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L'intervista

Stella Marotta, la sommelier migliore della Campania: “Oggi siamo prima di tutto dei comunicatori”

07 Settembre 2023
Stella Marotta Stella Marotta

Nell’ambito della manifestazione “Pompei, dell’Antichità della Vitae e del Vino” organizzata da Dante Stefano Del Vecchio e Ais Campania, si è tenuto il concorso “Miglior Sommelier della Campania”, che ha visto premiare Stella Marotta, classe 1983 di Capaccio-Paestum, della Delegazione Ais Cilento e Vallo di Diano e sommelier Ais solo dal 2021. Un concorso impegnativo composto da due fasi, la prova semifinale a cui accedono tutti i concorrenti e le prove conclusive, a cui accedono solo i tre concorrenti che hanno ottenuto il punteggio più alto nella prova scritta. Tra i dodici concorrenti iscritti alla gara, Pasquale Esposito, Stella Marotta e Angela Miccio, sono arrivati in finale, per poi sfidarsi tra prove di degustazione, abbinamento decantazione e di comunicazione, sul palco allestito all’interno del Quadriportico dei Teatri. A conquistare il podio la cilentana Stella Marotta, insignita del titolo “Miglior Sommelier della Campania 2023”, che porterà i colori della Campania nella gara nazionale per miglior sommelier d’Italia. Abbiamo fatto due chiacchiere con Stella per conoscerla meglio e capire cosa l’ha spinta verso questo percorso.

Ci racconti qualcosa di te? La tua formazione e le tue esperienze lavorative?
“La mia è una formazione eterogenea, a differenza di molti sommelier, non opero propriamente nel settore e non mi sono formata all’istituto Alberghiero; ho frequentato il Liceo Scientifico per poi laurearmi in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Salerno. Ho poi proseguito con la Magistrale all’Alma Mater Studiorum di Bologna, incuriosita dalle teorie di Umberto Eco. All’epoca avrei voluto lavorare in un’agenzia di comunicazione e creare pubblicità, cosa che ho fatto per un breve periodo sempre a Bologna. In ogni caso durante i miei studi ho fatto l’hostess di sala e la cameriera, come del resto succede a molti ragazzi della mia zona. Grazie a una serie di esperienze all’estero, tra Erasmus a Helsinki e diverso tempo in Danimarca, ho maturato l’idea di voler lavorare nella promozione del territorio italiano all’estero e per questo motivo ho fatto un “Master in Internazionalizzazione d’Impresa (import-export) all’Università La Sapienza di Roma”. Da lì è iniziata la mia esperienza lavorativa vera e propria in diverse aziende operanti all’estero, prima con fertilizzanti biotecnologici, poi per una società che esporta eccellenze culinarie italiane e per finire sono approdata al vino, che da una passione è diventata anche un lavoro”.

Dove lavori attualmente e come e quando è iniziata la tua passione per il vino?
“Al momento lavoro come Sales Export Manager per la Cantina Cinque Segni, azienda acquisita dal gruppo Fantini qualche anno fa. Mi occupo dei rapporti con i clienti, seguo l’evasione degli ordini e curo gli aspetti legati all’organizzazione di fiere ed eventi, ai quali poi ho anche il piacere di partecipare. Sono entrata in questa azienda dal 2018 e devo ringraziare anche i titolari, che mi hanno consentito di frequentare i corsi e le varie attività Ais. La mia passione è nata quasi per gioco, del resto sono stata sempre incuriosita dal mondo del vino, sin da quando andavo a trovare i miei nonni in campagna a Laurino durante la vendemmia. Loro hanno sempre prodotto del vino per consumo personale per la famiglia, come spesso accade in queste zone, dopo il master a Roma mi sono trasferita con un mio collega a Termoli, anche lui con la stessa curiosità per il vino e visto che non conoscevamo nessuno, abbiamo pensato di iscriverci a un corso da sommelier per coltivare la nostra passione, oltre che per fare nuove amicizie e frequentare persone che avessero i nostri stessi interessi. Purtroppo, non c’erano corsi Ais al momento attivi, per cui ho iniziato il percorso con un’altra associazione, che ad ogni modo mi ha fatto appassionare al vino e conoscere i territori molisani e abruzzesi. Sono passati nove anni da allora”.

Da quanto tempo sei entrata a far parte della “Famiglia Ais”?
“Sono entrata a far parte della Famiglia Ais nel 2019, ho seguito il primo livello a Salerno e poi ho continuato a Paestum per comodità logistica, concludendo il percorso – per via del Covid – solo a giugno 2021. Dopo il diploma, oltre a essermi iscritta al gruppo di servizio – che mi ha dato la possibilità di partecipare a molti eventi e banchetti che mi hanno fatto crescere dal punto di vista pratico e professionale – a giugno dello scorso anno ho seguito il corso per diventare Degustatore Junior e accrescere le competenze di comunicazione e degustazione”.

