Il patron di Bellavista annuncia la nuova società di distribuzione e i prossimi obiettivi delle sue aziende. E come presidente di Franciacorta punta all'export: “Dovremo passare dal 10 al 40 per cento”. E sul ricambio generazionale…
di Francesca Landolina
Incontriamo Vittorio Moretti, patron di Bellavista e presidente del Consorzio Franciacorta mentre è in viaggio nel Sud Italia, un breve soggiorno di relax in cui non smette di curiosare, domandare e quindi, in un certo senso, di lavorare.
Difficile immaginare infatti un big dell’imprenditoria e del vino come lui che riesce a staccare davvero. La sua storia lo conferma. Ed è quella di un imprenditore che finisce nel mondo del vino con un percorso familiare sostenuto da un territorio a forte vocazione vitivinicola che ha ripagato, ora lo possiamo dire, tutti gli investimenti e i soldi spesi in quarant'anni.
Moretti è tra cento personaggi più influenti del vino italiano (la nostra Wine Power List). La sua carriera inizia nel ’67 con la Moretti Costruzioni. Crea un impero e in poco tempo aggiunge alle costruzioni, l’hotellerie e il vino di altissima qualità. Fonda Bellavista nel ’77, fino a trasformarla in uno dei più prestigiosi marchi del Franciacorta. Al grande brand affianca poi la griffe franciacortina Contadi Castaldi, e prosegue in Toscana con Tenuta La Badiola, in Maremma, e con Petra, la cantina di Suvereto. Parliamo di un gruppo del vino di dimensioni significative che da quest’anno avvierà anche una propria rete distributiva, la Terra Moretti distribuzione, che oltre propri marchi è già pronta a stipulare contratti con alcune cantine italiane, per la distribuzione di vini più richiesti dal mercato internazionale.
Qual è l’esordio di Vittorio Moretti nel mondo del vino?
“Ho iniziato a fare vini nel ‘75, da franciacortino Doc quale sono, anche se sono nato a Firenze per caso. Ho passato 20 anni di gioventù a Milano e poi sono subito rientrato in Franciacorta. Mi sono messo in proprio con la Moretti Costruzioni e nel giro di 10 anni avevo risolto il problema della vita. Intendo quello di avere una azienda che mi soddisfacesse: bravi collaboratori e un buon lavoro che dà sicurezza. Potendo investire, ho acquistato un po’ di terre e impiantato le vigne. Erano anni in cui si cominciava a spumantizzare. Ho ereditato la passione vinicola da mio nonno materno, un agricoltore che faceva già del buon vino. Così ho cominciato con Bellavista per far vino per gli amici, ma poi qualcosa è esploso. Eravamo in un momento in cui non esistevano le bollicine italiane di eccellenza; la faceva da padrone lo champagne; c’era spazio per lavorare, soprattutto con bravi collaboratori come il nostro tecnico Mattia Vezzola. Siamo partiti piano, ma posso dirvi che in 10 anni il marchio era già ben affermato. Ci potevamo così permettere ricerca e qualità crescenti”.
Dagli esordi, a distanza di 40 anni, secondo lei, la Francia con quale sguardo guarda le bollicine italiane?
“L’Italia con il Franciacorta e la Francia con lo Champagne sono su due strade diverse, con prodotti diversi. I nostri vini territoriali differiscono tanto, regalandoci una diversità, in tutta la Penisola, che è unica. Forse con il Franciacorta abbiamo dato un po’ di fastidio ai francesi, ma non sui numeri. Siamo molto avanti in termini qualitativi e sul valore del prodotto perché facciamo poche bottiglie. Basti dire che in Franciacorta abbiamo 3.000 ettari vitati e produciamo 16 milioni e mezzo di bottiglie. Quest’anno arriveremo ai 18 milioni circa. Di contro sono 300 milioni circa le bottiglie di champagne prodotte oggi. Franciacorta poi ha un suo mercato con una direzione ben definita, con prodotti particolarissimi che non hanno problemi competitivi. Siamo sugli stessi prezzi con i prodotti più importanti”.
Ma c’è qualcosa da imparare dai francesi?
“Sicuramente, c’è ancora da imparare. Loro hanno un background di 300-400 anni, il nostro è di appena 50 anni. Siamo stati Enotria, quindi tra i primi a fare vino nella storia. Poi è seguito un momento di decadenza in cui il vino si produceva in grandissime quantità, quasi come bevanda, ma con poca attenzione per la qualità. Negli anni ’70 le cose sono cambiate. Si è capito che il vino italiano poteva essere importante e molte aziende hanno intrapreso un percorso evolutivo decisivo, riscrivendo la storia del vino in Italia. Da quel momento, si è compreso quale fosse la nostra potenzialità”.
Quali i numeri di Bellavista?
