Sulla questione “naturale” le opinioni variano, tutte opposte, ma tutte decisamente accalorate. C’è, però, una sottile striscia di Gaza dove anche i più dissidenti si concedono un armistizio. È quel punto di certezza per il quale tutti si mostrano decisamente e congiuntamente d’accordo, concesso solo a un manipolo di “big” che sfuggono a qualsivoglia definizione perché, appunto, decisamente “big”. Tra questi, lungo le colline abruzzesi del centro Italia – a metà strada tra l’Adriatico e l’Appennino centrale – c’è Emidio Pepe, a Torano Nuovo in provincia di Teramo. Nato nel 1932 con una certa morale sulle spalle – in anni in cui era anche solo difficile ipotizzare dinamiche di mercato fatte di associazioni immediate “no solfiti sì naturale” – Emidio segue semplicemente quello che suo nonno già faceva dal 1889 e suo padre Giuseppe dal 1944: vendere vino sfuso.
Raggiunta la soglia dei trent’anni, però, e complice quell’apertura mentale che iniziava a formarsi in lui al rientro da uno stage in un’azienda agricola in Olanda – nel ’64 fonda l’azienda “Emidio Pepe”. In eredità poco più di un ettaro sul quale innesta quella sua idea di viticoltura genuina “Il mio vino può anche non piacere, però vi do una spremuta d’uva” – amava ricordare durante le sue, ormai rare, uscite in pubblico. Ed è su quello stesso lembo di viticoltura che nel mentre fa crescere anche il suo germe di ambizione: diventare uno dei primi imbottigliatori di quei vini a base di Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo considerati sino ad allora solo dei vini da taglio. sul finale.