Non certo quella che potremmo definire “un’irresistibile ascesa”; ma, altrettanto di sicuro, una dinamica di crescita inoppugnabile: attestata da evidenze oggettive, facilmente tangibili anche attraverso una semplice prova empirica: l’osservazione diretta in contesti significativi. Parliamo di birra; e in particolare del ramo “basse gradazioni”. Le quali, da qualche tempo a questa parte, vedono aumentare la propria capacità di captare e catturare l’interesse del pubblico. Giova ripeterlo: non si tratta di un’ondata travolgente; ma di un processo di graduale allargamento dello “spazio di manovra” occupato dalle bevute registrate su valori alcolici dal 5% in giù. Uno spazio, peraltro, il cui perimetro sembra consolidarsi; ed entro il quale, i prodotti che ne fanno parte dimostrano di saper esercitare un’attrazione meritevole di essere registrata e considerata per quello che probabilmente è: ovvero un processo di respiro non momentaneo, bensì destinato, ovviamente insieme ad altri, a definire lo scenario del settore in una prospettiva quantomeno a medio termine.
In due parole: al banco di mescita, se le stazze etiliche “maggiorate” conservano intatto il loro potere di seduzione, devono tuttavia spartirsi la scena di fronte allo sgomitare delle taglie “mini” e perfino “micro”. E ciò vale tanto al pub quanto nella cornice di un festival tematico, quale ad esempio il “BeeRiver” di Pisa: che va in scena, di norma, due volte l’anno (una a ottobre, uno in maggio), alla “Stazione Leopolda”; e che, in occasione della sua edizione primaverile di quest’anno, ha confermato l’esistenza di un filone di consumo orientato, appunto, verso la sorsata “leggera”. Quanto alla tipologia specifica, non ce n’è stata una prevalente; e ciò, forse, è un indizio che, di per sé, può contribuire a spigare la tendenza di cui si sta parlando: a prescindere dal loro calibro, le “ipocaloriche”, interpretando un ventaglio di paradigmi organolettici piuttosto ampio, hanno modo di intercettare e soddisfare le preferenze di vari e diversi segmenti del mercato, senza confinarsi in un recinto angusto e poco elastico. Tornando appunto alla rassegna organizzata sulle rive dell’Arno, abbiamo chiesto a ciascuno dei produttori se ci fosse stata, tra le proprie, una birra a bassa gradazione particolarmente “gettonata”; ed ecco il quadro che ne è uscito: un quadro, stilisticamente parlando, multicolore quanto un caleidoscopio…
KERMESSE (BEHA)
Alle spine del marchio romagnolo “Beha” (Rimini), decisamente buono è stato il riscontro ottenuto dalla Blanche della casa: la “Kermesse”, una versione da 4 gradi e mezzo, la cui miscela secca assembla malti d’orzo e frumento, grano crudo e avena in fiocchi; e la cui speziatura include coriandolo e buccia d’arancia sia dolce sia amara. Colore paglierino e aspetto velato, la birra consegna (oltre a quelli, scontati, dovuti agli ingredienti in aggiunta diretta) profumi di panificato chiaro, banana e pera Williams, ciclamino e chiodi di garofano; mentre al palato rilascia una sorsata fresca, dalla corporatura leggera, dalla bollicina vispa, dalla pimpante corrente dolceacidula e dal bel finale asciutto.
NAOS, SESSION IPA (SOUTH SOUL)
Nel listino di “South Soul” – a Francolise, località Sant’Andrea del Pizzone – in grande spolvero una tra le etichette “della prima ora” per il marchio casertano (tra i due campani presenti sotto la Torre): si tratta della “Naos”, una Session Ipa essa stessa da 4 gradi e mezzo, la cui gestazione – che si concretizza in un bicchiere color paglierino d’aspetto velato – comprende, in ammostamento, malti Pils e avena in fiocchi; in luppolatura, gettate di Centennial, Ahtanum, Lemon Drop, Simcoe e Mosaic; in tino di fermentazione, un lievito sostanzialmente neutro. All’assaggio i profumi parlano di panificato a breve cottura, uva spina, limone e arancia; la sorsata si sviluppa con un corpo leggero, una carbonazione viva, un finale asciutto e un pulito finale amaricante, deciso ma senza sgarberie.
PAURA PAURA, ENGLISH PORTER (BONDAI)
Si cambia regione e si cambia genere. Sotto le insegne di “Bondai” (Sutrio, Udine) è andata forte una Porter, la “Paura Paura”, un’esecuzione da 5 gradi, brassata (anche in ricetta) con rigore anglosassone: malti Pale, Chocolate, Brown; luppolatura monovarietale da East Kent Golding. In mescita, la massa liquida è di color ebano, la schiuma scala su tonalità cappuccino; l’arco olfattivo tocca le corde quali caffè espresso, orzo in tazza, cacao in polvere, matita e tabacco; la bevuta si caratterizza per un corpo dalla consistenza medio-leggera, per una bollicina setosa e per una chiusura asciutta che lascia esprimersi contenuti amaricanti tanto nitidi quanto equilibrati.
THE PILSENGER, ITALIAN PILS (POGGIO ROSSO)
Tra i due “nomi” toscani in rassegna, il marchio agricolo “Poggio Rosso” (di Peccioli, in provincia di Pisa), ha visto sotto i riflettori la propria Italian Pils. Battezzata “The Pilsenger” e tarata sui 5 gradi, nasce da un impasto di tutto malto Pils e da una luppolatura alla quale concorrono Target e Saaz in caldaia, Mittelfruh e Smaragd in dry hopping. Al banco di prova, il colore è paglierino e l’aspetto pulito; l’argomento aromatico inanella note di panificato pre-infornamento, prato falciato, fiori di peonia e di lino; il sorseggio procede lungo il filo di una corporatura leggera, di una bollicina arzilla, di una chiusura secca e di un guizzo finale improntato a venature d’amaro erbacee e pulite.
