(Alberto e Diego Cusumano)
L'autorevole giornale tedesco Süddeutsche Zeitung dedica nelle pagine di economia di pochi giorni fa un articolo a firma di Ulrike Sauer ai produttori di vino Alberto e Diego Cusumano e alla loro azienda. Il titolo originale è: Gegen alle Widerstände. Ecco il testo.
Il nuovo gattopardo siciliano si avvicina con passo veloce. Carnagione scura, polo bordeaux, sorriso cinematografico. Lui è uno che le cose le cambia davvero, contrariamente ai suoi aristocratici predecessori come Don Fabrizio, il Principe di Salina.
Il romanziere Tomasi di Lampedusa nel suo capolavoro “Il Gattopardo” lo ha elevato quale simbolo dei siciliani che ostacolano i cambiamenti e, tutt’oggi, è la metafora per l’immobilismo che l’Italia infligge a se stessa. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, dice Alain Delon nel ruolo del principe-nipote Tancredi di Falconieri nel pluripremiato film di Visconti del romanzo.
La storia di Diego Cusumano è andata diversamente. Iniziata 40 anni fa con il padre, produceva dalle sue uve del mosto concentrato per il mercato del nord Italia, contribuendo in tal modo a rinforzare i modesti valori alcolimetrici dei mosti dei suoi clienti. Con la generazione successiva questo circuito si esaurisce e il figlio del viticoltore di Partinico, presso Palermo, reinventa l'azienda di famiglia. Anziché vendere succo d'uva in cisterna alle aziende del nord, la cantina Cusumano riesce a conquistare il mercato mondiale del vino con quindici etichette e tre milioni di bottiglie. L’ascesa dal profondo sud italiano, un tempo quella Magna Grecia colonizzata dagli ellenici, inizia dunque nel nuovo millennio con la rivoluzione del vino siciliano: giovani viticoltori impegnati a ottenere qualità dalle storiche varietà dell'isola.
Tornato a Partinico dopo gli studi in Economia, Diego iniziò a tempestare la famiglia con le sue idee ed elaborerà un proprio progetto di marketing dopo un viaggio intorno al mondo finalizzato per comprendere meglio il posizionamento del vino siciliano. A casa, litigi e discussioni. Del suo periodo di Sturm und Drang dice “volevo divorare il mondo intero in un solo boccone”. Ma al quarantaquattrenne la passione è rimasta ancora.
Nel 2001 Cusumano debutta a Verona al Vinitaly con quattro vini propri. Racconta che lo stand era grande come il divano di un salotto nobiliare di Milano, quello dal quale adesso sta raccontando questa storia. La scintilla del suo entusiasmo viene fuori immediatamente. Sin dal primo anno Cusumano conquista il “Tre Bicchieri”, il riconoscimento più importante per la guida ai vini d’Italia di Gambero Rosso.
Per ben sette anni aveva preparato, insieme al suo fratello maggiore Alberto, un diplomato enologo, la conversione dell’azienda di famiglia. L’intenzione di entrambi era di esprimere il potenziale inutilizzato della loro isola. “La Sicilia è un continente, il vino siciliano non esiste”, dice Cusumano. Ogni terroir produce un vino particolare. Lui e suo fratello volevano sfruttare la diversità dei suoli e i forti contrasti climatici dell’isola. “Fare vino è come tagliare un abito, puro lavoro artigianale” asserisce il creatore di fresche e leggere gocce vinose.
Nel sud-est dell'isola, a 350 metri di altitudine presso Butera, si producono vini da suoli ricchi minerali, calare bianco e arenaria con antiche varietà siciliane quali il Nero d’Avola. A Ficuzza presso Corleone, a 800 metri di altitudine, le grandi fluttuazioni di temperatura tra giorno e notte sono determinanti per il microclima. Nell’anno della rinascita, Cusumano realizza un fatturato di 1,6 milioni di euro. Nel 2014, dopo tredici anni, dieci volte tanto. La superficie vitata, distribuita in sette aziende diverse attorno a tutta la Sicilia, assomma adesso a 517 ettari. Dice Diego: “Investire nel vigneto è per noi la cosa più importante”. Lo differenzia dalla concorrenza il fatto che utilizza solo uve proprie e questa indipendenza gli dà la possibilità di sperimentare.
Non esiste altro luogo in Italia dove la ripresa economica è difficile come in Sicilia. La situazione finanziaria della regione autonoma è disastrosa. Già tre anni fa un industriale, Ivan Lo Bello, aveva detto che la Sicilia potrebbe essere la Grecia d’Italia. Le barriere contro le aziende sono ovunque.
Un’esperienza chiave dei Cusumano: poco dopo il lancio sul mercato arriva un ordine dagli Stati Uniti di 3.000 di dodici bottiglie, consegna in tre settimane. Racconta: era al settimo cielo, la svolta davanti gli occhi. Ma in Sicilia era agosto, e tutto era fermo. Il produttore di imballaggi di Catania rinuncia, per le ferie estive non era rifornito di alcun materiale. Cusumano si attacca al telefono, procura personalmente il materiale necessario, i cartoni vengono realizzati in tempo. Può comprendere un americano all’inizio del 21esimo secolo che il problema non è il vino ma il cartone? Difficile.
Oggi la famiglia Cusumano vende le sue bottiglie in 62 paesi. L'America e la Germania sono i mercati esteri più importanti, seguiti dal Giappone. La valigia resta il miglior strumento di marketing, dice da globetrotter. Adesso, a casa in Sicilia, lo affligge il problema dei rifiuti. Se viene in visita un importatore a Partinico, Cusumano studia il percorso migliore dall'aeroporto di Palermo per non passare davanti ai cumuli di rifiuti fetidi sul ciglio della strada. “Preferiamo non lamentarci, perché la vita basterebbe”, dice il siciliano. Vede ogni problema come un segno divino, per superarlo meglio, dice, è così che nasce la creatività. Due anni fa la famiglia ha acquistato 15 ettari sull'Etna. Il vulcano più alto d'Europa è diventato una sorta di “terra eletta della viticoltura” scrive il Gambero Rosso. Nell’azienda chiamata Alta Mora, alle pendici del monte infuocato, crescono tra 800 a 1.000 metri sul livello del mare Nerello Mascalese e Carricante, vengono lavorati nella cantina sotterranea con muri in pietra vulcanica. Due novantenni hanno insegnato ai suoi giovani viticoltori la manutenzione dei muretti a secco per ricostruire nuovamente i vigneti terrazzati, disposti sull'Etna come in un anfiteatro. “Le cose belle nascono nei posti belli”.
Lui stesso è un vulcano. A quanti italiani riesce di valorizzare il vantaggio competitivo di una eredità di incalcolabile valore di arte e bellezze naturali, formatosi in 3000 anni di storia sulla penisola mediterranea. Allo stesso tempo, il siciliano insegue l’innovazione. Nel 2006 ha modificato la tappatura dei vini base e introdotto in Italia l’ancora sconosciuto tappo in vetro. “E’ stato un gesto coraggioso”, afferma Per Soehlke della distribuzione di Colonia Kölner Weinvertrieb Smart Wines, perché i ristoratori italiani sono estremamente conservatori.
Cusumano tiene il Gattopardo, a modo suo, in gran considerazione. Ogni anno guarda il film di Luchino Visconti. Ne è sempre incantato.