Da sinistra Roberta Urso e Samantha Di Laura
“E’ l’economia dei sentimenti, più che quella dei mercati, che ci aiuta a pianificare il budget programmatico della nostra impresa collettiva. Che non è la consueta grande nobile azienda vinicola familiare, ma una concretezza che contiene il lavoro di migliaia di viticoltori dell’area di Menfi nell’agrigentino”.
A “magnificare” il loro lavoro, senza farlo apparire tanto, sono Samantha Di Laura e Roberta Urso. Due figure femminili, due autentiche donne del vino siciliano, in verità poco celebrate dai media, e senza alcuna tessera “rosa” in tasca di certe associazioni “tutte al femminile”. Ma che siedono in due poltrone strategiche, lassù, nei “piani alti” del centro dirigenziale del Settesoli. Samantha alla direzione commerciale della grande distribuzione, Roberta alla comunicazione e pubbliche relazioni. Due donne in posti chiave. A gestire “con la massima disinvoltura” come dicono tanti dei loro colleghi, una trentina di etichette spalmate su quattro linee, (Settesoli, Mandrarossa, Porto Palo, Soleada,) studiate per i 24milioni di bottiglie prodotte ogni anno, tutte figlie di primo letto dei 400mila quintali della resa di uve e dei 5600 ettari, dei loro 2300 soci conferitori. Un epitome aritmetico “che ci ha fatto guadagnare – affermano – la definizione del più grande vigneto d’Europa e non solo in senso ampelografico”.
Ma l’humus di questa premessa non rincorre il fine di officiare un successo che fa della Settesoli un case history da imitare. Vuol tentare di riconoscere, e spiegare, quanto afferma, sentenziando, una recentissima indagine previsionale del Centro formazione management del terziario: “Nei prossimi anni, saranno le donne il vero motore di sviluppo dell’economia italiana”. Donne manager e vincenti. Che predicano un credo: “Chi si accontenta non gode. E ha persino smesso di sognare”. Il sogno infatti rappresenta “una delle tante chiavi che aprono le porte di ogni mercato, di ogni successo”. “E noi alla Settesoli abbiamo imparato a coniugare questo aforisma – affermano in un coro a due voci Samantha e Roberta – e risulta vincente anche per un secondo elemento: qui lavoriamo come se fossimo in una public company (ogni socio conferitore qui si definisce azionista) e non in una Spa dove il fine è staccare la cedola. Un work-style che si distingue per la rilevanza dell’ investimento sul patrimonio umano dove il sogno di questi soci si materializza tanto con la gratificazione economica quanto con il successo dell’intera azienda”.
L’indagine afferma: “Le donne manager sono più persuasive; hanno la tendenza a partire dal proprio punto di vista; hanno più spiccate skills, abilità, unite all’ empatia di mettersi nei panni dell’altra persona, di vedere il problema con i gli occhi degl’altri; più stile di leadership nel trovare soluzione, prendere una decisione; più inclini a ignorare regole, a rischiare; non si lasciano bloccare dalle pastoie della burocrazia: arrivano ad un risultato concreto in minor tempo. “E noi non siamo nemmeno gelose – aggiungono Roberta e Samantha che si riconoscono in questo sondaggio – dei nostri segreti, anzi, felici di condividere i nostri patrimoni con chi ci ama col cuore in mano. E predichiamo: unione, armonia, passione. E quella forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà! come ricordava Albert Einstein”.
Non c’è solo Einstein tra i loro spiritual mentor, ma anche altre figure devozionali. Del presente e dei loro passati, a cui entrambe riconoscono un debito di gratitudine, Diego Planeta su di tutti, che da poche settimane ha lasciato la presidenza dopo quarant’anni: “è umano, ti parla con gli occhi, sa quello che vuole e l’ottiene perché è convincente, e mai prepotente. Ed è modernissimo, anticipatore dei tempi. Un vero maestro di vita”. Un maestro quasi come Pascal almeno per Samantha Di Laura sempre combattuta quando ”le ragioni del suo cuore non sono comprese dalla sua mente”. Ma capace di consolarsi coi ricordi giovanili passati sui libri scolastici pieni di storici idoli, oltre a Pascal: Elisabetta I, Maria Stuarda, per citarne due, e i suoi motti: “tutto ciò che non mi distrugge mi rende più forte”. Oggi, “recupero i miei momenti di leggerezza con i fumetti di Will Eisner o con alcune pagine da “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Robert M. Persig». (Non è un caso se nel libro vengono sviluppati i primi elementi di quella che in seguito Persig avrebbe battezzato la “metafisica dell’eccellenza”).
La stessa eccellenza raggiunta, col contributo di queste due manager, da alcuni vini della linea Mandrarossa. I premiatissimi Carthago e il Seligo. Due nomi latini, due omaggi, tanta cultura. Seligo: scegliere. Ed è un omaggio ai soci che hanno eletto, scelto, questo vino e la sua etichetta. Mentre Carthago delenda est” è l’espressione usata da Catone, il censore con cui concludeva tutti i suoi interventi al senato romano. E sta per: Cartagine deve esser distrutta. Una metafora e un auspicio: conquistare sempre più mercati. Ma non con la forza e la violenza tattica dei Romani. Ma col fioretto “l’arma migliore di Samantha e Roberta – dicono i loro colleghi – quando mirano al cuore di una conquista. E il fioretto è l’arma più elegante e convenzionale in una disciplina che richiede leggerezza e ragionamento, conciliando agilità e buone capacità tattiche. E loro ne hanno da vendere”. Questo giudizio lo abbiamo raccolto noi e a loro riferito.
Samantha ci ha guardato con due fari negli occhi che possono fendere le nebbie della sua Padania; Roberta con un innocente sorriso, sulle labbra, che sembra passeggiar nel giardino dei suoi sogni. Le abbiamo fotografate. E forse non è una suggestione. In questi due segni la spiegazione dei loro tanti successi.
Stefano Gurrera