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L'intervista

Rossella Cerea: “La cucina italiana sta bene ma serve un ritorno alle origini con sapori che creino memorie”

06 Ottobre 2024
La famiglia Cerea: da sinistra Roberto Cerea, Francesco Cerea, Bruna Cerea, Enrico Cerea e Rossella Cerea – Credit: Fabrizio Pato Donati La famiglia Cerea: da sinistra Roberto Cerea, Francesco Cerea, Bruna Cerea, Enrico Cerea e Rossella Cerea – Credit: Fabrizio Pato Donati

La responsabile dell’accoglienza e della direzione di sala del Tre Stelle Michelin Da Vittorio: “Siamo una famiglia che apre le porte della propria casa agli amici”

La ricetta vincente per la cucina italiana? La genuinità. Quella per l’accoglienza? Far sentire i clienti a casa. I giovani ristoratori? Serve creare un ambiente stimolante anche sul posto di lavoro. E a dirlo è Rossella Cerea, parte integrante dell’eccellenza italiana della ristorazione e dell’ospitalità.

Una storia familiare, quella dei Cerea. Tristellata, anzi di più. Italiana. Un’istituzione che da quasi sessant’anni è simbolo del tricolore nel mondo. A un passo da Bergamo, a Brusaporto, il Tre Stelle Michelin Da Vittorio, oggi Relais & Chateaux con dieci camere. Il Caffè Pasticceria Cavour 1880, a Bergamo Alta con altre sei camere, i ristoranti a St.Moritz, Shanghai, Parigi, Portofino e Milano per un totale di Nove Stelle Michelin. Un impero, che conta tra Italia ed estero un migliaio di dipendenti.

Un “marchio”, il vostro, simbolo di riconoscibilità e di italianità. Qual è il segreto del vostro successo?

Crediamo che il segreto di una così grande fedeltà da parte dei nostri ospiti sia dovuta al fatto che abbiamo voluto sempre migliorarci, ma senza snaturarci, rimanendo quelli che siamo: una famiglia che apre le porte della propria casa (che sia a Bergamo, St. Moritz, Shanghai o nel mondo) agli amici, per trascorrere insieme un momento felice, mangiando e sentendoci bene insieme. Sono valori che, soprattutto nel fine dining di oggi, sembrano scontati, ma non lo sono.

Ristorazione, ospitalità: come stanno questi due settori in Italia?

L’Italia continua a essere un modello in entrambi i settori e i dati sull’aumento del turismo post-pandemia nel nostro Paese lo confermano. Questo è possibile – ed è un discorso che allarghiamo a tutti i colleghi che operano sul territorio – perché si lavora con personale altamente formato sia in cucina che nell’accoglienza e si dispone di strutture ricettive di primissimo livello. Ovviamente una mano in più ci è data dai panorami bellissimi in cui le nostre realtà sono immerse, è un valore aggiunto fondamentale.

Allestero come viene vista la ristorazione italiana?

Resta indubbiamente uno dei migliori biglietti da visita per incentivare il turismo in Italia e i nostri ristoranti fine dining all’estero sono sempre molto amati e frequentati. La cucina italiana ha da sempre un percepito molto alto al di fuori dei confini nazionali, perché sa essere raffinata e insieme golosa e divertente, innovativa senza dimenticare la tradizione.

In cosa dovrebbe migliorare oggi la ristorazione italiana?

Oggi il tema del bilanciamento tra vita professionale e privata è sempre più centrale e lavorare nella ristorazione impone spesso orari non facili da gestire, che a volte disincentivano i più giovani a intraprendere una carriera in questo ambito. È importante riuscire a costruire un ambiente che sia stimolante non solo professionalmente, ma che sia anche accogliente e trasparente nelle procedure. In fondo questa è una seconda “casa” per buona parte della giornata, con una “famiglia” acquisita con cui si condivide tutto: cercare di far stare bene i dipendenti è un impegno che deve essere assunto per continuare a garantire la qualità del servizio che offriamo, in cucina come in sala, come all’accoglienza.

E la cucina?

La cucina italiana continua a godere di buona salute e non crediamo che ci siano delle migliorie particolari da apportare. Ma possiamo continuare a investire in ricerca e sviluppo, per fare sì che le nostre proposte restino sempre intriganti ma al passo con i tempi. 

Il centro di tutto il vostro impero resta Da Vittorio. Cosa rappresenta per voi questo luogo così iconico?

Qui è dove tutto è iniziato: anche se oggi il nostro Gruppo si è espanso ai quattro angoli del globo, Da Vittorio resta il nostro porto sicuro, la casa che ci aspetta ogni volta che torniamo da un viaggio, il laboratorio dove dare forma alle suggestioni che raccogliamo dalle nostre esperienze. Noi siamo Da Vittorio e Da Vittorio siamo noi. 

Facciamo un bilancio di questo 2024, come sta andando la parte dedicata alla ristorazione? E sull’ospitalità?

Possiamo dire con soddisfazione che in tutte le nostre insegne, dal ristorante gastronomico con il Relais&Chateaux La Dimora a Brusaporto, dalla Locanda Cavour a Bergamo sopra Pasticceria Cavour 1880, ai nostri due DaV, a Milano e all’interno dello Splendido Mare a Portofino, gli ospiti non mancano mai. Riusciamo a diversificare la nostra offerta in maniera centrata su diversi target, ma mantenendo sempre il fil rouge che contraddistingue Da Vittorio: materia prima, trattamento di questa fatto nel maggior rispetto possibile delle sue qualità, servizio professionale ma mai ingessato.

Qual è il futuro della cucina italiana?

Crediamo in un ritorno alle origini, un recupero di gusti più genuini e autentici, sapori che creino memorie e che ci facciano tornare un po’ bambini… il tutto sempre con la massima attenzione al trattamento della materia prima di qualità.