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Il personaggio

James Suckling: i punteggi ai vini ancora moderni ed efficaci

03 Settembre 2012
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Il critico americano parla di nuove tendenze, Sicilia ed Etna. E di Divino Tuscany: edizione 2013 in forse

di Fabrizio Carrera 

James Suckling è l'uomo dei punteggi.

Lui e, in misura maggiore potremmo dire, Robert Parker, hanno rivoluzionato l'approccio al vino. Quindi inutile pensare che Suckling rinneghi il suo metodo. Anzi, lo sta rilanciando con la sua nuova vita da critico enologico. Ha creato il sito (www.jamessuckling.com) e racconta grazie a video ben girati, i grandi vini e i territori forse con maggiore efficacia di quanto non lo facesse per Wine Spectator di cui era corrispondente dall'Italia. Anzi, come molti sanno, Suckling è il giornalista che più ha fatto la fortuna del vino toscano. Ed oggi cosa dice dei punteggi? Quanto sono attuali? “I punteggi – dice nel suo italiano americaneggiante – sono ancora il moo più immediato per descrivere un vino. Chi critica i numeri non tiene conto di due aspetti. Primo: io non dò solo punteggi, racconto i vini, intervisto i produttori, descrivo territori; secondo, c'è una nuova fascia di consumatori appassionati e facoltosi, soprattutto in Asia verso cui si sta spostando l'asse della ricchezza del pianeta, che vuole essere orientato e i punteggi rappresentano il mezzo più immediato per identificare un vino più buono. Certo – continua – a qualcuno non piaceranno i miei gusti, quello che a me sembra buono o eccellente, ma questo è un altro discorso”. 

Incontriamo Suckling vicino Taormina, in una torrida serata estiva. Si mangia pesce, si bevono vini siciliani autorevoli e quindi molto buoni, come il Faro Palari di Salvatore Geraci, i Grappoli del Grillo di Marco De Bartoli e la Malvasia delle Lipari di Carlo Hauner. Suckling non smette di fare il critico neanche un attimo. Tira fuori i calici da lui disegnati per la Lalique e assaggia, senza sputare. Almeno questa volta. “Il gusto – ammette – è cambiato. Ed oggi l'eleganza è l'elemento più importante del vino, l'unità di misura a cui si affida il consumatore evoluto. Non è più tempo di struttura. Ma per me un vino è grande quando è complesso, difficile da decifrare, ed è anche lungo, di notevole persistenza in bocca, perché se un vino è piacevole e non ti abbandona subito, allora è il massimo”.


Salvatore Geraci e James Suckling

L'approccio al vino è molto giornalistico e tutto questo è stata la fortuna di James Suckling. Lui è soprattutto un giornalista e nasce come tale. Figlio di un avvocato di Los Angeles, si laurea a Yale dove fa già il giornalino dell'università. Poi per uno strano giro finisce a fare il cronista di nera per un quotidiano del Wisconsin. Ed è lì che si fa le ossa, capisce cosa è notizia e cosa non lo è. E soprattutto, se racconti di rapine e delitti, impari a essere diretto e trovare la sintesi velocemente dei fatti. Il resto della sua storia è più nota. Risponde a un annuncio di Wine Spectator, finisce in Italia, racconta per i consumatori Oltreoceano e per quelli facoltosi di tutto il mondo i supertuscan. Si trova al posto giusto nel momento giusto. E diventa il fenomeno Suckling.

Della Sicilia non conosce moltissimo. È incuriosito ed anche molto dall'Etna. “Sì, è vero, ricorda la Borgogna e il confronto è lusinghiero – spiega mentre beve soddisfatto Faro Palari – Ma smetterei di fare paragoni. L'Etna è l'Etna e basta. Anzi farebbe bene il resto della Sicilia a cercare vini più eleganti come sul vulcano. Ci vuole più identità, spingerla al massimo”. Nei giorni del suo breve soggiorno siculo, presso l'accogliente Feudo Vagliasindi di Randazzo, ha incontrato parecchi produttori. Qualcuno si è accontentato di fare anticamera per qualche ora pur di fargli assaggiare i suoi vini. E se la Sicilia lo intriga, come sembra, c'è da aspettarsi un po' dei suoi riflettori accesi verso bianchi e rossi di questa parte d'Italia. Ci sarà spazio anche per la Sicilia nel suo girovagare tra Hong kong dove trascorre 5 mesi all'anno, la Toscana per altri tre-quattro mesi e il resto in giro per il mondo. Già, la Toscana. Non è detto che riproponga Divino Tuscany. Ma questo si vedra. Per concludere gli chediamo le sue migliori bevute degli ultimi otto-dieci mesi. Ecco le sue risposte. Un puro elenco, senza commenti. Non servono.

Domaine Romanée Conti La Tache 1990

Petrus 1947

Petrus 1961

Petrus 1989 (ha partecipato a una degustazione di ben 57 annate di questo famosissimo rosso francese)

Barolo Monfortino di Giacomo Conterno 2000

Sassicaia 1985

Gevrey Chambertin Armand Rousseau 1964

Barolo Brunate Roberto Voerzio 1997