Gabriella Cicero e Ciccio Sultano
di Giovanni Paternò
E’ possibile che un cognome, oltre ad identificare una famiglia, possa esprimere le qualità di una persona? Nel caso dello chef-patron del ristorante Duomo di Ragusa Ibla sembrerebbe proprio di sì.
Sultano è l’equivalente di sovrano e sicuramente Franco, soprannominato Ciccio, tanti anni fa non avrebbe potuto immaginare che il suo cognome l’avrebbe rappresentato come il sovrano o uno dei sovrani della cucina siciliana.
Ciccio nasce a Torino, nel 1970, la sua è una famiglia modesta di Gela. All’età di soli 13 anni comincia la sua esperienza lavorativa in un bar pasticceria di Vittoria. Lui stesso dice che era diventato il factotum, si occupava dal lavare i vetri, ai dolci, alla rosticceria, alla cassa. Poi passa a lavorare in un ristorante che fa banchettistica e questo lavoro gli serve per sapersi gestire anche nelle difficoltà e nei grandi numeri. Queste esperienze lo convincono che la sua attitudine e la sua passione sono i fornelli e le pentole, lavora da dipendente in altri locali, anche all’estero e capisce che non può continuare ad essere a servizio, deve dare sfogo alle sue capacità, intraprendere la sua strada.
Così nel 2000 con Angelo Di Stefano, direttore e maitre di sala, apre il Duomo ad Ibla che da normale ristorante-trattoria si trasforma verso la grande cucina tanto che il Gambero Rosso nel 2002 lo premia come miglior giovane cuoco. Da qui inizia la crescita esponenziale dell’attività creativa di Ciccio, scoperta anche dai più importanti giornalisti e critici gastronomici che ne certificano il successo. Nel 2004 ha già una stella Michelin, che diventano due appena nel 2006. Oggi nelle più autorevole guide è inserito nei primi venti ristoranti italiani.
Ma facciamo parlare a ruota libera il soggetto per conoscere il Sultano pensiero.
“Tutto comincia dalla materia prima, devi conoscerla a fondo, sapere come sceglierla. Non mi limito ad acquistare anche dai buoni fornitori, devo controllare tutto e se non raggiunge lo standard che desidero, non l’acquisto. Inoltre vado sempre alla scoperta di prodotti di qualità nuovi, l’ultima è la lenticchia di Leonforte. Ma non solo gli ingredienti, addirittura le parti di essi come la guanciola della cernia, i boccioli di rosa canina. Poi c’è lo studio e la sperimentazione nell’usare al meglio le materie prime, come abbinarle, come cuocerle, come condirle. Studiamo anche i nomi da dare ai piatti ( un gambero crudo diventa “volevo essere fritto”) e anche il modo di come mangiarli, consigliamo da dove iniziare e cosa prendere assieme nella forchetta o addirittura con le mani. Senza però limitare il gusto e le predisposizioni dei clienti che devono essere coccolati, consigliati, ma mai forzati. Quando un cliente sceglie le portate cerchiamo sempre di soddisfarne le esigenze e i gusti, stiamo attenti se hanno intolleranze o peggio allergie. L’avventore deve sentirsi a suo agio, se il gambero gli piace cotto perché devo darglielo crudo? Dal 2002, in dieci anni, la ristorazione è cambiata, è cresciuta insieme ai giornalisti, agli ospiti; non riuscirei a capire cosa ha condizionato l’altro perché in pratica è stato un unisono e per fortuna questa crescita non si è interrotta. Quando leggo cosa scrivevo nel 2002/4 non mi riconosco più, oggi la mia conoscenza e la mia esperienza sono nettamente aumentate ma sono rimasto dentro di me quello che ero prima, mi piace sentire il profumo della terra che mi sale dalle scarpe, vengo dalla campagna e rispetto la materia perché conosco i sacrifici compiuti per realizzarla.
“Il ruolo del cuciniere deve svincolarsi da mero esecutore di piatti, diventa attento ricercatore non solo di materie prime ma anche di storie, di ricette tradizionali da modernizzare. I miei piatti della memoria sono quelli dell’infanzia: la granita di limone e specialmente il pane e olio, che è il compendio della qualità, del duro lavoro, dei sacrifici dell’uomo nella campagna. Cerco ora di fondere la cucina ricca, baronale fatta di prodotti più costosi e di cotture più sofisticate con quella povera, di strada, quella popolare e sanguigna con prodotti economici, quasi di scarto, ma che hanno gusti e consistenze dimenticati. La mia speranza è che tra 50 anni si continueranno a mangiare le cose buone che apprezziamo oggi, magari rivisitate nell’aspetto, cucinate con tecnologie nuove, ma col gusto che richiama quello originario”.
“Oggi il nostro menù è in continua evoluzione, lavoriamo su piatti della tradizione più antica realizzati con l’ausilio dell’innovazione tecnologica. Facciamo il bollito a bassa temperatura, cotto a 60° per 17 ore e otteniamo risultati impensabili altrimenti. La mia cucina è un gioco di sapori che si rincorrono l’un l’altro.”
La chiacchierata si conclude con la frase “Se entro pochi anni non sono capace di ottenere la terza stella Michelin, mi ritiro”. Mal che vada contentiamoci di un Sultano a questi livelli.
Duomo
Via Capitano Bocchieri, 31
97100 Ragusa – Località Ragusa Ibla
Tel. 0932 651265 – fax 0932 651265
www.ristoranteduomo.it – info@ristoranteduomo.it
chiusura: lunedì a pranzo e domenica
Pagamento carta di credito: sì