi del tutto. Il primo assaggio, così come il secondo a essere onesti, stupisce davvero ma per il bilanciamento e per la facilità con cui si beve. La tecnica, la capacità di pensare ed eseguire una ricetta e la mano sono quelle di Andrea e Lisa: riescono a integrare ingredienti assurdi, sulla carta, nella bevuta, esaltando l’elemento da evidenziare, senza mai perdere di vista l’insieme. Le birre di Ofelia sono appunto birre, dalle più semplici alle più complesse, che siano ispirate a birre tradizionali, con ingredienti canonici, o da colpi di fulmine per un frutto, una verdura o altro.
Tornando in tema il dolce è il sentore più importante ma gli altri sapori e le sensazioni tattili concorrono a bilanciare e amalgamare il tutto. Il corpo è pieno, avvolgente, il calore minimo e sufficiente, per un retrogusto lungo e piacevole. La immagino con i dolci, complessi e importanti, ma poi… la provo con un prosciutto cotto a legna, lievemente affumicato – il produttore è Branchi da Felino (PR), il fornitore è al solito la Salumeria Moroni di Novara), in cui il grasso è importante e… matrimonio perfetto! Anche con formaggi grassi, stagionati, e pure con il gorgonzola piccante stagionato un anno. E immagino che Lisa, che chef lo è, stia pensando a una miriade di piatti importanti, succulenti, con cui giocare su affinità e contrasti, per creare abbinamenti eccezionali. Partito con l’idea di dividere una bottiglia in due avrei voluto avere due bottiglie a testa: è un Caldo abbraccio, adatto anche agli anaffettivi, che si ripete e che si cerca, si pretende, sorso dopo sorso, pronti ad aprire una seconda bottiglia.
Rubrica a cura di Andea Camaschella e Mauro Ricci
Birra Ofelia
Via dell’Artigianato 22 – Sovizzo (Vicenza)
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