Claudia Stern è il classico esempio di quanto bene faccia quella “sacra curiosità” che rende l’intelletto attivo e che si traduce in gioia di vivere. I suoi occhi si accendono e si fanno più vivaci quando parla di una delle sue più grandi passioni: il vino. E non smette mai di meravigliarsi ad ogni suo viaggio, che diventa non a caso una scoperta di persone, di terre e di vini. Non è la prima volta per lei in Sicilia, e neppure come giudice del concorso vinicolo Sud Top Wine, organizzato dal nostro giornale, di cui ha fatto parte di recente; eppure, afferma: “L’edizione 2024 mi ha aperto la mente, tra conferme e nuove intuizioni”.
Claudia è una donna appassionata, energica e curiosa, come lei stessa si definisce. Scrive per Vinum, una delle maggiori riviste in lingua tedesca dedicate al mondo del vino. Ed è anche titolare della società Wine & Glory, agenzia per la promozione e il commercio del vino. Il vino è parte della sua vita da almeno quarant’anni. Ha ottenuto diversi riconoscimenti: negli anni ‘90 miglior sommelier della Germania – Trofeo Ruinart; nel 1991 sommelier dell’anno Guida Gault Millau; nel 2000 vincitrice dell’Hennessy Trophy; dal 2018 Culinary Cologne Ambassador. Per lei il vino è vita. E riflette una sorte di equazione: belle persone fanno vini buoni; se non altro perché il vino non è di certo una bevanda comune, ma – come lei stessa spiega – espressione della cultura umana e della natura. “Ci trovi sempre qualcosa di nuovo, niente rimane mai immobile, uguale. E quando viaggi tutto questo ti sorprende di continuo”.
Parliamo di Sud d’Italia. La sua più grande sorpresa, che vale una nuova scoperta o ‘apertura mentale’, come lei stessa dice, riguarda i vini da uva a bacca bianca. “Sono il futuro. Normalmente quando si pensa al Sud si immaginano i rossi, con le loro caratteristiche da zone calde, ma se ci focalizziamo sulle zone montane e su quelle vulcaniche che il Sud ospita, comprendiamo che sotto ai nostri occhi c’è molto altro. Pensiamo a tutto l’Appennino che giunge fino alla Calabria o ai suoli vulcanici, in Campania e in Sicilia: regalano vini incredibili, nei quali convivono frutto, acidità, freschezza”.
Non si allinea al suo pensiero, tuttavia, il mercato tedesco, che ancora oggi – dice la Stern – preferisce “vini rossi, pesanti, caldi, dolci, e poco costosi”. La giornalista invece identifica la qualità dei vini del Sud in uno stile con caratteristiche opposte, che associa ai vini dell’Etna o ai bianchi campani, per fare qualche esempio, in cui si trovano ottime acidità e freschezza. “Sono rimasta piacevolmente sorpresa durante il wine tasting di Sud Top Wine. In generale, per i bianchi, per qualche Fiano di Avellino e per qualche Carricante dell’Etna. Non vorrei fare paragoni e comparazioni con i vini francesi, ma amo lo Chablis e la precisione con cui questo vino è ottenuto dalla nuova generazione di vignaioli mi fa pensare ad alcuni Carricante. Per me il Carricante, così come il Fiano di Avellino, il Grillo, lo Zibibbo, il Mantonico e la Falanghina interpretano bene le nuove tendenze del bere. Bisogna riconoscere che c’è un calo di consumo sui vini rossi. E questo significa che il Sud d’Italia ha una grande chance proprio con i vini bianchi. Immaginiamo poi come si abbinano bene ad un crudo di gamberi condito con un po’ di olio extravergine d’oliva e succo di limone, per fare un esempio. In vacanza, lo abbinerei ad uno Zibibbo”.
Qualche raccomandazione però la dà. “Penso che ci siano troppi stili in Sicilia, alla ricerca delle mode. Trovo corretta la combinazione tra innovazione e tradizione, ma non amo i blend di autoctoni con alcuni internazionali, per esempio tra Grillo, Chardonnay, Viognier e un po’ di Sauvignon Blanc. Ma che senso hanno? Penso che si possa fare di meglio con i singoli vitigni autoctoni in purezza, in Sicilia così come in tutte le altre regioni del Sud d’Italia. Meglio prestare attenzione alla vigna e fare ottimi Fiano di Avellino o Carricante in purezza”.
Il futuro del vino? “Secondo me si va verso la direzione di uno stile – dice la Stern – che è quello ormai ben interpretato dall’Etna, dove c’è una moderna interpretazione dei vitigni; in particolare penso al Nerello Mascalese, alla sua eleganza, anche nella versione spumantizzata, in cui lo preferisco al Carricante. Ma fatta questa eccezione, sono innamorata del vitigno etneo a bacca bianca”.
E sull’Etna non vede già l’ora di tornare: “La Sicilia è entrata nel mio cuore parecchi anni fa, durante un soggiorno a Salina: lì lasci andare ogni forma di stress. Ma poi ho conosciuto l’Etna e mi piace tornarci sempre perché sento che regala una speciale energia”. Le sue valigie sono sempre pronte. E noi la aspettiamo per Taormina Gourmet per la conduzione di alcune imperdibili masterclass.