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Birra della settimana

Dalla Svezia la favola del birrificio Närke – I nostri assaggi

12 Gennaio 2025
Birre del marchio svedese Narke Birre del marchio svedese Narke

Örebro, Svezia. Un centro di medio-piccola dimensione non distantissimo (per le misure scandinave) dalla capitale Stoccolma, rispetto alla quale si trova spostato a ovest di neanche 200 chilometri. Questa cittadina, con i suoi 180mila abitanti, è capoluogo della contea omonima; e dal 2003 vede, tra le proprie case ben ordinate, sbuffare i fermentatori del birrificio Närke: che ricalca il proprio nome su quello della provincia storica in cui ci troviamo, a sua volta derivante dalla radice nari, imparentata con la voce inglese narrow (stretto) e riferita forse alle anguste insenature che scandiscono i territori affacciati sui laghi al sud e al nord-est della regione.

UNA FAVOLA FAMILIARE
Quella di Närke, intesa come birrificio, è una favola familiare. L’attività è stata fondata da due coniugi, Hans-Goran Håge Wiktorsson e Berith Karlsson; si è ispirata, fin dagli esordi, all’amore per la natura, così come alla passione per le tradizioni brassicole ancestrali; e ha avuto un ruolo di spicco tra i pionieri del movimento formato dai microproduttori svedesi: in particolare aderendo al gruppo dei 12 marchi fondatori della Swedish independent small scale breweries association. Da allora a oggi, di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’. Nel Paese i piccoli impianti di brassaggio sono diventati 570; e purtroppo, nel 2020, Håge è venuto a mancare, piegato da una malattia a soli 68 anni. Ma Berith prosegue il cammino intrapreso con il marito, affiancata, in sala cotte, dai birrai Emil Arvidsson e Jörgen Hjerling: attualmente il catalogo della casa conta 18 referenze, tra le 8 in disponibilità fissa e le 10 stagionali. Ebbene, proprio Berith, alcuni giorni fa, è stata protagonista di una serata promossa dagli organizzatori del Villaggio della Birra – e trasmessa in diretta video sulla loro pagina Facebook (qui la registrazione) – come undicesima puntata della rubrica dal titolo Every Beer tells a story. Di quella serata, alla quale chi scrive ha avuto il piacere di partecipare insieme a Lorenzo Kuaska Dabove (decano dei degustatori italiani), non è ovviamente possibile restituire la magia sul piano umano; ma almeno lo è riportare la cronaca d’assaggio delle cinque etichette degustate e commentate in tempo reale…

Örebro Bitter – Strong Bitter
In una scaletta alquanto invernale per calore alcolico, già la prima bevuta si è tenuta su valori etilici altini, per il brindisi di partenza. La Örebro è infatti una Strong Bitter, attestata sui 5.9 gradi in volume. La ricetta prevede, in ammostamento, tre tipologie di malto (Lager in maggioranza, una manciata di Cara, una spolverata di Roasted); e in luppolatura altrettante varietà di coni (Target per l’amaro, East Kant Golding più una punta di Cascade per l’aroma). A valle del processo produttivo, la birra si presenta di colore ramato e pulito, nonché bordato di schiuma beige; esibisce un aroma di timbro biscottato, legnoso (matita), rizomatoso (radice di zenzero) e lievemente agrumato (arancia); regalando una sorsata scorrevole, dal piacevole bilanciamento dolceamaro e dal confortevole finale asciutto.

Gransus – Spruce Beer
Si è saliti poi subito a 7 gradi con il secondo assaggio. Quello della stagionale Gransus, una Spruce Beer ispirata tradizioni antiche: non solo locali, ma anche, ad esempio, scozzesi e nordamericane del periodo coloniale. La tipologia di riferimento allude esplicitamente alla modalità di lavorazione; in virtù della quale, sulla ricetta-base di un’alta fermentazione, si aggiunge al mosto (in bollitura vigorosa e a fine processo) una certa quantità di aghi di abete, ancora teneri: raccolti in primavera, per birrificare in agosto e commercializzare in novembre. Il risultato è una pinta dal colore ambrato pieno, dall’aspetto pulito e dalla fine schiuma beige; il cui profumo intreccia note di biscotto, mela matura, resine e balsamicità boschive, mirto e tabacco da pipa; garantendo una bevuta non solo gradevole per il bilanciamento tra dolce e amaro (con rapporti di forza orientati alla morbidezza), ma anche assassina nel saper dissimulare la propria spinta alcolica.

Jerle Kvarn – Farmhouse Ale
Terzo giro e ideale tappa in Belgio. Nella giostra degli assaggi è toccato infatti alla Jerle Kvarn: una Saison senza speziature aggiunte, ma affidata in fermentazione alle esuberanze di un lievito Farmhouse che lavora spingendosi fino ai 28 gradi, esplodendo odorosità ad ampio raggio. Così, se i malti in ammostamento (da orzo e frumento, di un piccolo impianto del Götaland) si esprimono in sensazioni carezzevoli (pasta frolla, miele, un tocco di affumicatura), il Saccharomyces qui in campo si abbandona a flussi multidirezionali potenti e in parte più rustici: frutta matura e sotto spirito (cotogna), speziature fenoliche e non (chiodo di garofano, noce moscata, ginepro), rusticità animali (cuoio, tra l’altro). Quanto alla bevuta, risulta secca (in termini di residui zuccherini) eppure non emaciata (la sensazione è che ci sia glicerina in circolo); e protesa verso un finale in cui l’alcolicità dei suoi 7 gradi si avverte solo dopo la deglutizione: troppo tardi…

Corcaigh – Imperial Stout
Ancora più in alto con l’asticella etilica: il quarto bicchiere ha toccato quota 7.8 gradi con la Corcaigh, una Imperial Stout dal colore scuro, i cui bagliori castagna lasciano intuire un aspetto pulito (a dispetto della quasi totale impenetrabilità della massa cromatica) e si uniscono alle rituali bordature di schiuma nocciola per confezionare un’estetica da disciplinare, in termini di attinenza stilistica. Quanto all’aroma, la piattaforma olfattiva consegna quel che ci si aspetta: orzo in tazza, caffè espresso, liquirizia, polvere di cacao, foglie di tabacco, sensazioni da matita e corteccia; mentre la sorsata – in buon equilibrio tra dolce e amaro (con il secondo a prevalere, nella progressione) – impressiona per l’asciuttezza della chiusura e la conseguente (criminale) facilità di bevuta.

Utropstecken Barrel aged – Barley Wine
Gran finale con tripudio alcolico, a conquistare la vetta dei 13 gradi in volume. Tanti ne raggiunge la Utropstecken Barrel Aged: nome quanto mai calzante (il primo termine, quello svedese, si traduce come Punto Esclamativo), giacché questo Barleywine manifesta una personalità erculea, costruita tra l’altro affinando per tre mesi in botti che, in precedenza, hanno ospitato la maturazione di whisky torbati: la cui impronta si ricalca anche nella fisionomia della birra. Quale fisionomia? Ecco qua. Colore ambrato, aspetto pulito, fine schiuma beige; aromi imponenti da calotta di panettone, miele, mandorle glassate, vaniglia, frutta candita (uvetta, datteri, arancia) e, appunto, distillati in versione smoked; il tutto seguito da una sorsata calda e avvolgente, ma non masticatoria: ovviamente orientata alla dolcezza, eppure immune da residui zuccherini pastosi, tanto da farsi bere con disinvoltura, salvo poi far presente in deglutizione (con un’inevitabile vampa riscaldante) il proprio massiccio recapito etilico. La chiusura più confortante, per una bella sessione invernale: viva la Svezia!