Dalle difficoltà della pandemia che ha investito il mondo intero a “La Ripresa”. Sébastien Burel ha scelto di chiamare così la nuova realtà vitivinicola etnea della quale a brevissimo verranno rilasciate le prime etichette. Cittadino del mondo, a metà fra la Francia e il Canada, wine expert e consulente con prestigiose esperienze a Parigi e non solo, Burel si è formato presso la scuola di enologia di Beaune muovendo i suoi interessi fra vino e studi in scienze politiche. Alla ricerca di una propria realtà vitivinicola ha viaggiato in tutta Europa, dalla Grecia alla Francia, trovando nel versante Nord Ovest del Vulcano l’approdo desiderato giusto un anno fa, come ha modo di raccontare: “Dopo il Covid ho pensato che fosse arrivato il momento giusto. Cercavo un posto vicino al mare, ma non troppo secco. In altri territori trovavo problemi legati all’acqua, al clima e di conseguenza anche al grado alcolico. Sull’Etna ho trovato un giardino, grazie a degli amici ho trovato delle vigne fra contrada Tartaraci e verso la zona di Maletto. Prediligo vini poco alcolici e sottili, qui ci sono le condizioni che cercavo”. In quello che definisce il “versante della leggerezza” il vignéron muove la sua prima esperienza etnea nella parte più bassa, e più calda, di contrada Tartaraci a circa 950 metri sul livello del mare, fra ulivi e alberi di ciliegio, vigne di Nerello Mascalese, Grenache, Grecanico, Coda di Volpe. Le viti ad alberello e a piede franco nel loro naturale disordine fra i terrazzamenti si mostrano curate grazie al lavoro di selezione massale svolto in sinergia con i precedenti proprietari del terreno. A questa si aggiunge un’altra vigna nei pressi del fiume Flascio nel territorio di Maletto, una zona da lui definita un “far west”, ancora poco nota e battuta. Qui è presente un misto di lava e argilla dove le viti si affiancano l’un l’altra con dei rami più lunghi come in un abbraccio: “Penso a questo sistema come una pergola. In questa vigna, poco meno di due ettari, è presente Nerello Mascalese, Pinot Nero, e del misto di bianco. Su quest’area specifica vorrei piantare altro Grenache, nel progetto complessivo di offrire dei vini con maggiore freschezza e un’acidità più ferma”. Due vigne a pochissimi chilometri l’una l’altra che appaiono completamente diverse, seppur complementari.
Un progetto di vita quello de “La Ripresa” sul quale scommette molto avendo trovato, nelle parole di Burel, un ecosistema diverso, ricco di biodiversità dove “è facile produrre nel modo più naturale possibile, senza chimica”. Essendo stata l’Etna definita a più riprese, specie nel passato come “la Borgogna del Mediterraneo” Sébastien Burel nota come in realtà la Borgogna non solo respira una storia centenaria, ma è un luogo di cultura del vino: “Noto che qui non esiste una vera e propria cultura del vino come in Borgogna. Il paragone non regge”. Non regge neanche il paragone dei suoi assaggi di vasca con altri prodotti che si è soliti definire più identitari: “Assaggiando i miei vini, specie i rossi, dei degustatori locali mi hanno detto che i miei vini sì, sono buoni, ma non sono vini dell’Etna. Cosa vuol dire? In questo versante io ho trovato energia rispetto agli altri, magari non sono vini dell’Etna di una determinata zona, ma se assaggio quelli di altri produttori vicini a me, invece, hanno parecchie similitudini. Io cerco leggerezza, bevibilità, freschezza, e verticalità”.
Si sente parte di quella “nouvelle vague” Sébastien Burel, entusiasta, pronto a investire e scommettere su un profilo organolettico molto diverso dei vini del Vulcano. Diverso rispetto al tannino tanto leggero quanto talvolta irrequieto del Nerello Mascalese data la presenza in vigna di altre uve fra le quali il Grenache. Vitigno prediletto dallo stesso produttore che rivela un colore e un profilo “nuovo” nel panorama dei vini dell’Etna, rispecchiando con molta aderenza quelle caratteristiche sopra descritte. Fra i punti di riferimento del territorio, nonostante dichiara che siano pochi quelli a dargli emozioni, indica I Vigneri di Salvo Foti, Bentivegna (al quale si appoggia per la cantina), e Vino di Anna. Un produttore che si schiera fra quegli “Off” dei quali si è data già parzialmente voce qui su Cronache di Gusto e che non mostra particolari difficoltà nei confronti della denominazione: “Fuori doc? Va bene lo stesso. Nel mondo del vino “naturale” non è importante l’appellazione. Penso di produrre circa trentamila bottiglie. Non mi serve essere in Doc per vendere questa quantità di vino. Io mercato lo sa già che ci sono grandi vini, a prescindere. Le vigne sono fuori Doc sì, ma non fuori Etna”. Un personaggio Sébastien Burel che arriva sull’Etna con gli occhi felici, curiosi e un po’ increduli del forestiero. Ammaliato dal paesaggio, stupito egli stesso da questa nuova avventura porta con sé un ricco bagaglio culturale, pronto a integrare il suo essere cittadino del mondo con quella visione ancora in divenire dei vini del Vulcano.