“Felice di sorprendervi”. Potremmo pensare sarebbe questa la risposta della birra, immaginandole il dono della parola, di fronte alla constatazione di come, analizzandone le tendenze di consumo, ci si trovi – tanto più oggi – di fronte a uno scenario discretamente frammentato. Parliamo della birra artigianale, naturalmente: ovvero un prodotto che, per sua natura, puntando tutto sulla caratterizzazione del proprio profilo organolettico, è destinata a cercare collocazioni di mercato corrispondenti a tante e tante “nicchie” diverse: ovvero gruppi di consumatori ognuno dei quali manifesta un differente orientamento in termini di gusto, e quindi di preferenze. Così, mentre il prodotto industriale, facendo leva su personalità sensoriali meno pronunciate, punta ad accontentare una schiera di fruitori la più ampia possibile, quello dei marchi piccoli e piccolissimi segue la strada opposta: accentuando la propria fisionomia, sceglie consapevolmente di non piacere a tutti, per consolidarsi entro il perimetro dei propri “sostenitori”. Lampante l’esempio di un “segmento” come quello dei Lambic, il genere acido della tradizione belga; nella grande distribuzione italiana se ne trovano (tranne rare eccezioni) soltanto di quelli “edulcorati” e perciò “addomesticati” nel temperamento gustolfattivo: troppo estremi, quelli autentici, per una commercializzazione di massa. Insomma, la pinta artigianale appare fisiologicamente legata a una platea di bevitori fortemente articolata in “correnti”, ciascuna animata da proprie specifiche predilezioni. Di conseguenza, nel campo delle “craft beer”, esistono, certamente, alcune tipologie, o almeno alcune tendenze, che possiamo definire in qualche modo dominanti: ad esempio le luppolate e (specie tra i giovani) le gradazioni alcoliche medio-robuste; eppure, accanto a questi filoni, continuano a resistere solide comunità di estimatori affezionate anche a quei generi brassicoli che, oggi come oggi, non vanno per la maggiore.
Una conferma di tutto ciò è arrivata dall’ultima edizione del “BeeRiver”: rassegna organizzata a Pisa con cadenza semestrale (una sessione a maggio, una in ottobre), il cui appuntamento autunnale ha messo in luce non poche sorprese. Girando tra i banchi di spillatura, abbiamo chiesto a ognuno dei birrifici presenti se ci fosse stata, tra le rispettive “etichette”, una che fosse andata al di là delle attese, in termini di gradimento da parte del pubblico. Ed ecco cos’è saltato fuori…
ORSO VERDE: DEEP SMOKE
Alle spine dello storico marchio lombardo “Orso Verde” di Busto Arsizio, ha stupito il consenso riscosso dalla “Deep Smoke”: una Rauchbier contenuta nella gradazione alcolica (siamo a quota 5.5) e bilanciata nei connotati sensoriali. In mescita il colore è un dorato-ambrato, la schiuma è bianca e l’aspetto pulito; al naso, una nota di biscotto e frutta secca (nocciola) tempera l’ovvia preminenza delle affumicature (con suggestioni da scamorza); al palato, il corpo è medio-leggero, la bollicina viva, il finale asciutto e segnato da una vena, sottile sottile, di amaricatura dalle risonanze erbacee.
BIRRIFICIO CLANDESTINO: GIVE AND TAKE IT EASY
Tra le referenze del “Clandestino” (Livorno), brillante la prestazione della “Give and take it easy”, una Coffee Porter da 4 gradi e mezzo, così battezzata perché prodotta – in collaborazione con la torrefazione D612 di Firenze – aggiungendo, a fine bollitura del mosto (per una quota pari al 4% della massa liquida), un’estrazione a freddo di chicchi di caffè: in particolare della varietà brasiliana denominata, appunto, “Give and take”. Risultato? Colore bruno intenso, aspetto velato, schiuma beige; aromi in prevalenza torrefatti (orzo tostato, caffè, fave di cacao), ma anche di timbro legnoso (matita, radice); sorsata di corpo leggero, carbonazione sottile, finale asciutto che segue una leggera piega di acidulità a centro-corsa.
BIRRIFICIO DELL’ASPIDE: SIREN’S SONG
Approdato sulle rive dell’Arno anche con alcune etichette della propria linea più moderna, designata come “Altrove Brewing”, il produttore campano (di Roccadaspide, Salerno) ha incassato apprezzamenti per la freschezza e la veracità della “Siren’s Dong”: una Witbier da 5 gradi preparata anche con grano Senatore Cappelli (sia maltato sia crudo); più bucce di limone d’Amalfi e bergamotto (accanto alla canonica speziatura da arancia in scorze). Colore paglierino, aspetto velato e schiuma bianca, i suoi profumi, oltre a quelli degli ingredienti-cardine, ricordano la crosta di pane appena dorata, la mela e un leggero chiodo di garofano; mentre la bevuta – sospinta dal corpo leggero e dalla carbonazione vivace – corre veloce verso un finale secco, di lieve venatura tannica.
LABEERINTO: EGEO
Sotto le insegne di “Labeerinto” Modena, tra le varie basse fermentazioni in pista, ha spiccato la morbidezza della “Egeo”: una Dunkles Bock da 7 gradi, il cui colore ramato (pulito nell’aspetto e bordato di schiuma beige) anticipa profumi tostati (caramello, nocciola), mielati e lievemente affumicati, a loro volta preludio di una bevuta rotonda in partenza e poi via via più snella, dotata di una corporatura media, di una bollicina vivacizzante e di una chiusura asciutta di timbro delicatamente amaro.