Se c’è, chi è stato un tuo maestro e/o riferimento in questo percorso?
“Ci sono diverse persone di riferimento per me in questo percorso, innanzitutto Maria Sarnataro, la Delegata di Ais Cilento e Vallo di Diano, che con garbo e sensibilità mi ha spronata a crescere e migliorarmi. Devo ringraziare lei anche per avermi segnalata come migliore tra i diplomati del mio corso, fatto che mi ha consentito di partecipare all’esperienza che più mi aperto gli orizzonti, ovvero il Master Bonaventura Maschio. Un altro riferimento è stato sicuramente Enzo Di Donna, responsabile del Gruppo Servizi sia della mia delegazione sia di Ais Campania; grazie a lui ho colmato le mie lacune sul servizio e soprattutto è lui che mi spronata a fare servizio sul palco del Miglior Sommelier d’Italia, esperienza a dir poco emozionante. Infine, ma non ultimo, il mio mentore è stato Luca Matarazzo, che ho conosciuto personalmente solo a febbraio di quest’anno, quando c’è stata la presentazione della prima scuola concorsi regionale, a cui poi ho preso parte. Luca mi ha fatto prendere coscienza del fatto che con impegno e dedizione avrei potuto combattere le mie insicurezze, oltre a darmi una linea guida su come approcciare uno studio critico al vino e al territorio; è grazie a lui che ho preso il coraggio di partecipare al primo Master della Falanghina del Sannio Doc a maggio, dove sono arrivata seconda. Non posso non citare tutto il gruppo di servizio della mia delegazione, in particolare Marianna, Angela, Piero, Silvia, Stefania e Annamaria, che hanno creduto in me più di quanto ci credessi io, per me è stato davvero importante fare parte di un gruppo che mi ha sostenuta”.

Quali credi che siano i punti da evidenziare e approfondire per chi vuole intraprendere la professione di sala o in generale occuparsi professionalmente di vino?
“Credo che la professionalità e la conoscenza premino sempre, correlati da una sana educazione e un pizzico di umiltà. In particolare, per chi vuole occuparsi di vino è fondamentale viaggiare, conoscere i territori, avere occhio critico e curioso quando si va in giro. E poi conoscere i produttori, capire cosa c’è dietro al lavoro che precede la vendita della bottiglia. Bere vino è diventata sempre più un’esperienza complessa e siamo in una società che vive di emozioni e di attimi; quindi, bisogna approcciarsi con sensibilità ed empatia a questo mondo”.

Come vedi il futuro del sommelier e secondo te come è cambiata questa figura negli ultimi anni?
“La figura del sommelier è cambiata tantissimo in questi anni, un tempo questo mondo era più austero e terreno per pochi. I corsi erano seguiti quasi solo da addetti ai lavori, mentre oggi ci sono sempre più persone appassionate che si avvicinano a questo settore, persone che lo fanno per cultura e conoscenza e non per lavoro. Oggi il sommelier è innanzitutto un comunicatore, una figura che trasmette emozioni e che deve farle vivere; acquistare vino da bere non è un mero atto di transazione economica, ma diventa ora un’esperienza a 360°. Il sommelier diventa il mezzo di comunicazione di un territorio, di una denominazione e di un produttore e colma il divario di informazione tra una bottiglia di vetro e un essere umano. Oggi l’informazione è tantissima grazie ai web e ai social, ma si rischia quasi di perdersi tra la moltitudine di informazioni; saper comunicare è comunque un’arte ed è importante essere formati per farlo e secondo me alla base di tutto ci deve essere sempre una buona dose di formazione ma soprattutto passione, curiosità ed empatia”.

Quale vitigno o territorio ami particolarmente e quali vini consiglieresti di tenere d’occhio per il futuro?
“Sarò di parte, ma io amo il mio territorio, il Cilento. Credo che sia ancora un territorio inesplorato e spesso sottovalutato, dove ci sono molti produttori degni di nota che però restano dietro le quinte perché non hanno le giuste connessioni o perché non c’è una cultura tale da fare rete per una sana aggregazione. Uno dei miei vitigni preferiti è il fiano, che apprezzo in tutte le sue sfumature territoriali: dal Cilento all’Irpinia. Per quanto riguarda i vini da tenere d’occhio, resterei sempre in zona e monitorerei alcune interessanti espressioni di fiano e di aglianico del Cilento”.

Cosa non dovrebbe mai mancare nella carta dei vini di un ristorante?
“Innanzitutto, mi piacerebbe che tutti i ristoranti si adeguassero con la stesura di una buona carta dei vini, perché molto spesso in giro si trovano delle carte imbarazzanti che denotano poca conoscenza e scarsa professionalità. Nel mio ristorante immaginario, ad esempio, mi piacerebbe che non mancasse mai una proposta del territorio, in grado di esprimere le diverse sfumature e personalità degli stessi vitigni, a cui affiancare qualche proposta nazionale e internazionale. Ovviamente tutte proposte che ben si abbinino con i piatti proposti dalla cucina e non etichette scelte senza un filo conduttore”.

Hai appena ricevuto un riconoscimento importante, quali sono i vantaggi e quali aspettative hai adesso? Se e cosa cambierà nel tuo percorso professionale con questo titolo?
“Onestamente ancora non ho ben metabolizzato cosa sia successo e faccio anche un po’ fatica a rendermene conto, se non fosse per la mole di messaggi che sto ricevendo. Come tutti i percorsi in AIS che ho fatto finora, mi auguro che sia un punto di inizio e non di arrivo. A livello professionale mi auguro di crescere e infatti terminerò a ottobre il percorso da Degustatore iniziato lo scorso anno. Inoltre, mi auguro che questa mia vincita faccia da cassa di risonanza per il territorio cilentano. Posso sembrare anche ridondante nel citare ripetutamente il Cilento, ma credo davvero che sia un territorio da valorizzare e che ha bisogno di una spinta in più”.