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Il personaggio

Sandro Sangiorgi bacchetta: “Non valutare il vino nella sua unicità è un errore da matita blu”

21 Dicembre 2012
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“Il vino come forma d'arte, e come approccio mirato alla conoscenza”.

Così almeno lo intende Sandro Sangiorgi (nella foto), penna vobrante del vino, giornalista e scrittore tra i più appassionati narratori della materia. Lo abbiamo incontrato a Castelbuono, paesino sulle Madonie, in provincia di Palermo, in occasione di un incontro sulla Biodinamica promosso dall'Unione Europea dei Gourmet.
 
Quella con Sangiorgi è stata una chiacchierata tra un calice di vino e l’altro. Il suo è un parlare estremamente lucido che al contempo denota grande coinvolgimento, una dicotomia  spiegata dalla forte passione che lo lega a questo mondo e che per lui, personaggio poliedrico e appassionato d'arte, rappresenta un'opera. Guarda al mondo enologico in maniera diversa, quasi con un  rispetto diverso. “Il vino come parte integrante di noi stessi”, ribadisce più volte. “Si parla spesso di vino con superficialità – spiega – quasi con distacco, ma ritengo che sia importante stabilire un contatto diretto. Goethe diceva  che  le cose le puoi conoscere se vai da loro, presso di loro, ecco perché mi sforzo sempre  di dire alle persone  di frequentare anche altre forme d'arte. Sarebbe troppo riduttivo circoscriverlo settorialmente”. Non accetta la categoria “prodotto”, lo esprime in modo perentorio. E solleva la questione dell’approccio al vino, il punto di vista da cui dipende la cultura stessa del vino, e delle sue degenerazioni. “È solo praticando altre forme d'arte che  si riesce a cogliere  la sua diversità  e l'imprevedibilità – prosegue -. Purtroppo, siamo stati abituati, senza neanche accorgercene,  nella valutazione sensoriale, a separare il naso dalla bocca: un errore da matita blu”.
 
Per il giornalista non sussiste la vera conoscenza del vino se non lo si degusta nella sua totalità. Così precisa: “Il vino è un tutt'uno. Spesso la gente pensa che  le sensazioni olfattive che scaturiscono al naso, siano la premessa di ciò che avviene poi al palato e, ove questo non accade, rimane delusa. Ma non c'è colpa e neppure delusione. Il vino è bello così com'è, nella sua imprevedibilità e bisogna considerarlo nella sua unicità. Il volerlo scomporre ha fatto sì che il vino non fosse considerato più in se stesso”. 

Maria Antonietta Pioppo