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Il personaggio

Tiziana Gallo: i francesi più bravi a fare i vini naturali

26 Gennaio 2012
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La Francia batte l’Italia anche nel campo dei vini naturali.

I vigneron d’oltralpe sarebbero più bravi, anzi più avanti. Lo dice Tiziana Gallo (nella foto), chi conosce a fondo questo mondo, ne distribuisce le etichette e lo promuove organizzando Vini Naturali a Roma. Appuntamento di riferimento per gli estimatori del genere, quest’anno giunto alla sua quarta edizione, in calendario l’11 e il 12 febbraio nella cornice dell’Hotel Columbus. Due giornate di incontri con settanta piccoli produttori italiani e stranieri come espositori e un programma ricco di degustazioni guidate e seminari tenuti dagli stessi produttori (il programma consultabile a questo link). 

“Non c’è niente da fare, devo dire che la Francia è pur sempre più avanti di noi, sono da anni seguaci di questo metodo di produzione, molti produttori stanno seguendo la biodinamica e tanti famosi senza che ne fanno esplicita dichiarazione, parlo di molti noti francesi, da anni lo fanno e lo fanno bene”, così secondo la Gallo a primeggiare nello scenario internazionale dei vini naturali è questo Pese. In Italia i produttori che hanno deciso di non ricorrere ai sistemi di produzione, per l’organizzatrice, danno grandi risultati dal punto di vista qualitativo, ma sono a macchia di leopardo e cita i territori che avrebbero anche un potenziale in più: “Trovo straordinaria l’Etna, le Langhe e il Friuli”.

Ad apprezzare le etichette dei piccoli vigneron più che gli italiani sarebbero gli americani e soprattutto i giapponesi, i primi acquirenti di vini naturali. “Loro li sanno apprezzare. Li conoscono – conferma -.  Sono informati e li ricercano venendo sino in Italia per degustarli, per conoscere le cantine. Il Giappone è un mercato privilegiato per questa tipologia di vini”. E non sarebbe una questione di moda ma di apprezzamento della loro qualità. In Italia, come ribadisce, i pregiudizi sui loro presunti difetti e la diffidenza al momento dell’acquisto deriverebbero da una mancata educazione del gusto. “Sono vini estremi, certo, possono piacere o non piacere, ma non li definirei vini difettosi. Di sicuro non li si può giudicare secondo i sistemi canonici di analisi come quelli dell’Ais. Perché già al colore verrebbero scartati. Vanno giudicati con altri criteri. Pensiamo, per esempio, ai vini di Frank Cornelissen o di Gravner, sono diversi, particolari, unici. L’approccio non è certo semplice. Gli stessi ristoratori, quando un cliente decide di ordinarli, mette in guardia su questi vini”.

Vini apparentemente difficili ma che per la Gallo andrebbero bene a tutto pasto. “Per le caratteristiche che hanno sono adattabili a più pietanze non è vero che  sono di difficile abbinamento. Nei bianchi più macerati si notano queste peculiarità estreme, i rossi mi sembrano in linea, qualcuno anche se con volatile eccessiva non disturba. Sono qualcosa a cui bisogna abituarsi. Poi i bianchi hanno caratteristiche simili a quelle dei rossi, sono versatili perfetti a tutto pasto”.

Su cosa siano e quali siano effettivamente i vini naturali così si pronuncia: “Dico che i vini biologici non rientrano per me nella categoria dei naturali. Perché si possono dichiarare uve biologiche ma poi non si sa cosa venga fatto in cantina, quali sostanze vengano aggiunte. Il vino deve seguire il protocollo della naturalità anche in cantina. Quindi per me innanzitutto non si dovrebbero usare tecnologie. Il vero vino naturale è quello che fanno alcuni produttori, portando l’uva a quel grado di maturazione in cui ha tutto quello che le serve affinché in cantina non ci sia bisogno di fare nient’altro”.

Espressione del territorio nel senso letterale del termine quindi. “Vini che possono rappresentare il simbolo di questa tipologia sono quelli, per esempio, che fa I Clivi, e che potremo degustare in uno dei laboratori in programma a Roma. Questo produttore friulano, coltiva due vigneti di Tokaji, entrambi vecchi di quarant’anni, su due terreni vicini tra loro, uno sul Collio Goriziano e l’altro sul Collio orientale. Li vinifica allo stesso modo, produce in acciaio e non filtra, non fa fermentazione sulle bucce eppure vengono vini completamente diversi”.  

Se la curiosità sui vini naturali cresce come anche la domanda nonostante la crisi, la Gallo auspica una maggiore consapevolezza del consumatore: “Se si riesce ad avere questo  i vini naturali cresceranno ancora di più, quando il consumatore saprà cosa c’è dentro il vino che beve e non va a comprarlo in totale e assoluta ignoranza. Le leggi dovrebbero aiutare in tal senso, obbligherei ad indicare nella retro etichetta cosa c’è nel vino come è stato fatto per i cosmetici”.

Sulla credenza diffusa che i vini naturali siano troppo cari la Gallo tiene poi a precisare: “Bisogna far passare questo messagio: i vini non possono costare troppo poco, come gli altri prodotti alimentari che siamo abituati a pagare pochissimo perché surrogati di prodotti. Il vino non si può comprare a 2, 3 euro allo scaffale, mi chiedo cosa ci possa stare dentro. Poi non è vero che i vini naturali costano di più e se fosse così hanno tutte le ragioni per esser più cari. I produttori naturali rischiano, conosco produttori che si sono giocati certi anni la vigna completamente”.

C.d.G.