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L'intervista

Angiolino Maule: “I produttori naturali non osano più. E fanno piccoli vini”

23 Agosto 2024
Angiolino Maule Angiolino Maule

Una chiacchierata con Angiolino Maule, patron de La Biancara a Montebello Vicentino in provincia di Vicenza, e presidente dell’associazione VinNatur, dovrebbe essere quasi prescritta dal medico. Per rimettersi in pace con se stessi. Maule, infatti, ha sempre il tono basso della sua voce e le sue parole sono sempre pensate e misurate. “Tranne quando ho replicato a Farinetti, lì no”, dice scherzando Maule. Ma anche su questo punto ci torneremo. Perché l’intervista, telefonica ovviamente, è stata ricca di spunti. Che non guastano mai. A cominciare dall’imminente vendemmia.

Maule, è tutto pronto?
“Volevo fare un giro tra i vigneti domani. Ma la Garganega è un po’ tardiva e vorrei aspettare ancora 10, 15 giorni. Abbiamo il Tocaj rosso che qui da noi è molto precoce. E domani vado a vedere a che punto siamo. Penso nel giro di una settimana di cominciare. E poi il Merlot. Ma per quest’uva siamo ancora lontani”.

Che aspettative ha?
“Buona annata, non grande annata”.

In che senso?
“C’è stata una primavera molto piovosa e un’estate calda, ma non caldissima con tanta umidità che ha favorito le malattie oidio e peronospora. In collina, per fortuna, siamo solo “graffiati” da questi problemi”.

Ma non sarà una grande annata…
“No, perché abbiamo avuto un accrescimento veloce proprio per le tante piogge primaverili e poi in estate con tutti i nostri trattamenti fatti (naturali ovviamente), abbiamo intuito che quella in arrivo non avrebbe avuto le carte in regola per diventare una grande annata”.

Dall’alto della sua collina, osserva un po’ i problemi del vino italiano? Che ne pensa?
“E’ ovvio che ci sia qualcosa che non vada nel vino italiano. Ma credo che questi alti e bassi ci siano sempre stati. Poi guardiamo a quello che succede nel mondo: due grandissime e importanti guerre, la crisi economica dopo il Covid, l’incertezza politica americana, le forze mondiali che si stanno spostando verso la Cina e l’India indebolendo l’America, la Russia e l’Europa: messo tutto insieme non mi pare che in generale stiamo vivendo un bel periodo… E non parlo solo di vino”.

Lo so che questa domanda gliel’avranno fatta migliaia di volte, ma il vino naturale esiste?
“Eccome. Io rappresento il mondo del vino naturale. Che non vuol dire far fare alla natura il suo corso. Chi lo dice parla da ignorante. Vuol dire che l’uomo, che fa parte della Natura, aiuta questa a produrre un prodotto con il quale poi si potrà arricchire. E per fare questo bisogna conoscere la natura stessa, giocare con lei, sapere cose che il mondo di chi fa il vino in maniera convenzionale non conosce. Il modello dei vini naturali è fatto di tanta sperimentazione e di grande conoscenza. Oltre ad avere almeno 3 attenzioni nei vigneti”.

Quali sono?
“L’importanza di un suolo ben arieggiato, con molto più biodiversità, non solo di erbe, ma anche di insetti, di microrganismi, in modo che l’apparato radicale della vite possa nutrirsi di tutti questi elementi e la pianta diventi più autosufficiente riguardo i patogeni; in fase aerea, stimolare la pianta non con sistemici o altre diavolerie, ma con estratti vegetali o distillati del legno per aiutare le difese immunitarie della pianta; e poi occorre un’agronomia di altissimo livello, perché non si può abbandonare la pianta a se stessa, ma bisogna essere sempre in grado di intervenire quando per esempio ci sono annate complesse come questa, prepararla in maniera adeguata, ad esempio esponendo il grappolo ai raggi solari per prevenire le malattie”.

Eppure il mondo del vino naturale continua ad avere sempre pochi estimatori, o meglio tanti nemici…
“Ma lo sa perché, secondo me? Perché c’è sempre meno voglia di lavorare da parte dei piccoli produttori che adesso sono perlopiù piccoli imprenditori. Loro sono manager a tutti gli effetti: mettono su una squadra magari di indiani o marocchini per gestire il vigneto e loro vanno in banca, nei consorzi, in giro per il mondo a fare presentazioni. Si è perso il contatto di osservare le cose della natura e poi metterle in pratica. Anche io ha messo su una squadra di indiani per aiutarmi nel vigneto. Ma ho trascorso con loro 10 ore al giorno per tutta l’estate. Perché, nonostante siano bravissimi, servono sempre dei suggerimenti per non farli sbagliare”.

Ma non tutti i suoi colleghi, però, sono così…
“No, infatti. Molti mi prendono in giro. Si sta perdendo la passione di fare il vino in un certo modo. E i risultati nei calici sono ben diversi…”

Vuole insinuare qualcosa?
“Da qualche tempo a questa parte il mondo del vino naturale si sta standardizzando verso il basso. Nessuno vuole più osare e tutti si stanno accontentando dei vini “glu glu glu” come li chiamano i francesi. Se serve per i guadagni, ok. Sono d’accordo. Ma ogni azienda, dovrebbe avere il vino cru che rappresenti al meglio il loro territorio. I vini naturali sono nati per questi. Ora mi sembrano tutti piccoli vini”.

In che senso?
“Che tutti fanno vini standardizzati. Soprattutto lo fanno attraverso le bollicine, che sono vini più facili che magari possono essere fatti con materie prime non importanti. Invece fare il vino naturale in un certo modo richiede tanto sacrificio, tanto lavoro in vigna e poi in cantina. E non tutti sono più disposti a farlo”.

E…
“E si va alle fiere. Ci si congratula, tante pacche sulle spalle, ma poi assaggi. E nel calice non c’è quello che ti aspetti. Piccoli vini. Che vuol dire poco impegno, non avere la capacità di osare, di mettersi in discussione e di rischiare”.

Ha letto di Walter Massa e dell’uso dei fitofarmaci? (leggi qui)
“Mi sarei stupito di più se si fosse dichiarato un produttore biologico…”

E della polemica con Farinetti? (leggi qui)
“Sono stato un po’ cattivo con lui. Ma mi sono veramente arrabbiato. Sentirmi dire fighetto mentre ero in vigna da ore, con un caldo che si moriva e le mosche che mi ronzavano intorno, mi ha fatto perdere la bussola. E gli ho risposto per le rime. Alla fine non mi ha mai telefonato o replicato. Avrò colpito e affondato…”