“Come Bellavista, siamo ad un milione e mezzo di bottiglie. E non vogliamo crescere oltre. Il mercato ne richiede di più ma puntiamo sulla qualità e vogliamo che i vini del marchio restino desiderabili. Bellavista, per mio desiderio è un vino molto nature. L’azienda è ormai totalmente biologica e i vini contengono pochissima anidride solforosa. Con Contadi Castaldi siamo invece sulle 900 mila bottiglie, ma il nostro obiettivo, tra circa 6 anni, è quello di raggiungere i due milioni di bottiglie con prodotti di qualità, giovani, beverini”.
Come distribuisce i suoi vini oggi?
“La nostra distribuzione oggi è diretta. Da quest’anno verrà costituita invece la Moretti Distribuzione. Siamo diventati grandi e abbiamo la possibilità di gestire una struttura commerciale con diversi brand manager sul mercato. Oggi sul territorio abbiamo circa 160 agenzie plurimandatarie. Stiamo inoltre stipulando contratti anche per distribuire vini di altre cantine. Entro l’anno, distribuiremo Brunello di Montalcino, Barolo, prodotti siciliani, pugliesi ed altri”.
Secondo lei, c’è una geografia del bere Franciacorta in Italia?
“Chiaramente le regioni più importanti per la vendita sono Lombardia, Veneto e Piemonte, sia perché sono più ricche sia perché c’è maggior cultura del bere, ma abbiamo una grande attenzione per il Sud e per la Sicilia, che cresce. Proprio nell’Isola, abbiamo recentemente cambiato agenti e rafforzato le agenzie”.
Quale, secondo lei, il problema del Sud?
“Nel Sud le bollicine sono spesso pensate come Prosecco. Si va negli locali, nei ristoranti, e se si chiede un Franciacorta ti portano un Prosecco, perché è più conosciuto, più economico. Tornando ai numeri: 16 milioni le bottiglie di Franciacorta, 500 milioni quelle di Prosecco. Normale che ciò accada. Ma chi vuol bere bene e cerca qualcosa di più? Bisogna lavorare sulla cultura e sulla conoscenza del vino. E abbiamo dei manager che si occuperanno di questo. Il Consorzio stesso sta ampliando i Festival del Franciacorta al Sud per far conoscere i prodotti”.
E l’estero?
“Sta crescendo, ma molto lentamente. Come Franciacorta siamo al 10 per cento, come Bellavista al 18 circa. I paesi principali sono Stati Uniti e soprattutto Giappone. Un paese forte quest’ultimo, perché manca la cultura dello champagne; il giapponese è pieno di cultura, è curioso e ama i prodotti italiani. Per queste ragioni quella terra è un mercato facile. Ma in Franciacorta, come Consorzio, stiamo investendo anche su nuovi mercati. Da presidente mi sono dato un obiettivo: voglio il 40 per cento sull’estero”.
“Come diceva Walt Disney “se puoi sognarlo, puoi farlo”. Lei è un imprenditore concreto, di successo, e di certo ha sognato. Quali i suoi sogni oggi?
“Certo che ho sognato e continuo a farlo anche ad occhi aperti. Sto realizzando il sogno di ampliare il settore vino che dà grandi soddisfazioni. È un mondo piacevole; non ho mai conosciuto tante persone come da quando faccio vino. Il vino porta amicizia, piacere, creatività. E i miei sogni crescono. Ho tre figlie: Carmen si occupa dell’ospitalità, dei nostri hotel; Francesca, enologa, di vino; Valentina, architetto, delle costruzioni. Posso prendermi un po’ di ferie ma con calma. Ho tanta voglia di fare. Il mio cuore batte per il vino, senza perdere l’attenzione verso le altre attività. Penso che se un uomo ha volontà di fare, riesce a trovare ciò che cerca, a captare cosa c’è di buono sul mercato, a fare”.
Cosa ha portato il cambio generazionale in azienda?
“Ha portato novità con tanta voglia di innovare. L’inserimento e il passaggio generazionale non sono stati facili. Per questo ho cominciato 15 anni fa. Normale che i figli vogliano spazio e che i genitori stiano attenti all’economia. Ma penso di esserci riuscito. Oggi a 75 anni mi ritengo un uomo soddisfatto”.
Cosa ne pensa della Sicilia del vino?
“Una grande area vinicola importante. Deve far crescere ancora i suoi prodotti, non a livello quantitativo, ma di mercato. Deve farli capire e riuscire a venderli a prezzi giusti. Oggi ci sono prodotti svenduti e questo non va bene. L’Etna per esempio cresce bene però, anche lì, c’è il pericolo che il troppo stroppi, e che aziende con tanto vino in magazzino poi svendano. L’Etna è un ambiente bello con vini affascinanti, ma bisogna fare attenzione al territorio e alla politica del prezzo. Che vengano messi al primo posto”.