GASSA D’AMANTE, GOLDEN ALE (BIRRIFICIO DEL FORTE)
Colori chiari “sugli scudi” anche in casa “Birrificio del Forte”, realtà artigianale toscana a sua volta, ma con base a Pietrasanta (Lucca). Le leve dei suoi colonnini di spillatura hanno lavorato sodo per far sgorgare a nastro la “Gassa d’amante”, una British Golden Ale da 4 gradi e mezzo, la cui personalità viene scolpita in primis attraverso una luppolatura affidata a gettate di East Kent Golding, Cascade (coltivato in Germania), Bobek e Perle. Il colore è paglierino pieno, l’aspetto pulito; la piattaforma odorosa abbraccia temi di panificato chiaro, mela Golden, foglie di geranio e fiori di tiglio; la corsa palatale procede fluida, grazie al corpo leggero, alla carbonazione vibrante, al finale asciutto e a un taglio conclusivo amaricante in cui affiorano sensazioni anche da radice, ad esempio tarassaco.
BUN PAT S-IPA, SESSION IPA (SAGRIN)
Tra le referenze firmate “Sagrin” (Calamandrana, Asti), di spicco le prestazioni fatte registrate dalla “Bun Pat S-Ipa”, catalogata, dalla stessa scuderia piemontese, come “Session Apa”. Attestata sui 4 gradi e 2, presenta un temperamento a definire il quale provvede un’originale luppolatura da varietà statunitensi e sudafricane: Southern Passion in amaro, Galaxy in aroma e dry-hopping. Alla mescita il colore è dorato e l’aspetto velato; al naso affiorano sensazioni di mango e nettarina, fiori di zagara, scorza d’arancia e pompelmo rosa; al sorseggio, il corpo è leggero, la carbonazione vivace, il finale secco e intonato a una venatura amaricante piuttosto contenuta.
PRIMA, GERMAN PILS (LA BREWERY)
Anche per la Lombardia, due i marchi presenti a BeeRiver maggio 2023: tra essi “La Brewery” (di Bernareggio, in provincia di Milano) ha incassato il buon gradimento raccolto, presso la platea, da parte della propria German Pils, battezzata “Prima” e posizionata sui 5 gradi alcolici. Di colore paglierino e aspetto pulito, offre profumi prativi, per effetto di una procedura imperniata su un impasto di solo malto Pils e su una luppolatura da Magnum, Saaz e Mittelfruh: alle narici abbiamo così panificato a breve cottura, erba tagliata, fiori di lino, camomilla e artemisia. Quanto alla bevuta, risulta agile, scattante, in virtù di una corporatura leggera, di una carbonazione briosa, di un finale asciutto e di una corrente d’amaro improntata alla prudenza.
FRUIT BEER LAMPONI (LA CURTENSE)
Seconda scuderia lombarda a Pisa, “La Curtense” (di Passirano, Brescia) ha proposto in realtà diverse etichette a basso tasso alcolico; tra esse, a destare positiva curiosità, con i suoi 4 gradi e mezzo, la “Fruit Beer Lamponi”: una base Witbier (con malto d’orzo e frumento, più avena in fiocchi), senza speziatura canonica, ma con una luppolatura (omeopatica) da Styrian Golding e, soprattutto, con l’apporto diretto della bacca di bosco indicata nel nome stesso del prodotto, la cui aggiunta (in quota pari all’1,5%) avviene in forma di purea (previo trattamento per congelazione) durante le battute finali della fermentazione. Colore rosato e aspetto velato, il suo ventaglio aromatico lascia cogliere – oltre all’ovvio contributo dell’ingrediente cardine – impressioni di panificato chiaro, banana, chiodo di garofano e fiori d’ibisco; preludio a una sorsata scorrevole, dal corpo leggero, dalla bollicina allegra, dal finale asciutto (senza appendici amaricanti) e dalla gradevole nervatura acidula.
BONAGADE, GOSE (BONAVENA)
Torniamo in Campania: accanto a “South Soul”, l’altro nome a tenere alto il vessillo della regione è stato quello di “Bonavena” (a Faicchio, Benevento); la cui tap-list ha premiato, tra l’altro, le freschezze della “Bonagade”, una Gose da 4 gradi tondi, aromatizzata – secondo una visione chiaramente personalizzata – con sale, coriandolo, pepe rosa e luppolo della varietà Lemon Drop. Al servizio, il colore è paglierino e l’aspetto velato; la trama olfattiva affianca, ai contributi degli ingredienti in aggiunta diretta, tematiche quali panificato da lievito madre, yogurt al limone, una punta di fresca mineralità; mentre la bocca si lascia refrigerare da sorsate leggere nella corporatura, animate da una bollicina vivace, percorse da una ficcante dorsale acido-sapida provvista di risonanze nitidamente citriche
LA PICCOLINA, SESSION IPA (’A MAGÀRA)
Infine la Calabria, con il marchio “A Magàra” (Nocera Terinese, Catanzaro): il cui banco di somministrazione ha registrato buona affluenza e buone recensioni per “La Piccolina”, una Session India Pale Ale da 4 gradi e mezzo, affettuosamente etichettata come “Small Ipa”. Il suo Dna sensoriale discende da una miscela secca di malti Pils e Pale; su cui poggia una luppolatura da Cascade, Motueka e Mosaic. Il colore è paglierino carico, l’aspetto velato; i profumi fruttati ed estivi: panificato a breve cottura, uva spina, melone bianco, pompelmo, fiori d’achillea; il palato si struttura attraverso una corporatura leggera, una carbonazione vitale, un finale secco e un’amaricatura dosata.
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