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Birra della settimana

Abbinamenti gelato-birra, si può? I nostri consigli per un assaggio perfetto

10 Gennaio 2021
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di Simone Cantoni

Chi l’ha detto che il gelato non sia adatto all’abbinamento con una birra? Al contrario, può esserlo eccome; a determinate condizioni certo: rispettando le quali, però, diventa, anzi, protagonista di combinazioni davvero interessanti. E chi l’ha detto, poi, che un’esperienza di questo genere sia prerogativa unica dei mesi assolati, quindi interdetta (o giù di lì) dal poter calpestare i sentieri gastronomici delle collezioni autunno-inverno? Anche in questo caso, pregiudizio infondato: quantomeno eccessivo, giacché il concetto di calore, al di là del mero parametro termico, abbraccia aspetti anche psicologici, in virtù dei quali trova diritto di cittadinanza in alcuni segmenti del gusto considerabili caldi di per sé, a prescindere dalla… colonnina di mercurio. Di tutto questo si è parlato nel corso di un laboratorio d’assaggio organizzato, nella propria struttura operativa (impianto e tap-room) del Piccolo Birrificio Clandestino, a Livorno; in collaborazione con un’altra eccellenza toscana del panorama nazionale ovvero la Gelateria De Coltelli, il cui laboratorio ha sede nella vicina Pisa (a sottolineare il fatto ulteriore che, quando si parla di piaceri del palato le questioni del campanile incidono in misura vicina allo zero: assoluto, volendo restare in tema di temperature). A condurre le danze gli stessi stessi produttori: il padrone di casa, Pierluigi Chiosi (prodigo di pinte: sia proprie sia altrui, come vedremo), affiancato da Erica Parri (responsabile commerciale del Pbc, ma anche assaggiatrice); e Gianfrancesco Cutelli, l’ospite d’onore, munito di coppe, palette e contenitori refrigeranti per custodire le sue cremose creazioni.

LE PREMESSE METODOLOGICHE
Ora, la deontologia impone una premessa. Se è vero (e lo è) che l’abbinamento di cui parliamo non risulta infattibile, lo è altrettanto che alcuni punti di possibili criticità, in effetti, li fa emergere. E sono legati proprio alla questione dei gradi centigradi in pista: perché il gelato (nomen omen) si presenta freddo tanto da sottoporre il cavo orale a un effetto anestesia tale da rendere, per qualche secondo, i suoi strumenti di senso poco o niente ricettivi. E questo è un problema – capirete – non da poco. Prova e riprova, tuttavia, una simile difficoltà si rivela non insormontabile; e se a determinarla è ciò che potremmo chiamare il fattore T (nel senso di temperatura), sarà sempre quello (declinandolo nel significato di tempistica) a offrirci la soluzione del rompicapo. Per ovviare all’inconveniente del trauma termico di cui si è detto, possiamo infatti procedere in questo modo. Prima irrorare il palato con un sorso di birra, essa stessa fresca, a rendere graduale l’impatto con il gelato; quindi introdurre quest’ultimo, in quantità contenuta (così da velocizzarne lo scioglimento: altra precauzione atta a mitigarne l’urto), diluendola rapidamente lungo tutte le superfici interne della bocca e accelerandovi la risalita delle temperature; non appena questo insieme di meccanismi avrà reso possibile iniziare a distinguere con precisione i contenuti gustolfattivi del gelato stesso, intervenire – pressappoco in corrispondenza della sua deglutizione – con un secondo sorso di birra. Ecco, nella circostanza del nostro laboratorio si è seguito esattamente un approccio del genere; applicandolo a una scaletta di assaggi che, a questo punto, andiamo volentieri a raccontare…

LE BACCHE DI BOSCO
Primo faccia a faccia, quello che vede un dissetante sorbetto al lampone e rafano incrociare la propria strada con quella di una Berliner Weisse essa stessa ai lamponi, la rosata Zelena, firmata, a Poggibonsi (Siena), dal marchio toscano 26 Nero. Il boccone è leggero (non ha grassi da far smaltire alle capacità lubrificanti del sorso) e si presenta ben vivace nell’acidità lattica: la stessa rintracciabile nella bevuta (con una gradevole dinamica di sovrapposizione attenuativa: le due potenziali aggressività, cioè, si riducono vicendevolmente); bevuta che, a sua volta (agile il corpo, appena 4.3 i gradi alcolici), rispetta il livello di densità sensoriale complessiva del morso. Colpiscono – aggiungiamo – due ulteriori aspetti positivi dell’incontro: il piccante del rafano non trova ostacolo in note amaricanti di sorta (la Zelena non ne possiede); mentre la sua balsamicità potenzia la carica aromatica totale del sorbetto, accentuandone la naturale caratterizzazione da bacche di bosco che trova un millimetrico allineamento con quella espressa dalla birra.