OTUS: TRIP
Il nome d’arte non mente, si tratta di una Belgian Tripel: quella che, nella sala cotte di “Otus” (Seriate, Bergamo), viene personalizzata come ricetta, unendo, alle virtù tradizionali del lievito Trappist high gravity, la freschezza innovativa di un luppolo modernista come l’americano Loral. Ne esce un calice dal caldo colore dorato, pulito nella velatura, guarnito da ampia schiuma bianca; il cui naso intreccia frutta (pera), spezie (chiodo di garofano) e fiori (tiglio, sambuco); introducendo una bevuta calda (9 i gradi alcolici), ma non surriscaldante, anzi segnata da uno svolgimento asciutto e da una chiusura secca, in cui bollicina aitante e amaricatura sottile si uniscono in un fin di bocca decisamente pulito.
BIRRIFICIO APUANO: BUIA
Dopo la Coffe Porter del “Clandestino”, ecco un’altra scura d’ispirazione britannica tra le rivelazioni della rassegna pisana. È la “Buia” targata “Apuano” (Massa): una Irish Stout da 4 gradi, lavorata con una luppolatura a base di Challenger e Bramling Cross, contraddistinta da una canonica livrea ebano impenetrabile, a rifinire la quale abbiamo l’altrettanto rituale colletto di schiuma color sughero. Alle narici, tanto orzo torrefatto e fave di cacao, con una punta di corteccia e più che una venatura da radice di liquirizia; al palato, una corporatura medio-leggera e un finale secco, teso a sottolineare l’incisività di un amaro perentorio ma controllato.
GILDA DEI NANI BIRRAI: FERUS
Nella “gara interna” tra le creazioni del birrificio di casa, la “Gilda dei nani birrai” (con sede in Pisa, appunto), vince – pensate – un’American Wheat Beer: tipologia davvero poco praticata lungo lo Stivale. “Lei” si chiama Ferus; fa registrare 5.5 gradi alcolici; nasce da un impasto di malti d’orzo e frumento; si avvale di una luppolatura da Magnum (in amaro) e Citra (in aroma); e prevede pure un’aggiunta diretta di infuso di bergamotto estratto a freddo (10-12 ore a 30 °C). “A valle” abbiamo una pinta color paglierino volato, bordato di schiuma bianca; i cui profumi intrecciano note di panificato chiaro, mela Golden, prato falciato e agrumature; mentre la sua corsa gustativa, innervata da una leggera acidulità, chiude ben secca, limitando l’amaro a giusto un’ombra.
BIRRIFICIO ABRUZZESE: EGO
In barba alla tirannia del luppolo nuovomondista e dei suoi stili, tra i “cavalli” della scuderia “Abruzzese” (Castel di Sangro, L’Aquila), galoppa che è un piacere una purosangue belga. Si tratta della “Ego”, una Tripel da ben 9 gradi, la cui estetica sfoggia tinte ambrato-aranciate, un aspetto pulito e una frondosa chioma di schiuma bianca. Rarefacendosi la quale, l’olfazione coglie impressioni da pasta frolla, pera matura, fiori di sambuco, chiodo di garofano e arancia candita; mentre la gola si fa irrorare da un’onda vivace nella bollicina e secca nel taglio finale, a sottolineare la propria risoluta vena amaricante.
BIRRIFICIO DEL GARGANO: PORTOGALLA
E siamo a tre: ben tre scure di matrice anglosassone attestate alle alte latitudini della classifica di gradimento uscita a consuntivo di “BeeRiver Ottobre 2023”. Sotto le insegne del “Birrificio del Gargano” si fa valere infatti la “Portogalla”, una Foreign Extra Stout (8 i gradi alcolici) personalizzata con scorza d’arancia candita e fave di cacao in conferimento diretto. All’occhio, seduce l’accoppiata tra il “mantello” color bruno intenso e la copiosa “stola” di schiuma beige scuro; al naso, colpisce il combinativo tra la base torrefatta (orzo tostato, cioccolato in tazza) e la più aerea vena agrumata: un intreccio che evoca sensazioni da “pralina modicana”; e giunti al sorseggio, il palato si lascia conquistare dall’incedere di una massa liquida avvolgente e calda, imperniata a attorno a un bilanciamento dolceamaro e provvista anche, in chiusura, di una maliziosa vena tannica.
BASTIAN CONTRARIO: DECANA
E per finire, addirittura una bassa fermentazione tedesca… in “odor di eresia”. Eh sì, perché la “Dacana”, birra tra le più gettonate tra quelle a firma di “Bastian Contrario” (Parma) è una Bock (6.5 la gradazione) con scorza d’arancia in aggiunta diretta. Detto del suo colore ambrato, del suo aspetto pulito e della sua schiuma beige, l’indagine olfattiva coglie immediatamente il suo spirito “non ortodosso” che unisce la ventata d’agrume alla base di biscotto, caramello, miele e dattero; uno “spartito” che ritroviamo anche nel corso della bevuta, a colorare una corsa gustativa dal corpo leggero, dalla bollicina pimpante e dalla bilanciata chiusura dolceamara.