Luciano Ciolfi, Giulio Salvioni con la moglie Mirella e la figlia Alessia
Uno è scorpione, l’altro sagittario.
Il primo possiede 5 ettari vitati sul versante sud ovest, il secondo quattro in zona Comunali esposti a sud est. Classe 1972 e classe 1944. Undici mila bottiglie di Brunello e quasi 10 mila. Luciano rappresenta la new generation, Giulio il modello di riferimento (specifica Luciano: il Mito). Entrambi sono nati e cresciuti tra i filari, ne hanno ereditato il destino, e tutti e due sono partiti con l’idea di fare una cosa buona, anzi eccellente. Due attori del territorio di Montalcino che ne sintetizzano l’aspetto verace. Oppure, possiamo definirli espressioni diverse della stessa anima culturale che professa una sola fede: la tradizione. Il veterano non le manda a dire, il giovane quello che ha da comunicare lo posta via social network. Luciano Ciolfi di Sanlorenzo e Giulio Salvioni li abbiamo incontrati all’Anteprima Benvenuto Brunello, vicini di banco e per affinità elettive. Ci hanno raccontato il loro modo di fare vino e attraverso questa prospettiva ci siamo addentrati in un mondo dove ancora, e per fortuna, il carattere contadino resiste, dove il lavoro significa fatica e costa tempo.
Cantina Sanlorenzo
Cantina dei Salvioni
Di punti in comune questi produttori ne hanno davvero tanti. Prima di tutto il rispetto che hanno per il vino che fanno e che automaticamente sfugge alla logica del business. Infatti, se Salvioni è uno degli autori di Brunello di Montalcino tra i più quotati sullo scaffale (il suo Brunello tocca i 130 euro in Italia) e osannato dalla critica mondiale e Ciolfi tra i winemaker con più follower sulla rete e sul mercato, la ragione sta nella loro visione delle cose.
Entrambi hanno dato continuità al fazzoletto tramandato mettendo per la prima volta in bottiglia il frutto derivato dal passaggio del testimone. Luciano ha scelto il momento peggiore per debuttare (ahimé, come tanti), o meglio ci si è ritrovato. Da una piccola tenuta con allevamento di bovini che contava solo un ettaro piantato a vite, decide di passare nel 1998 a 5 esclusivamente dedicati a Sangiovese. E nel 2003 comincia a vinificare l’uva che avrebbe inaugurato l’ingresso di Sanlorenzo nell’entourage delle firme del Brunello, ignaro che il debutto sarebbe caduto proprio nell’annus horribilis della storia moderna enologica ed economica, l’anno di Brunellopoli e dello scoppio della crisi. Non solo, da quel 1998 si sono susseguiti tanti altri disastri economici, tra cui, Luciano annovera, l’entrata in vigore dell’euro che ha fatto perdere alla Toscana, in primis, cuscinetti di acquirenti sicuri, soprattutto dal Nord America e dato il via a stravolgimenti e a nuove dinamiche di mercato. Investita in pieno da questa ondata, la cantina, come tante altre piccole e nuove di questa epoca, è sopravvissuta per tenacia: “Non puoi aspettare sempre il momento giusto per partire, se poi non arriva non inizi mai. Viviamo in questo momento storico e bisogna adeguarsi”. “Amen” viene da aggiungere alla filosofia di Ciolfi.
Veduta vigneto di Sanlorenzo
Vigneto a La Cerbaiola
Giulio non ha vissuto queste congiunture ma è stato testimone di altre che hanno segnato, nel bene o nel male, la crescita dell’Italia come Paese del vino. Nell’epoca in cui l’enologia si accingeva a vivere il boom e vedeva emergere dogmi e guru, Salvioni quarantenne, dopo anni trascorsi alla Usl, fondava insieme alla moglie Mirella la cantina decidendo di coltivare e vinificare le uve della famiglia nel cuore di un podere di venti ettari ricco di bosco e chiamato La Cerbaiola. Lo fa a modo suo, senza seguire mode e anche senza peli sulla lingua. Il suo primo Brunello esce sotto i riflettori nel 1990. La 1985 è l’annata che lo fa entrare nel gotha di Montalcino e nella scena internazionale. Diventa per molti un “mito”. Lui, al suo vino, non ha mai aggiunto o tolto nulla, trattandolo come una persona, veramente definendolo “un signore di 70 anni in smoking”. Di alto lignaggio,sì, ma pur sempre materia vivente e non da produzione in serie. “Non si può fare il Brunello come qualsiasi altro vino pensando ai soldi – tuona Salvioni -. Si può risparmiare su tutto ma non su quello che si mette in bottiglia, no! Il vino è come una persona, ti chiama quando ha bisogno di fare un travaso proprio come noi che, dopo una giornata di lavoro, abbiamo bisogno di farci una doccia. Ecco. Il problema dell’industria del vino è che deve fare uscire sul mercato il vino anche quando non bisognerebbe venderlo. Per essere presenti in gdo si deve fare così, però succede alla fine che il consumatore acquista non per il contenuto. E’ vero che il produttore è anche un commerciante, ma bisogna dare al consumatore un vino sempre al top, a costo di non imbottigliare”. Per esempio, il 2002 Salvioni non lo fece uscire sul mercato come Brunello ma come Rosso di Montalcino.
Selfie di Ciolfi dai filari
Luciano è della stessa lunghezza d’onda del “maestro”. Le ragioni commerciali vengono solo dopo, molto dopo, il suo vino. E infatti la 2009, per esempio, è emblematica di questo approccio. “Cerco di seguire e di ascoltare la pianta – spiega -. Attendo che l’uva raggiunga lo stadio ottimale di maturazione, a costo di prendere rischi. Nel 2009 ci sono stati dieci giorni, tra il 10 e il 20 di settembre, con caldo secco da nord che ha fatto schizzare in alto lo zucchero. Non mi sono affidato a questo, ho aspettato che i vinaccioli maturassero”. In effetti, il suo Bramante (il Brunello che porta il nome del nonno) non presenta i tannini verdi che caratterizzano la maggior parte di questa annata. Per sapere il nostro giudizio sul release interpretato dai due personaggi cliccare qui. Luciano sta anche prendendo la strada del biologico, il suo Brunello bio uscirà nel 2020.
La famiglia Salvioni, Giulio con la moglie Mirella e i figli Alessia e Davide
Centrale nel vissuto dei vini di questo duo ilcinese è la famiglia, il legame tra le generazioni, come è tipico in questo angolo di Toscana. Giulio viene affiancato oggi dai figli Alessia, a cui è affidata la comunicazione e la parte commerciale, e David, agronomo che segue le vigne e la produzione. Un padre che lascia fare ai suoi eredi, che crede nei giovani. Così come ha fatto il padre di Luciano, Paolo, e prima ancora di lui Bramante, e chissà come sicuramente farà il giovane produttore con la sua piccola Giorgia di 5 anni, se la vite sarà la sua vocazione, che per ora si diletta a seguirlo tra i filari, in cantina e a mettergli sulle spalle le ali delle Winxs.
Selfie di Ciolfi con le ali delle Winxs
Manuela Laiacona