Esiste sempre un prima e un dopo. Ma qual è il momento in cui un figlio d’arte smette di essere “solo” il confronto con il prima e inizia ad essere un individuo a sé stante? Non è cosa facile. E allora non lo sarà stato neppure per Marta e Carlotta, sangue puro di Giuseppe Rinaldi. Artigiano del vino definito con i più appassionati e fervidi aggettivi, forse tutti riduttivi per incasellare chi in quel di Barolo è sempre sfuggito alla necessità sociale di cristallizzare le proprie decisioni, lasciando piuttosto ai vini la possibilità di esprimere il suo credo o meglio ancora un territorio: le Langhe.
E così complice il suo essere iconico – a partire dalla sua scomparsa avvenuta nel 2018 – il “quando c’era Beppe Rinaldi i vini però…” sembra essere diventato all’ordine del giorno per le sue due figlie Marta e Carlotta. “E’ dal 2009 che lavoro in azienda. Per nove anni al fianco di mio padre e da cinque siamo solo io e mia sorella Carlotta – dice Marta classe 1985 – Lui era un resistente di Langa. Ma come mio padre, così anche i Cavallotto, gli Oddero, i Burlotto o i Cappellano hanno sempre rifiutato l’idea di un Barolo moderno. Sono pagine intere di storia langarola, non avrebbe senso pensare ora ad un confronto. E anche se per il mondo questo continuo paragone continua ad essere inevitabile, noi pensiamo solo a fare al meglio quello che sappiamo fare”. Un forte credo nelle potature (metodo Simonit & Sirch) modellate sapientemente di anno in anno così da saper gestire anche i continui cambiamenti climatici, e in cantina, poi, vinificazioni sempre uguali che dal modo di fare del nonno a quello del padre non hanno mai subito scollature in quella fede fatta di vini da assemblaggio frutto di lunghe macerazioni e affinamenti, quasi senza soluzione di continuità, in botte grandi.
Oggi però tutto è proporzionato e calibrato ai tempi che sono: “Non si può immaginare di agire in un periodo che non esiste più e non tutto allora può essere uguale al passato. Non lo sarebbe stato neppure se ci fosse stato ancora mio padre. E’ dalla fine degli anni ‘90 che il clima sta cambiando e sempre più rapidamente. Non è più pensabile, ad esempio, sfogliare le piante come una volta, rischieremo di bruciare tutte le uve con questo caldo incessante. Gli anticipi di vendemmia sono diventati ormai all’ordine del giorno. Forse la ‘96 è stata l’ultima vera annata di un ciclo freddo”. Quindi se i vini sono cambiati dal “quando c’era Beppe Rinaldi…” verrebbe allora piuttosto da ritenere che è successo perché non ci sono neppure più i tempi in cui viveva Beppe Rinaldi. Salde le radici dunque, ma ben chiara la traiettoria futura di Carlotta e di Marta, quest’ultima, tra l’altro, da poco diventata mamma di una bimba bionda e allegra che per quanto sgambetti e corra vispa ha poco più di un anno. “Dopo la scomparsa di mia madre ad agosto scorso, mia figlia Luce è stata una nuova vita in casa sia per la mia famiglia che per mia sorella che mi ha aiutato e continuare ad aiutare molto. Perché questo lavoro a volte rischia di essere totalizzante ed è difficile per una donna trovare spazio per la propria vita personale. Bisogna fare uno sforzo di convinzione e di coraggio per concederselo. E io e Carlotta, forse abbiamo imparata a fare quello che mio padre non ha mai fatto: delegare”.
Sarà di certo vero, ma in ogni caso Marta – dopo la nascita di Luce – ha già ripreso a pieno ritmo le sue attività in azienda: “Di solito è Carlotta che si occupa della vigna, mentre io sono un po’ più cantiniera. Ma è comunque insieme che valutiamo gli aspetti più salienti. La nostra resta comunque un’azienda artigianale/familiare”. Come quando hanno deciso di prendere una nuova vigna a Bussia. “Era il 2019. Prima era in affitto, oggi l’abbiamo acquistata e da quest’anno abbiamo deciso di mettere in commercio il nostro primo Barolo da quel singolo vigneto. E’ situato a Bussia Sottana, nel comune di Monforte d’Alba, ma da disciplinare è etichettato unicamente come Bussia, essendo ormai decadute tutte le sue sottozone ( Sottana, Soprana, Pianpolvere, ecc…)”. E viene allora in mente quell’appassionata e appassionante denuncia fatta propria da Marta nel 2013 a ridosso della sentenza del Consiglio di Stato ( e confermata poi con sentenza 23395/2016 delle Sezioni Unite della Cassazione) che vide sconfitti alcuni produttori di Barolo nella loro battaglia contro chi (la Marchesi di Barolo) voleva (e alla fine ottenne) un’unica e onnicomprensiva Menzione Geografica sotto il solo nome di “Cannubi” – altra vigna storica langarola. E così in un unico bel colpo di giudicato furono eliminate tutte le altre menzioni specifiche di Cannubi Valletta, Boschis, San Lorenzo e Muscatel. Definitivamente al bando in ogni etichetta.
Marta pensa alla prima carta che mappò le qualità intrinseche delle singole vigne di Barolo “quella di Renato Ratti tracciava le qualità di un vigneto su basi storiche e culturali; le nuove Mga sono, invece, dei confini prettamente geografici. Il lavoro di Masnaghetti, con i suoi volumi, è stato fondamentale per le Langhe, ma è indubbio che in quella questione si trattava di altro, di custodia della storia langarola”. Ed è quindi in perfetta coerenza che “non è escluso che Bussia – oggi presentato al mercato come Barolo da singola vigna – domani potrà essere solo una parte di un nuovo Barolo della tradizione da assemblaggio”. Fatto sta che il Barolo Bussia 2019 – appena uscito in commercio – è già esaurito in cantina e così il “quando c’era Beppe Rinaldi…” non ha scalfito neppure – e anzi pare aver ancora più acuito – quell’idea di #musthave di un vino di questa cantina. Introvabili prima ancora che inizi la vendemmia e inavvicinabili – nelle cifre – non appena terminata la vendemmia. “Rispetto ai prezzi la mia coerenza e la mia etica arrivano fino al momento in cui il vino varca la porta della nostra cantina. Continuiamo a privilegiare le assegnazioni ai nostri clienti più affezionati. Ma è solo fino a quella soglia che possiamo decidere, da lì in poi è solo speculazione. E io non posso fare più nulla. Anzi mi fa un po’ dolore quando vedo così tanta sproporzione. Siamo artigiani e dovremo esserlo anche nel prezzo. E invece si è arrivati al punto che i veri appassionati non bevono più Rinaldi per le follie imposte dal mercato, soppiantati da chi, invece, è in grado di pagare conti astronomici”. Ma questo è un dato e resta il fatto che le bottiglie di Rinaldi sono sempre più inaccessibili “però sempre meno dei prezzi della Borgogna” dice sorridendo Marta.