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Il personaggio

Il “boccone perfetto” dello chef nippo-brasiliano Ignacio Hidemasa Ito: “La mia cucina di contaminazioni”

02 Agosto 2024
Ignacio Hidemasa Ito  Ignacio Hidemasa Ito 

La continua ricerca del “boccone perfetto”: questo uno dei messaggi che distingue la cucina dello chef nippo-brasiliano Ignacio Hidemasa Ito, che da novembre 2023 è alla guida di Otoro81, il Fusion japanese restaurant di via Chiaia a Napoli e che ha ricevuto le Tre Bacchette Gambero Rosso nella Guida Sushi 2025 e il Premio Speciale “I Maestri del Sushi”, riservato a soli otto professionisti in Italia. Un locale sorprendente che si trova all’interno di “Magnolia”, struttura ampia e multispazio in pieno centro, che oltre a diversi segmenti ristorativi ha al suo interno. un centro benessere e sei camere in cui soggiornare. Al piano superiore si apre la terrazza coperta che ospita Otoro81, un progetto iniziato già ormai sette anni fa, ma che oggi trova con Ignacio, una sua più precisa e autentica definizione.

Come il maestoso albero di magnolia, che fa bella mostra nella corte interna della struttura, a cui dà il nome e che porta con sé il significato di dignità e perseveranza, così lo chef Ignacio Hidemasa Ito racconta attraverso i suoi piatti le sue esperienze, il suo vissuto e la sua continua e costante ricerca. Nato in Brasile e di famiglia giapponese, il suo passato e le sue esperienze lo portano a proporre una cucina di contaminazioni definita cucina nikkei; un termine che racchiude proprio il senso dell’intreccio di cultura. Nikkei-jin è il termine usato per riferirsi agli emigrati giapponesi in terre straniere e ai loro discendenti che, emigrando dal Giappone, hanno creato all’interno delle società che li hanno accolti delle comunità caratterizzate da uno stile di vita e degli usi e costumi unici, come ad esempio la comunità nikkei in Brasile. Il termine può stare a indicare anche coloro che sono in parte di origine giapponese e che condividono le usanze dei giapponesi nativi, o agli emigrati e ai loro discendenti che tornano in Giappone, i quali spesso vivono in comunità separate e non si identificano nel resto della popolazione giapponese.

Un concetto che domina la cucina di Ignacio, che ha tra l’altro trovato stimoli nella presenza di tanti ingredienti della cucina partenopea, con una particolare attenzione verso le verdure amare, che combinate ai sapori della cucina orientale tendono verso quel concetto di perfezione e di armonia gustativa da lui ricercata. Importante l’uso del pescato locale: scorfani, coccio, triglia, merluzzo e palamita, mentre la filosofia è quella Kaiseki, “la cucina dell’imperatore”, che guida la preparazione, ponendo al centro l’estetica, la stagionalità e la capacità di esaltare ogni ingrediente. Una fusione di elementi, ingredienti, storie e filosofie. La sua mission, del resto, è quella di far stare bene i clienti, facendoli divertire e rendendo unica l’esperienza gustativa. A questo proposito, Ignacio commenta: “La stessa cucina giapponese è frutto di contaminazioni stratificate, grazie alla storica capacità di replicare e reinterpretare le pietanze. Ad esempio, il Yakiniku nasce dalla grigliata coreana, il Gyoza di origine cinese e la tempura si ispira alla cucina portoghese. Tutto si può reinterpretare, ma alla base c’è sempre la scelta del pescato, la qualità del riso e la croccantezza dell’alga; tutto il resto è adattamento al contesto e sensibilità nell’interpretare i desideri del cliente”.

“Il cibo – come del resto ricorda Massimo Montanari nei suoi libri – è uno straordinario strumento di comunicazione, è una forma di linguaggio che comunica idee e valori, caricando il gesto del mangiare di significati che pur cambiando nel tempo e nello spazio hanno sempre una straordinaria forza espressiva – quella che solo gli oggetti e le pratiche d’uso quotidiano possono avere”. Il suo “boccone perfetto” è la sintesi di quello che il cibo vuole comunicare ed è proposto sotto forma di un involtino di ventresca con kaibashira, cavolo nero, caviale, pepe sancho, un’unica piccola portata. Del resto, il concetto del boccone parte da quello che deve essere l’essenza del sushi, che si incarna nei nigiri – che in un unico morso tendono a dare un’armonia nel palato. Un percorso da vivere con curiosità e divertimento, dove anche il lato bevande è ampio e non scontato. Non solo vini, questi curati dal sommelier Alessandro Bardellino, ma anche cocktail originali, studiati in combinazione con la proposta gastronomica dello chef, preparati da Alessandro Scotti, bar manager della struttura.

Da non perdere il Tiradito con pescato locale, abbinato al Margaritcha, una interpretazione di Margarita, proposto con Thè matcha, yuzu, cointreau e tequila; o ancora i Ravioli wagyu, davvero impalabili e scioglievoli. Non solo pescato o verdure, a conferma della grande varietà della cucina giapponese, non mancano infatti i piatti di carne, come il Chicken thigh da abbinare al Bloody Dashi, un drink a base di acqua di pomodorino giallo del Vesuvio, gin infuso al miso, dashi. Un locale dove le contaminazioni e le giuste fusioni non mancano, ma dove potersi divertire e vivere un’esperienza intrigante, che non dimentica mai il suo luogo di appartenenza.