LA FRUTTA ESTIVA
Si cambia registro, al secondo round: e anche, senza troppi complimenti, si spinge sul pedale degli ottani etilici. Il bicchiere protagonista è infatti quello di una Double Ipa: l’ambrata Kyra, sfornata – a Capodacqua d’Assisi (Perugia) – dalla squadra di Birra dell’Eremo, con la sua gittata da 8.7 gradi. A lei il compito di assecondare il carattere di un altro sorbetto, stavolta al melone e peperoncino, la cui indole si rivela per più versi bifronte: al naso setosa delle carezze tropicali disegnate dal frutto che è cardine della ricetta e, insieme, affilata delle frizzantezze tipiche della spezia coprotagonista; al palato rotonda di zuccheri, ma tagliente sul finale in virtù della prevedibile (e non disattesa) piccantezza, a sua volta portata dal peperoncino. Proprio alla luce della piccantezza appena menzionata, uno dei concetti-chiave nella scelta della birra candidata all’abbinamento è stato: amaricature al minimo sindacale; e il requisito è pienamente assolto dal sorso in questione: la cui fisionomia (la miscela secca contiene, tra l’altro, frumento e avena) riprende, volutamente, la bocca di una Neipa. Inoltre le dominanti olfattive del gelato (con il melone in posizione trainante, è chiaro) e del calice (una spirale di litchi e papaia) costruiscono, nel reciproco intreccio, una consonanza armonica, di timbro estivo, non solo vigorosa ma anche di lunga persistenza post-deglutizione.

LA FRUTTA DA GUSCIO…
Un vertiginoso climax di golosità porta speditamente al terzo incontro: una sfida secondo la formula uno contro due; anzi, una contro due: ché a battersi in solitaria è la birra. Ma si tratta di una guerriera di rango: la Fortezza Nuova, l’English Barleywine della scuderia di casa, con il suo austero colore ramato; i suoi 10.5 gradi alcolici; la sua corporatura medio-robusta; il suo impianto gustolfattivo costruito attorno a un concerto di toni caldi: calotta di panettone, croccante paesano, frutta disidratata (fichi, uva passa) e secca (nocciola e mandorla, ad esempio). Ecco, si unisca a tutto ciò l’energia di una solida dorsale liquoroso-ossidativa (da Sherry Oloroso) e si capirà la scioltezza con cui questa lady di ferro si muove in danza alternata con non uno, ben due gelati: amaretto il primo, anacardo e caramello il secondo; in entrambi i casi riprendendone con il calibro gli orientamenti olfattivi; in entrambi i casi liquefacendo con grazia il contenuto in grassi dell’uno e dell’altro. Mentre bocconi e sorsata – quasi superfluo dirlo – propongono al palato dosi sostanzialmente speculari di dolcezza, ottemperando al comandamento-principe della teoria classica degli abbinamenti in materia di dessert…

LE TORREFAZIONI
Classici anche i criteri alla base del quarto corpo a corpo: parità (tra boccone e sorso) delle densità sensoriali; proporzionalità delle rispettive tonalità amaricanti e zuccherine; corrispondenza delle rispettive direzioni olfattive. Corrispondenza che, nel caso di specie, diventa sostanziale identità. Nel bicchiere abbiamo infatti una Imperial Stout da 8.7 gradi, la scura (un ebano impenetrabile) Piedi Neri, prodotta da Croce di Malto – birrificio piemontese di Trecate (Novara) – seguendo una ricetta che include anche riso e farina di castagne; mentre nella coppetta troviamo un sorbetto alla massa di cacao e macis, ingrediente, quest’ultimo, di timbro speziato (ricorda l’alchermes) costituito dalla parte interna del frutto il cui seme non è altro se non la noce moscata. Un bel match, degno di concludere la serie: energie che replicano l’una all’altra vicendevolmente; la materia grassa del cacao (un Davao delle Filippine) che si scioglie sotto il massaggio alcolico della sorsata (rafforzato nella sua azione dalla bollicina della birra); e infine, al netto di tali reciproche sottrazioni, lo svettare stereofonico degli aromi torrefatti, con il motivo conduttore del cioccolato (espresso tanto dal boccone quanto dalla bevuta) al quale il gelato aggiunge la nota del macis e la Piedi Neri quelli del caffè, dell’orzo in tazza, della liquirizia e della china. Un fuoco d’artificio a tinte scure…

GELATERIA DE COLTELLI
lungarno Antonio Pacinotti, 23 – Pisa
T. 345 4811903
info@decoltelli.it

BIRRIFICIO 26 NERO
Località Fosci, 24/F – Poggibonsi (Siena)
T. 338 9629817
info@birrificio26nero.it

BIRRA DELL’EREMO
Via Monte Peglia, 5 – Capodacqua di Assisi (Perugia)
T. 075 8064602
info@birradelleremo.it

PICCOLO BIRRIFICIO CLANDESTINO
via Domenico Cimarosa 37/39 – Livorno
T. 0586 854439
info@piccolobirrificioclandestino.it

BIRRIFICIO CROCE DI MALTO
Corso Roma 51/A – Trecate (Nvara)
T. 0321 1856101
info@crocedimalto.it