di Francesca Ciancio
Venticinque anni fa che significato avevano le parole “foodies”, “showcooking” “Masterchef”?
Benedetta Parodi sognava di fare la stagista a Mediaset probabilmente (cosa che poi farà); Cracco, nelle cucine di Gualtiero Marchesi, non avrebbe mai immaginato di pubblicizzare un giorno le patatine San Carlo; i tormentoni erano le canzoni estive e non frasi del tipo “io muoro” pronunciata da un restaurant man ( auto-appellativo di Joe Bastianich).
Eppure un quarto di secolo fa c'erano scuole amatoriali di cucina. Come quella di Anna Tasca Lanza, siciliana aristocratica che si divertiva a mischiare nobiltà e campagna nei piatti. Lei che aveva studiato da “brava moglie” a Losanna, iniziò a metter piede in cucina tardi, perché ai fornelli, nelle famiglie aristocratiche, ci pensava il “monzù”, il cuoco di casa. Lo scenario era ed è quello di Regaleali, la tenuta vitivinicola dei Tasca d'Almerita che fa un po' microcosmo a sé, grazie all'approvvigionamento di molte materie prime in loco. La scuola si chiama ancora così e a occuparsene è la figlia di Anna, Fabrizia Lanza. La sua, è una storia di ritorni, alla cucina e alla terra. Diciottenne dice basta alla Sicilia e forse anche al cognome che porta. Si occupa di arte e gira tanto. Poi a un certo punto si ferma (si fa per dire): la madre ha bisogno di una mano e le radici tirano forte. La casa diventa Case Vecchie, il baglio ottocentesco che è anche sede della scuola.
Il prossimo fine settimana si festeggia il venticinquennale. ” Appunto una festa, non è una celebrazione, stiamo parlando di una scuola di cucina eh!” mi dice Fabrizia con fare pratico…
Cosa le fanno venire in mente questi primi 25 anni?
Innanzitutto lo sguardo lungo che ha avuto mia madre, lei per prima non ci avrebbe scommesso. Poi c'è il rapporto familiare, il lavoro con i miei cugini, è venuto su un bellissimo team per cui il cibo e vino si integrano perfettamente. Festeggiamo anche questo. La terza cosa è “Natura in Tasca”, questo gruppo cospicuo di produttori siciliani con il quale abbiamo stretto un patto di fratellanza. Nel catalogo ci sono 90 prodotti e circa una quarantina di produttori. Mi occupo personalmente della ricerca, tra gennaio e febbraio giro come una trottola per la Sicilia: assaggiamo, parliamo, tutto si gioca su uno scambio umano.
Un prodotto che ha recuperato di cui è particolarmente orgogliosa?
Penso allo zafferano che non è propriamente un nostro recupero. Nella provincia di Enna si è sempre usato nel piacentino ennese; l'ho acquistato quest'anno ed è stata una scoperta, è buono come quello iraniano. Sono affezionata all'estratto di pomodoro che faccio con il seccagno, presidio Slow Food, che è un pomodoro che cresce senza irrigazione.
Un presente, il suo, fortemente siciliano, eppure compiuti i 18 anni scappò via….
E non fu una fuga senza dolori. Però è stato l'unico modo per poter tornare. Guardare la Sicilia da lontano mi ha aiutato a riconquistarla. E' più il tempo che sono stata via che quello che sono stata qui, mi sono fatta le ossa al Nord, ma ora sono così contenta che non lo posso neanche spiegare!
Ma cosa non le piaceva della Sicilia?
Per cominciare, sei sempre figlia di qualcuno e questo non mi piaceva per niente. Il gruppo soffoca l'individuo, questo per definizione, e a me andava stretto, volevo fare la mia strada. Come figlia unica ricadevano su di me molte attenzioni e tante aspettative. Ho preferito tagliare la corda!
Però la passione per la cucina l'ha sempre accompagnata…
Quello sempre. E' quasi scontata, ma un po' per tutta la famiglia. Sono poche le persone tra di noi che non cucinano e i nostri incontri familiari sono basati sul cibo. Anche i maschi della famiglia Tasca cucinano.
Chi è il più bravo?
Ognuno ha la sua specialità: ad esempio c'è Gherardo che è l'asso della griglia, Giuseppe è bravo con il pesce.
Ho sentito parlare di un ricettario tramandato da generazioni, vero o falso?
In verità ne ho vari di ricettari, ma le dico la verità, sono assolutamente improponibili! Le materie prime sono cambiate completamente, il clima è cambiato, l'acqua è cambiata, senza contare il diverso stile di vita. La trovo un po' buffa questa storia del vecchio ricettario di famiglia. Semmai è più giusto parlare di cambiamenti apportati alla tradizione. La tradizione siamo noi, la ricetta è la cosa più volatile che esista.
Cosa ne pensa della sovraesposizione dei temi legati alla cucina e ai cuochi?
La tv del cibo, la sua spettacolarizzazione è qualcosa di molto lontano dal cibo che nutre. E poi è un mondo prettamente maschile, un po' esibizionista, dove qualche volta si intravede un briciolo di finzione. Poi sono sicura che conoscendo il signor Cracco di persona, lo troverei una persona deliziosa. E' un linguaggio eccessivo, il cibo non parla, è uno spettacolo di cui godere. Non sono uno chef perché non ho le tecniche, sono una buona cuoca che fa attenzione alle materie prime, avendo la fortuna di vivere in un'isola che è una miniera d'oro. A me della ricetta non frega niente, m'importa capire il perché dell'uso di certi ingredienti. I miei workshop iniziano dall'osservazione della terra e dei suoi frutti.
Ma ha notato un aumento degli iscritti?
Sono dati più legati al fattore crisi che al gran parlare che si fa della cucina. Nel 2009 non abbiamo avuto neanche un iscritto, poi le cose sono andate via via migliorando. Di certo mia madre guadagnava in cinque mesi quello che io guadagno in tredici. Comunque ho gruppi eterogenei: molti studenti americani che provengono dai corsi universitari di “food and culture”, appassionati che girano per la Sicilia, personaggi un po' “borderline” che inizialmente rimangono un po' stupiti dall'accoglienza in fattoria: ho avuto la giardiniera del presidente Obama, il produttore di Quentin Tarantino. Quelli di Los Angeles arrivano qui con una tale puzza sotto il naso, ma poi si divertono moltissimo.
Piatto preferito?
Dipende se ho fame o no: se ho fame amo i ravioli ripieni di ricotta e menta con pesto di salvia e mandorle; se non ho fame, pane con olio, aglio e origano.
C'è qualcosa che non mangia?
Ahimè mangio tutto, forse la trippa è una cosa che non mi fa impazzire.
E il vino che posto ha nella sua vita?
Se dovessi andare su un'isola deserta, non è una bottiglia di vino che porterei con me. Mi sento sempre in colpa perché non ne so abbastanza. Mi reputo una bianchista e mi piacciono tanto i nostri vini bianchi, quelli secchi, tesi e minerali. Non sono tipa da bouquet floreali