Da Roma a Montisi, una piccola frazione di Montalcino in provincia di Siena, passando per l’Abruzzo.
Roberto Crescenzi è un cuoco. Nulla di straordinario, direte voi. Eppure la sua storia merita di essere conosciuta. E bastano davvero 5 minuti di chiacchiere con lui per farsi conquistare dalla sua dialettica. Un misto fra romano e toscano che colpisce. Crescenzi è il titolare della Taverna in Montisi. Un luogo distante dalle mete turistiche più frequentate. “E infatti il mio locale è pieno di gente che passa da queste parti e prosegue verso altre direzioni”, dice. Il suo concetto di cucina ha del rivoluzionario per certi versi. Ma forse è antesignano di quello che diventerà consuetudine a breve. In pratica è molto semplice, dice Roberto: “Se non lo mangio io (o non lo mangerei io), non lo servo ai miei clienti”. Un concetto all’apparenza semplice, certo, ma che nasconde qualcosa di etico e profondo che vale la pena approfondire. Soprattutto per quel che riguarda la tematica carne. Si sa che in Toscana la carne è sacra. E qui sono celebri tantissimi locali che la servono a tutte le ore del giorno e della notte. Ma Crescenzi ha scelto una via difficile. E rischiosa. Quella di servire ai suoi clienti solo carne proveniente da animali allevati allo stato brado. Già, avete letto bene. Ossia animali che non hanno nemmeno una stalla in cui ripararsi la notte. “Gli animali che dopo il pascolo vanno in stalla, oppure che restano tutta la loro vita rinchiusi fra 4 mura, crescono male”, chiarisce subito Crescenzi. Da qui la ricerca di allevatori “pazzi” come lui (lo dice Crescenzi stesso), che credono in questa filosofia e la portano avanti. Nonostante tutto.
“Non è semplice – dice – Anche perché questa carne costa il doppio. Ma c’è un motivo”. Al di là delle questioni salutari (che sono le più importanti), Crescenzi spiega: “Cento grammi di questa carne valgono davvero cento grammi di carne con tutto il loro contenuto di proteine – dice – Cento grammi di carne industriale ne valgono a malapena 40, magari con antibiotici e ormoni. Per non parlare dei profumi che sprigiona quando la cucino. Quella industriale fa puzza, tanto che spesso viene servita con condimenti. Penso a rucola e grana. Ma io voglio mangiare la carne, mica rucola e grana”. Poi la questione etica: “Questi animali vengono uccisi per noi – dice Crescenzi – E’ giusto dunque che abbiano una vita dignitosa, fino all’ultimo e che non siano considerati delle cose fatte per produrre carne, ma degli esseri senzienti che scegliamo di uccidere per il nostro nutrimento”. Roberto poi prosegue: “Quando la gente arriva nel mio locale, dico loro che mi stanno affidando il loro corpo – dice – e ho la responsabilità di riempirlo con la migliore benzina possibile. Questo faccio. Ricerco sempre il meglio per i miei clienti. Il guadagno non mi interessa. Vivo dignitosamente con quello che ho. Non cerco sempre maggiore profitto. Cerco il benessere di chi sceglie di mangiare da me”. I tempi sono cambiati: “I genitori hanno sempre poco tempo per pensare ai pranzi e cene dei loro figli e magari non prestano attenzione a quello che danno loro – dice – E sono comportamenti che pagheranno nei prossimi 30 anni. Si può sempre scegliere. Siamo pronti a fare questo cambiamento? Io credo di sì. La gente ha capito qual è il problema. Ci vuole soltanto qualcuno che proponga una soluzione. E io sono uno di questi”.
Giorgio Vaiana, Bologna