Dalla cucina del Duomo a quella dell’hotel cinque stelle lusso Eremo della Giubiliana a Ragusa.
Giuseppe Cannistrà (nella foto) da pochi giorni ha lasciato il posto da sous chef a fianco di Ciccio Sultano e Marco Corallo, per andare a dirigere il ristorante del baglio recuperato dall’architetto Salvatore Mancini. Il nuovo capitolo dell cuoco si apre con un progetto di valorizzazione della biodiversità e delle colture antiche del territorio, recuperate e coltivate nei 30 ettari nella Giubiliana. I fornelli si accenderanno il primo di marzo, un anticipo della primavera con un menu che riporta a tavola antiche ricette e piatti elaborati con nuove tecniche di cottura.
Una svolta nella carriera quasi ventennale che ha tutto il sapore della scommessa, affrontata da Cannistrà con entusiasmo. “Inizio questo percorso con carica – dice -. Quando mi proposero di dirigere il ristorante accettai immediatamente, avevo già visitato tempo prima la struttura e allora venni attratto dal suo fascino, dalla sua storia, da quella filiera che rappresenta il territorio ripresa attraverso il workshop. Perché è una realtà dove c’è cultura”.
Il ristorante sarà il luogo dove le materie prime coltivate nella tenuta ritornano a comporsi in sapori perduti. La destinazione finale di un percorso che parte da una ricerca filologica gastronomica che vede il suo fulcro negli orti e nella granoteca, dove vengono coltivate varietà autoctone come il grano di tumminia, il russello, le fave cottoia, il cece rosa, e nel mulino a pietra recuperato e messo in funzione per produrre farine. “Gran parte del lavoro lo fa il prodotto. Lavorare con prodotti buoni e genuini significa fare il 75% del buon lavoro, la trasformazione che viene fatta in cucina non può fare altro che valorizzare l’importanza dellla materia prima. Sono contentissimo di lavorare con ingredienti, davvero possiamo dire a km 0, che hanno dietro una storia. Portarli nel piatto oggi equivale ad una grande riscoperta”.
Sull’approccio alla materia prima Cannistrà vanta una scuola d’eccezione, quella di Ciccio Sultano. “Quello che mi porterò dell’esperienza con Sultano è la passione che mi ha trasmesso, passione per la cucina, per i prodotti nostri. Sultano dimostra che essere cuoco non è solo cucinare, significa amare, rispettare il cibo che stiamo lavorando e trasformando”. Un bagaglio di estro ed esperienza che gli invidia. “Amo la sua genialità, lui è un genio della cucina sicliana e italiana, mette nelle ricette la sua genialità. E’ una persona che parla con i suoi prodotti, lui prova un amore morboso per i suoi prodotti, venivano fuori opere d’arte, oserei dire che tirava fuori da quei piatti un rapporto carnale”.
Nei suoi piatti invece Cannistrà metterà sì la tradizione adattata però allo stile di vita odierno. “Su alcune cose riproporremo ricette antiche, oggi però le esigenze sono cambiate su alcuni tipi di cibo. Prima era un po’ più pesante la cucina, poco digeribile, non si stava attenti a molte cose a cui oggi noi facciamo caso. La nostra frenesia quotidiana ci porta a mangiare qualcosa di veloce e leggero per non appesantire l’organismo, ieri non succedeva”.
C.d.G.