Stevie Kim è un vero “terremoto”. Di tante cose. La sua mente è velocissima. E il suo ingegno pure. Quest’anno festeggia i primi dieci anni di Wine2Wine (a Verona il 13 e 14 novembre). “E se ci ripenso non ci credo”, dice mentre scambiamo 4 chiacchiere al telefono. La sua collaborazione con il Vinitaly è iniziata 12 anni fa “e Wine2Wine – dice con tanto orgoglio – è stato il mio primo bimbo, la mia prima creatura”. Perché Wine2Wine ha avuto una gestazione lenta e diversa dal format di successo che è oggi. Prima era inserito all’interno del Vinitaly, “ma ci siamo resi subito conto – dice la Kim – che ai produttori era una formula che non piaceva”. Già, perché i produttori, durante il Vinitaly stanno dietro al loro banchetto, devono fare “money”, i soldi, gli affari. E quindi convincerli a partecipare ai seminari “non era una cosa facile”. Certo, spiega la Kim, “trovare un momento giusto per i vignaioli non è mai facile. perché per loro non è mai il momento giusto”. Da qui nasce l ‘idea di un appuntamento che arrivi dopo le fatiche della vendemmia e che sia prima del Natale: “Wine2Wine è un prodotto di Vinitaly e VeronaFiere che è stato ideato per preparare al meglio i produttori alla partecipazione proprio del Vinitaly – dice Stevie Kim – Noi siamo una sorta di ponte per fare in modo che i produttori italiani possano usare al meglio la piattaforma del Vinitaly, una sorta di corso di formazione”.
Al Wine2Wine si parla dunque l’inglese, perché i relatori dei seminari parlano la lingua più internazionale del mondo: “Ma attenzione – dice la Kim – In ogni aula dei seminari ci sono traduzioni simultanee per quei produttori che non hanno molto feeling con le lingue straniere. Nessuna paura”. Il Wine2Wine è nato dall’esigenza di far focalizzare i produttori italiani sui mercati esteri, “perché ho sempre ritenuto che ci siano tantissime occasioni, per i produttori italiani – dice Kim – di parlare del mercato interno, ma poche per quelli esteri”. Il debutto dell’edizione 2023 del Wine2Wine è ormai dietro l’angolo e la Kim arriva a questo decimo anno di evento con un sentiment “bitter-sweet“, per dirla alla sua maniera, un po’ dolce-amaro: “Da un lato sappiamo benissimo che il decimo anniversario è un traguardo fantastico – dice – Abbiamo fatto investimenti importanti, anche con il contributo di Ice. Tantissimo impegno da parte di chi ha creduto che fosse fondamentale creare una sorta di percorso di facilitazione per mettere in correlazione i produttori italiani con i mercati esteri. Sono davvero molto contenta che siamo anche riusciti a mettere in relazione tutte le attività di Vinitaly e la nostra Academy (la Via, Vinitaly International Academy, con 340 ambasciatori del vino italiano già formati, ndr)”. Ma c’è anche il lato amaro: “Mi dispiace che per i produttori italiani non ci sia spesso lo stesso entusiasmo – dice – Vorrei che ci fosse più condivisione. Alla fine è un evento che è stato pensato ed organizzato per loro. Ospitiamo relatori di altissimo profilo che vengono a Verona da tutto il mondo. Incontrarli, spesso, è un’occasione unica”.
Sono tre, secondo la Kim, gli eventi da non perdere assolutamente in questa edizione del Wine2Wine. Il primo riguarda le valutazioni dei vini. Verranno fatti 5 incontri in cui gli esperti racconteranno i loro metodi di valutazione delle etichette: “Perché – dice la Kim – i produttori devono avere la consapevolezza che si tratta di valutazioni soggettivi e devono imparare come vengono visti e valutati dalle varie parti”. Tra le degustazioni quelle con Wine&Spirits e VinePair. Poi focus sulla Sicilia, il 14 novembre dalle 11,15, con la conferenza di Alessio Planeta, Antonio Rallo e Alberto Tasca. E, infine, si parla di comunicazione sui social media con Laura Catena, la bravissima produttrice argentina, titolare dell’azienda vitivinicola Catena Zapata diventata un vero feonomeno sulla comunicazione digitale. Appuntamento il 13 novembre alle 11,15.
Con Stevie in chiusura si parla del momento che sta vivendo in generale il vino italiano. “Due Masters of Wine italiani sono di certo una buona notizia – dice – Significa che gli italiani finalmente non parlano più solo tra di loro, ma si confrontano con altri mondi”. Poi la questione del mercato americano in crisi per i vini italiani: “Un dato preoccupante – dice – Stiamo parlando del mercato numero 1 per i vini italiani. Credo che il problema però sia proprio a monte. Lo dico sempre: la parte difficile non è fare il vino, è venderlo. Ma come si vende? Bisogna comunicarlo. Non si può aspettare che l’importatore faccia tutto il lavoro. In Italia bisogna cambiare mentalità. Ogni bottiglia, ogni vino, ogni azienda e territorio vanno comunicate in maniera unica. Qui, invece, mi pare che la comunicazione sia sempre tutta uguale”. Infine una battuta per chiudere la nostra intervista: “Quanto mi sento italiana? – dice – Io sono in Italia fisicamente, ho tratti orientali e un cervello americano. Quando sono in Italia mi sento italiana al 10 per cento. Quando sono all’estero, però, sono italiano al 90 per cento”.